Da L’Opinione on line Roma, 21 maggio 2004 Intervista all’avv. Randazzo:"Le nostre carceri emulano quelle turche"

“L’articolo 41 bis prevede l’inasprimento della condizione carceraria: abolizione delle telefonate, colloqui ridotti ad una sola ora al mese (e filtrati con vetri) con i soli familiari, che vengono controllati da citofoni, microfoni e telecamere. Il pacco regalo che i congiunti possono portare al detenuto è ridotto a cinque chilogrammi al mese. Aria ridotta al massimo di 2 ore al giorno, isolamento in cella singola, partecipazione ai processi soltanto in video-conferenza, ed una lunga serie di restrizioni decise caso per caso. Da quando nel 1992 è entrato in vigore il regime di carcere duro (il cosiddetto 41 bis) molti detenuti hanno fatto sentire la loro voce per protestare contro le condizioni di vita in carcere stabilite dalla norma restrittiva.

 

Nel dicembre 1995, Raffaele Cutolo venne assoggettato al 41 bis, e così commentò: "Le condizioni in cui è costretto a vivere un uomo sottoposto al regime del 41 bis, il carcere duro per i mafiosi, sono indegne per un paese civile; meglio la pena di morte che una vita dove è proibito fare e ricevere telefonate, parlare con altre persone se non con un familiare una volta al mese per un’ora, cucinarsi e svolgere qualsiasi attività ricreativa, culturale o sportiva".

Nell’aprile 2002 il 41 bis toccò Pietro Aglieri: "Non sarà con metodi o processi, che in certi casi vanno oltre quegli stessi metodi che si dice di volere combattere, che uno Stato laico e democratico riuscirà a dare più sicurezza ai suoi cittadini - spiegava Aglieri - Non è demonizzando l’avversario, o umiliando la sua dignità, o alimentando rancori con tetra ostinazione di sicofanti prezzolati, o arroccandosi nella torre d’avorio di una presunta superiorità che si riuscirà a risolvere queste complesse questioni".

Nel luglio 2002 l’ennesima protesta dei detenuti: in circa 60, sottoposti al regime del 41 bis nel carcere di massima sicurezza di Marino del Tronto (vi era rinchiuso anche Totò Riina) protestarono con uno sciopero della fame. La protesta s’allargò fino a coinvolgere 13 carceri e circa 300 dei 645 boss in regime di 41 bis. La protesta rientrava il 26 luglio per riprendere il 17 settembre del 2002, ma soltanto a Novara. Durante quel caldo luglio il boss Leoluca Bagarella interpretò le esigenze dei tanti: "Parlo a nome di tutti di detenuti ristretti a L’Aquila, sottoposti al regime del 41 bis, stanchi di essere strumentalizzati, umiliati, vessati e usati come merce di scambio dalle varie forze politiche".

Nel luglio 2002, Salvatore Madonia lanciò una accesa polemica: "Dove sono gli avvocati delle regioni meridionali, in cui sono più numerosi i detenuti sottoposti a questo regime, che hanno difeso molti degli imputati per mafia e che ora siedono negli scranni parlamentari e sono nei posti apicali di molte commissioni preposte a fare queste leggi: loro erano i primi, quando svolgevano la professione forense, a deprecare più degli altri l’applicazione del 41 bis: allora svolgevano la professione solo per far cassa". Abbiamo commentato la vicenda del 41 bis con l’avvocato Luciano Randazzo, che è stato impegnato nella difesa di molti detenuti assoggettati al regime di massima restrizione.

Avvocati, magistrati e politici si mostrano l’uno contro l’altro armati ma pare che tutti abbiano dimenticato le torture perpetrate dal 41 bis?

Il 41bis rappresenta una macchia vergognosa per i legislatori, rappresenta un potere residuale nelle mani del Guardasigilli (che dispone a proprio piacimento del detenuto trasformato in torturato) che nessuno stato assolutista ha mai pensato d’applicare in Europa negli ultimi 200 anni. Un ordinamento come il nostro, che si picca di poter insegnare civiltà e democrazia, dovrebbe garantire per primo una vivibilità a chi costretto ad un regime di rieducazione. In questi giorni ha assistito a qualche pratica da 41 bis?

Ho seguito un indagato che, in fase ad ordinanza di custodia cautelare, è stato recluso nel carcere di Viterbo: sono stato costretto a parlargli attraverso i vetri. Durante il colloquio eravamo guardati ed ascoltati dalle guardie carcerarie. L’uomo, fortemente provato, ha chiesto di vedere la propria figlioletta, e non ha potuto far altro che baciarla attraverso i vetri. In quei momenti ci si rende conto che i politici parlano di violazioni di diritti umani nel mondo e, spesso, evitano d’alleviare le tante torture (piccole e grandi) a cui sono sottoposti i detenuti nelle carceri italiane.

L’Europa ha bacchettato l’Italia per il 41 bis ed in alcuni documenti ha messo lo Stivale sullo stesso piano della Turchia? L’Europa ha espresso una formale condanna per il 41 bis. Che la Turchia sia una nazione poco democratica è evidente in primis dalla sua atavica situazione carceraria, ma che sia l’Italia a ricordarlo, sindacando negli affari turchi, è a dir poco parossistico. L’Italia non può dire "la Turchia entrando in Europa deve rivedere il suo sistema carcerario", perché la Turchia potrebbe rispondere "l’Italia non può sindacare quando fa di peggio".

Ma il 41 bis è dimenticato? Il problema del 41 bis è affrontato quotidianamente. Rammento le battaglie in materia fatte dall’avvocato Mauro Mellini, dall’avvocato Lupis e dal professor Paolo Signorelli: sono esempi di lotta contro il 41 bis. Non comprendo perché la spinta garantista che s’è avuta per la Cirami non è riuscita a spazzar via il 41 bis. Il diritto penale romano non concepiva che l’esilio, la pena di morte la troviamo solo con il diritto romano canonico, che subentrava a quello romano. La morte come pena è un fatto recente. Il 41 bis è un passo indietro. Perché se da un lato c’è l’investigazione dall’altro le garanzie non vengono estese ai condannati. Mi risultano oltre 100 detenuti, che hanno superato i 70 anni, assoggettati al 41 bis.”.

L’articolo che riportiamo è stato pubblicato da “L’Opinione” on line il 21 Maggio 2004. L’Avv. Luciano RANDAZZO ricordava, fra l’altro, il contributo dato dall’Avv. Lupis alla lotta contro il 41bis. Un mese dopo contro l’Avv. Lupis sarà emesso un mandato di cattura per “calunnia” dal g.i.p. di CATANZARO, BAUDI.

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