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Abbiamo scoperto un altro mostro, tal Corona, e dai giornali, dalle televisioni e da pulpiti vari si leva il solito coro: “Crucifige, crucifige”. Ma cosa è successo? Della gente piena di soldi, che non conosce il motto Nisi caste, saltem caute (tradotto, per eventuali lettori stranieri: se non riesci a non fare il santarellino, almeno cerca di non farlo sapere al mondo intero), colta da fotografi in situazioni poco edificanti (e tuttavia, secondo la morale comune, tali da non scandalizzare nessuno) e contattata dal sullodato Corona, è stata invitata ad acquistare le fotografie “a prezzo di mercato”, cioè messa in condizione di esercitare una sorta di diritto di prelazione. Alcuni hanno pagato e se ne sono dimenticati, anche perché buttare qualche migliaio di euro non produceva loro un grosso danno; altri non l’hanno fatto, perché forse faceva loro comodo comparire sui giornali in certi atteggiamenti, come quel mio amico che raccontava a tutti con un certo orgoglio che la madre lo considerava un dissoluto; né gli uni né gli altri tuttavia, a quanto pare, si sono recati a Potenza a denunciare i fatti, probabilmente perché, fino a prova contraria, non ritenevano che il profitto dell’autore della richiesta fosse ingiusto.

Fortunatamente in Italia abbiamo una legge sulle intercettazioni buona per tutti gli usi (e per questo ne difende l’uso spropositato il dottor Di Pietro, che però dovrebbe informarsi meglio sulla legislazione degli altri Stati, ad esempio, su quella belga) e 5/6 tipi di associazione per delinquere, che hanno fatto scomparire il concetto di concorso nel reato. Abbiamo, come se non bastasse una legislazione ipertrofica, anche magistrati solerti, con una visione quasi religiosa della loro missione, che senza risparmiarsi, si accollano una competenza territoriale a livello cosmico, per punire i tristi e mettere le birbe alla berlina. L’immorale Corona viene messo al fresco e una piccola folla di gente dello spettacolo o di cosiddetti vip finisce sui giornali di mezzo mondo, in modo che tutti sappiano quel che loro hanno tentato di nascondere pagando fior di milioni. Nella televisione di stato si recitano anche brani delle trascrizioni delle intercettazioni con toni allarmati. C’è una legge sulla tutela dei dati personali, c’è una legge sul segreto istruttorio, per tutte le autorità si spendono migliaia di euro ogni mattina per preparare la rassegna stampa, ma non c’è nessuno che voglia prendere posizione su certe plateali violazioni di legge. Insomma le cosiddette vittime sono finite, come si dice da queste parti, cornuti e vastuniati .

Mentre chiedo alla folla di moralisti se non sanno che c’è tutta una serie di giornali che vivono di pettegolezzi (pettegolezzi che aiutano milioni di persone a dimenticare le loro frustrazioni e i loro problemi, sul Leitmotiv di anche i ricchi piangono, ed altre a sentirsi importanti e farsi conoscere) muovendosi in una realtà virtuale, nella quale pubblicità redazionale e banale pettegolezzo si confondono intrecciandosi in un groviglio inestricabile, mi domando perché nessuno voglia tenere aperti gli occhi di fronte al fatto che si sono violati diritti fondamentali dei cittadini e si stanno causando spese superflue allo Stato. Immagino che le persone citate come testi non chiederanno il rimborso delle spese di viaggio, ma questo non giustifica il fatto che vengano costrette a fare turismo giudiziario a Potenza, per testimoniare su fatti avvenuti a Milano.

Mi vengono in mente e voglio citare senza commenti, dei brani tratti dalle Lezioni di commercio (1757-1758) di Antonio Genovesi, in tema di superamento delle disfunzioni della giustizia:

“ Anche in Italia il chiarissimo Muratore, nelle due dotte operette De’ difetti della giurisprudenza e Della felicità pubblica ha dimostrato in che modo convenga farlo. Ma si vuole avere uno spirito filosofico, rischiarato, placido, amante dell’umanità per ben porvi la mano. I piccioli cervelli e involti nelle proprie passioni, i forensi pedanti, i iudices pedanei, i preti da breviario e i frati da coro, non veggono d’intorno che sol quello che gl’interessa. § xxv. La più sicura e corta regola di far osservare le leggi è la severità e la prontezza delle pene contra magistrati e gli altri uffiziali, i quali le pervertono o per ignoranza o per lasciarsi corrompere… “Ecco una bella legge di Ruggiero “Si iudex fraudulenter atque dolose contra legem sententiam protulerit, notetur infamia, rebus suis omnibus publicatis…." A questo medesimo fine riguarda la bellissima legge del medesimo principe (lib. I, tit. 88, I. ı): “I magistrati delle provincie, durante il loro uffizio, né essi, né niuno de’ loro subalterni e domestici, prendano da provinciali a prestanza né denaro né verun’altra cosa; non comprino stabili; non prendano pur ad enfiteusi checchessia; non contraggano nozze né sponsali, non contrattino né commercino in conto alcuno. Poena publicationis bonorum omnium, et amissionis officii cum infamia”

Alla legge di qualche secolo fa oggi aggiungerei il divieto di far parte del circolo del bridge, di andare a tifare per la squadra del posto in tribuna con tessera omaggio, di frequentare i teatri senza pagare, di farsi accompagnare da scorte armate fino ai denti, di lasciarsi scarrozzare al suon di sirena per andare al caffè, di andare a predicare in giro di legalità, di esibirsi continuamente in critiche alle leggi vigenti anche se hanno ragione, di fare sciopero.

Insomma un sistema come il nostro funziona nel senso voluto dai principi di democrazia solo se si rispettano le regole e se nessuno travalica i limiti della propria competenza e se non si considera un imperatore superiorem non recognoscens, ma le regole sono saltate da tempo. Sentire parlare con enfasi e con l’erre francese del Parlamento da un ex presidente della Repubblica, strenuo difensore della costituzione, mi ha fatto precipitare in uno stato di malinconia. Mi chiedo se sia tanto il caso di restare avvinti a una costituzione approvata in un clima di guerra civile (come riconobbe più tardi Calamandrei, dopo il gustoso epigramma pronunciato subito in sede di approvazione) che nelle parti riguardanti le libertà fondamentali venne superata già dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo firmata a Roma il 4 novembre 1950, approvata solo dopo 5 anni ed ancora non applicata soprattutto per quanto attiene al giusto processo. E torniamo al parlamento.

Quale parlamento? Quello che si è lasciato convincere ad abrogare l’immunità parlamentare, come se si trattasse di un privilegio dei singoli e non di uno strumento costituzionale per assicurare il necessario equilibrio tra i poteri?

Quale parlamento? Quello che ha fatto decimare gran parte della classe politica per soddisfare le ambizioni di una piccola parte di essa?

Quale parlamento? Quello che ci ha fatto sbeffeggiare da tutto il mondo per aver permesso che si affermasse l’opinione che gl’Italiani sono così cretini da accettare per anni e anni un ministro e un presidente del consiglio mafioso e dopo l’assoluzione ha mandato lo stesso procuratore che ha sostenuto l’accusa a rappresentarci in Europa, senza fare una seria inchiesta sull’uso dei pentiti e sui costi di un processo rivelatosi inutile? 

Quale parlamento? Quello del quale fa parte un signore, peraltro persona per bene, che ha rifiutato ad un amico la presentazione di un’interrogazione parlamentare sul comportamento scandaloso di un pubblico ministero, dicendo chiaramente che temeva rappresaglie da parte dei colleghi del medesimo?

Quale parlamento? Quello che ha permesso a un magistrato di scorrazzare negli archivi dei Servizi e di far saltare il sistema di organizzazione della resistenza in caso di occupazione, senza che un presidente della repubblica, peraltro presidente del consiglio della magistratura, potesse ardire di far verificare se esistesse un rapporto di adeguatezza e di congruità tra il danno certo procurato alla sicurezza nazionale e la gravità degli indizi di colpevolezza a carico dell’intera organizzazione dei Servizi, tutta protesa ad organizzare ed attuare, secondo la parola d’ordine dei comunisti di allora, la strategia della tensione?

Quale parlamento? Quello dal quale trae autorità l’attuale commissione di vigilanza della RAI, che non ha ancora sospeso e denunciato (non sono pubblici ufficiali?) un giornalista che ha commesso un chiaro atto di spionaggio, facendo riprendere un sito sensibilissimo dal punto di vista militare dalla cabina di un elicottero e descrivere i punti di accesso (camuffati) alle aree dove un attentato terroristico potrebbe causare danni sconvolgenti? Tutto questo mentre si rischia per una vecchia norma di mandare in galera qualche innocuo turista giapponese che tiene appesa al collo un macchina fotografica su un aereo di linea?

Quale parlamento? Quello che fa trasmettere per televisione interrogazioni che si possono definire pure piaggerie quando vengono presentate da coloro che sostengono il governo e dichiarazioni di insoddisfazione preconcetta quando sono messe in atto da rappresentati della minoranza, senza avere alcun effetto pratico? Quale parlamento? Quello del quale fanno parte soggetti, che hanno un così bassa opinione della loro funzione, da andare a manifestare in piazza pretendendo che un gruppo di 2-3 mila persone decida al posto del governo, da loro sostenuto, su temi di interesse europeo?

Quale parlamento? Quello che, costretto attraverso un referendum a legiferare sulla responsabilità dei giudici, ha prodotto una legge, la 117 del 1988, che, a prescindere dai sospetti di incostituzionalità per violazione dell’art. 28 della Costituzione, ha, di fatto, reso impossibile la sua applicazione, disponendo che “nell’esercizio delle funzioni giudiziarie non può dar luogo a responsabilità l’attività d’interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove”. E insomma che cosa dovrebbero fare i magistrati più di questo, per provocare un danno, lanciare in udienza una scarpa contro l’imputato? E basterà dichiararsi cretini e ignoranti di fronte ad errori macroscopici, perché lo Stato non eserciti il diritto di rivalsa? E quest’ultimo caso in cui una corte milanese, peraltro ricusata, ha testardamente affermatola sua competenza fino alla sentenza della Corte di Cassazione che ha annullato il procedimento, proprio per incompetenza?

Non avrei acceso il computer per scrivere queste righe, se ieri in un programma televisivo l’onorevole DI PIETRO, polemizzando con il ministro della giustizia sull’invio degl’ispettori a Potenza, con un sorrisetto ironico non avesse chiesto all’on. Mastella, se per caso non pretendesse che l’attività ispettiva interferisse con quella giurisdizionale. Quel risolino mi ha fatto gelare la schiena…

Basta, non c’è più speranza di miglioramento né freno all’arroganza! E che ci vanno a fare gli ispettori a Potenza? E se scoprissero un abuso d’ufficio? E se scoprissero che il sostituto procuratore della repubblica ed il giudice istruttore (in particolare quest’ultimo) hanno compiuto e stanno compiendo atti in aperta violazione del terzo comma dell’art. 51 del codice di procedura penale? Non avrebbero l’obbligo in quanto pubblici ufficiali di denunciare l’illecito all’ufficio del pubblico ministero competente? E il consiglio superiore non avrebbe l’obbligo di iniziare immediatamente l’azione disciplinare? E gli indagati colpiti da misure varie non avrebbero diritto a denunciare l’interesse privato in atti d’ufficio? Non sarebbe stato corretto, prima di arrestare il Savoia, trasmettere gli atti alla procura di Como, immediatamente dopo che il suo nome era stato iscritto nel registro degli indagati, come vorrebbe il primo comma dell’art 54 del codice di rito? E il capo dell’ufficio della Procura, il Presidente del Tribunale come esercitano la sorveglianza prevista dalla legge sull’ordinamento giudiziario?

E allora dovremmo scatenare una campagna repressiva contro la magistratura, simile a a quella di Mani Pulite, dove attraverso un reato di quattro soldi come l’omessa registrazione dei finanziamenti ai partiti e la collaborazione dei mass-media giustizialisti si è aperta la strada a una carneficina costantemente accompagnata dal tintinnar di manette? A prescindere dal fatto che personalmente non credo che i problemi si possano risolvere con le norme penali, assolutamente no! Sarebbe ingiusto, come è stato ingiusto nelle vicende di mani pulite e in altri casi. La giustizia è un’altra cosa. Ecco perché da un po’ di anni una massa sterminata di persone, fra cui abbondano molti frati da coro e soprattutto da cerca, ha in bocca la parola “legalità” che non nessun valore etico. E’ stata pure legale la tortura ed è stato pure legale denunziare gli ebrei, così come ancora è legale, nonostante l’articolo 27 della Costituzione e il principio del carattere personale della responsabilità, sputtanare minori e incensurati come parenti di mafiosi ed additare dei professionisti con tono di disprezzo in quanto difensori di questo o quel mafioso. Io non discuto sul dolore dei congiunti delle vittime nel caso di Erba né in quello del piccolo rapito di Parma, ma provo schifo per i linciaggi e altrettanto schifo per quei soggetti che usano l’epiteto di mostro. Potrebbero lasciarsi andare i parenti, ma non quei gruppi di insensati che si affollano come insetti sulle piaghe. Non discuto sulla responsabilità penale, ma immaginate di essere un miserabile che da sei anni sa di dover scontare una lunga pena lasciando un figlio ammalato e chiedetevi se la disperazione non possa indurvi a compiere un sequestro, che per la vostra incapacità si conclude in tragedia e vi porta sulla via dell’ergastolo. O immaginate di essere quei due coniugi di Erba e vedervi piovere addosso minacce, insulti e peggio inviti agli altri compagni di galera di sottoporvi a violenze, diffuse e strombazzate dalla televisione.

E’ un Paese incivile quello dove succedono queste cose. Forse l’Italia è davvero la culla del diritto, ma probabilmente esso v’è morto infante.

Mentre scrivo queste parole, gli occhi mi cadono sulle parole pronunciate dal magistrato Colombo e riportate dal Corriere della Sera “L’Italia è un paese di corporazioni che per prima cosa di difendono autotutelandosi (ha presente l’espressione “cane non mangia cane”). E pur se “la magistratura, mi sembra, tutto sommato, la migliore” di queste corporazioni “anche al suo interno si avverte la tentazione di cedere alla stessa logica: la difesa della categoria, prima che dell’organizzazione, della disciplina, della laboriosità; con il rischio d’isolamento per chi pensa il contrario.

“ Sono parole gravissime! E in quanto al “cane non mangia cane”, tale costume è così istituzionalizzato, che in tutta la vita raramente mi è capitato di sentir dire che un magistrato, che dovrebbe condividere con tutti gli altri pubblici ufficiali le denunce per reati come omissione o ritardo in atti d’ufficio, abuso d’ufficio, interesse privato in atti d’ufficio, rivelazione di segreti di Stato è stato indagato per tali reati. Come si può definire la condotta di un pubblico ministero che fa durare cinque anni le indagini preliminari, chiedendo dopo due anni al GIP la custodia cautelare per quasi tutti gl’indagati (provvedimento non concesso, perché, a detta dell’avvocato, l’imputato era nato con la camicia, in quanto era incappato in una signora GIP col vizio di leggere gli atti) e lasciando passare altri due anni, prima di concludere, chiedendo il rinvio per favoreggiamento solo a carico di un pubblico ufficiale, interrogato solo al quarto anno delle indagini e infine prosciolto? No comment!

Signor Ministro Mastella, approvare un provvedimento che minaccia pene fino a tre anni per i giornalisti, non so perché mi faccia ricordare le frustate che venivano date a un povero ragazzo per le mascalzonate commesse dal Delfino, mentre il provvedimento e l’intervista fatta al Garante m’ha confermato ancora di più che i nostri signori deputati devono leggere le leggi che approvano e spremersi le meningi per immaginarne gli effetti. La legge sulla tutela dei dati personali è una legge cattiva adatta solo ad aumentare le incombenze burocratiche senza alcun costrutto e a creare altri posti di sottogoverno. Signor Ministro perché non dà una sfogliata al codice di procedura penale e non constata che esistono già norme penali repressive dei comportamenti che Lei ora ha deciso di punire? Oppure vuole abrogare le norme esistenti?

Perché è impossibile costringere i magistrati a rispettare la legge ed ingiusto adottare in questo momento serie misure repressive nei confronti di magistrati arroganti e superficiali? Perché la prassi instaurata da anni e le cattive leggi costituiscono scusanti perfette dello stato delle cose e l’uso del computer e il metodo del “taglia e cuci” aiutano a confezionare atti d’accusa e provvedimenti di tante pagine, quante uno studente medio legge in cinque anni di studio. Anche nel processo Corona, a quanto pare, la richiesta di emissione dei provvedimenti al GIP è di circa 800 pagine, ma dalle notizie raccolte attraverso stampa e televisione, si scopre che in quelle pagine ci sta un bel mucchio di roba irrilevante. Per i reati che risultano contestati credo che bastassero non più di cento pagine, a meno che con questo numero spropositato di fogli, non si volesse alzare una cortina fumogena.

Il codice di procedura attuale ha poi dettato norme così lontane dalla realtà e così inattuabili che io penso che siano espressione dell’inefficienza creativa del genio italico. Prendiamo l’art. 354 del codice di rito che prescrive che i gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria curano che le tracce e le cose pertinenti al reato siano conservate e che lo stato dei luoghi e delle cose non venga mutato prima dell’intervento del pubblico ministero e se vi è pericolo che le cose, le tracce e i luoghi si alterino o si disperdano o comunque si modifichino e il pubblico ministero non può intervenire tempestivamente …

Ora immaginate in primo luogo di essere un senatore o un deputato un po’ pignolo o scrupoloso o con un senso dell’umorismo inferiore alla media, non dovete pretendere, prima di approvare l’articolo, che vi spieghino come si possano disperdere i luoghi o vi mostrino il libro di stilistica dal quale risulta che si tratta di un’audace metafora o vi dimostrino che, per una nota legge matematica, se si mettono insieme tutti i soggetti e poi tutti i predicati il significato non cambia?

Ma non è questo il punto. In primo luogo si afferma il principio che il pubblico ministero deve procedere ai rilievi per qualsiasi reato (che sia delitto o contravvenzione non importa), pretesa balzana, dal momento che, come mi dice un amico che lavora nel campo, sul luogo del delitto interviene al sud un sostituto solo in caso di omicidio, e in molte aree del nord nemmeno in questo caso. I magistrati del pubblico ministero dovrebbero essere migliaia e migliaia per intervenire e compiere atti, per i quali non dispongono né di attrezzature né delle nozioni specialistiche necessarie. Ma ammettiamo che voi, colpiti da una secchiata di acqua sporca, avendo, come il legislatore e come Baldus delle Maccheronee, scarsa fiducia negli sbirri (Magni poltrones birri gens plena pedocchis…) vi piantate sul marciapiede di una via vicinissima a Piazzale Clodio e pretendiate l’intervento di un pubblico ministero perché prenda campioni dell’acqua che sta per terra, di quella che sta sui vostri vestiti, dei peli rinvenuti insieme all’acqua per confrontarli con quelli della signora, del suo cane, del marito e del suo amante per verificare che non sia un atto volontario tendente a provocare un’epidemia, con un po’ di poliziotti che impediscono ai passanti di modificare l’area interessata, non potreste denunciare per omissione di atti d’ufficio il Procuratore della Repubblica di Roma, se rifiutasse schifato d’intervenire?

E quando, arrestato dai poliziotti che hanno trovato nella vostra macchina una pistola e l’hanno palpata senza ritegno cancellando ogni traccia, presenterete denuncia contro di loro che non hanno avvertito prima di alterare le cose il pubblico ministero che sarebbe stato più prudente nella manipolazione o il pubblico ministero che, avvertito, non ci ha pensato due volte a far capire ai poliziotti che l’hanno disturbato e che non intende muoversi dal campo di golf? Come mi racconta un vecchio ispettore di polizia, che ha lavorato in una città del nord tranquillissima, arrestare un ladro nei giorni da venerdì a domenica, rappresentava una tragedia, dato che era difficile trovare un sostituto di servizio, che non trattasse l’agente come una pezza da piedi e non gli chiedesse con ostilità perché mai avesse proceduto all’arresto.

Sarebbe necessario scrivere un libro contro l’attuale codice di procedura penale, ma siccome sono stanco vorrei porre dei quesiti a chì di diritto ne capisce. Non è incostituzionale, per violazione dell’art. 10, la previsione della custodia cautelare in carcere per il pericolo d’inquinamento delle prove, che non solo sembra in contrasto con le disposizioni della Convenzione del 1950, ma è anche contraddittoria in sé perché llo stesso tempo l’adozione della misura richiede la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza e dall’altra impone l’ammissione della loro fragilità, situazione contraddittoria che potrebbe essere risolta solo attraverso una concreta, inconfutabile, dettagliata individuazione del pericolo specifico. Non parliamo poi della confusione dei ruoli del pubblico ministero e della polizia giudiziaria, che ha provocato danni gravissimi…

Ho letto solo oggi una vicenda che interesserebbe le dimissioni di un deputato o senatore di Rifondazione Comunista o di altro partito comunista (mi pare), che avrebbe ottenuto qualcosa come 110. 000 euro, per presentare le dimissioni. Non so se è vero, ma se un pubblico ufficiale (e tale è il deputato) viene convinto a dimettersi attraverso la dazione di una consistente somma perché in qualche modo la sua presenza disturba, non si tratta di corruzione? E non è forse più interessante questo caso (vedremo come la Procura di Roma interpreta il principio di obbligatorietà dell’azione penale) delle intrusioni nelle camere da letto di personaggi dello spettacolo?

Stobeo