due-800pxVIDEOINTERVISTA ALLA PROFESSORESSA LUISA MIGLIORATI DOCENTE DI TOPOGRAFIA ANTICA ALL'Università "LA SAPIENZA" DI ROMA. Il servizio alla fine dell'articolo.

Roma - Prendendo spunto dal titolo del film “Via dalla pazza folla” un film del 1967 diretto da John Schlesinger, immaginiamo l’evasione totale da ogni  pensiero e da ogni caos giornaliero che si genera e ci attanaglia nelle città e nella vita frenetica moderna. Peltuinum (AQ) è il luogo del silenzio, della pace, del ritorno al passato e del ritrovamento di se stessi.
Grazie alla visita guidata organizzata da “Fondazione Sapienza” ed in collaborazione con “Sapienza in Movimento” è stato possibile fare un salto indietro nella Storia, nell’Arte e nelle tradizioni passate, dimenticando per un attimo il nostro vivere inquieto e instancabile immersi nel caos quotidiano. A guidare questo tuffo al passato è stata la Prof.ssa “Luisa Migliorati” docente di Topografia Antica all’Università di Roma La Sapienza, che si è occupata ed ancora oggi si occupa degli scavi archeologici del sito, che sapientemente conosce ogni cm quadrato di quel luogo magnifico, ancora oggi tutto da scoprire nella sua interezza.

Fondazione Sapienza è costituita dall’unificazione di ben otto Fondazioni e promuove lo studio e la ricerca La Sapienza. La sua attività, capitanata dal Presidente Prof. Renato Guarini  e da un Consiglio Amministrativo e Scientifico costituito da diversi personaggi illustri, destina le sue risorse  al raggiungimento degli scopi istituzionali, quali diffondere la conoscenza, sostenere e sviluppare la ricerca nei più diversi ed importanti settori scientifici ed umanistici.

Sapienza in Movimento è una associazione studentesca, culturale, apartitica e no-profit. Nell’arco di questo decennio è divenuta stabile punto di riferimento per la vita che si svolge all’interno dell’Ateneo più popoloso d’Europa. L’associazione di giovani è il motore che gira sempre a mille per quanto riguarda: condivisione di idee e progetti; partecipazione attiva e dinamica; esperienze inedite, collegiali e multidisciplinari . Quindi un insieme di cose che generano un forte desiderio di lasciare il segno. A tal proposito in occasione della giornata di visita al sito Archeologico di Peltuinum, l’Associazione ha organizzato un “Workshop Fotografico : Lo stile del National Geographic” a cura dei Proff. Diego Pirozzolo e Marco Picerro, offrendo a molti giovani appassionati di Fotografia e partecipanti al Corso Fotografico 2012, di vivere un’esperienza artistica unica nel suo genere, immergendosi nel silenzio per immortalare i “tesori di Peltuinum.
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Le indagini sulla città romana di Peltuinum sono iniziate nel 1983 nel pianoro su cui affioravano alcune rovine. Una prima serie di campagne di scavo (Cattedra di Topografia dell’Italia antica dell’Università “La Sapienza” di Roma, Soprintendenza Archeologica d’Abruzzo, Comunità Montana ed Enti locali) ha interessato il tempio forense e parte del teatro; varie strutture abitative vennero scavate e ricoperte, considerando il notevole impegno finanziario indispensabile per il restauro e la conservazione in vista. Tra il 1986 e il 1996 la seconda serie di campagne di scavo, condotta dalla Soprintendenza Archeologica (Adele Campanelli), si è conclusa con lavori di consolidamento e valorizzazione delle strutture emerse, rendendo leggibili un tratto delle mura occidentali con la porta a doppio fornice, il tempio con porticus a tre bracci e parte del teatro edificato sulla terrazza naturale a quota inferiore, oltre un apprestamento fortificato di età medievale. Le ricerche sono state poi riprese nel 2000 da Paolo Sommella nell’ambito di un progetto europeo chiuso nel 2001. Da allora, sempre nell’ambito degli accordi con la Soprintendenza Archeologica, le annuali campagne di scavo didattico e la ricerca sulla città sono condotte dalla Prof.ssa Luisa Migliorati.
Il territorio in cui è situato il centro antico di Peltuinum, è oggi compreso nei comuni di Prata d’Ansidonia e San Pio delle Camere, in provincia de L’Aquila, diviso tra le due amministrazioni dalla fascia demaniale del tratturo. Di Peltuinum non si parla molto. A pochissimi Km dalla SS17, la città antica resta ignorata dai più. Vi approdano turisti spesso involontariamente, rimanendo poi affascinati dalla città che può mostrare dall’alto di quel che resta del suo tempio le tre grandi montagne dell’Appennino: il Gran Sasso, la Maiella, il Sirente.

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Per gli studenti di archeologia, che vanno d’estate per la consueta campagna di scavo didattico, i tre giganti diventano presto - e a buon diritto - i punti di riferimento cardinali. Effettivamente la città si trova al centro dei tre Parchi che prendono il nome dai tre gruppi montuosi; il lato ovest resta aperto verso L’Aquila e poi Roma. La morfologia articolata dell’area appenninica giustifica la presenza di numerosi paesi e frazioni che richiamano la distribuzione in piccoli insediamenti caratteristica dell’Italia preromana, protrattasi, in realtà, anche dopo secoli di consolidato dominio di Roma. L’ampio territorio dei Vestini dall’alta valle dell’Aterno raggiungeva l’Adriatico, diviso dal Gran Sasso nei due comprensori dei Vestini Cismontani e Transmontani. Pochissimi i centri urbani cui la letteratura ufficiale antica riconosceva la dignità di tale status; nelle espressioni culturali dell’Impero avanzato gli insediamenti appenninici (fino a quelli liguri) venivano qualificati con il termine riduttivo di villaggi, poiché i loro parametri di aggregazione si presentavano sostanzialmente "diversi" rispetto a quelli delle città romane.  Per l’area vestina cismontana il giro di boa è rappresentato da una fondazione urbana ex novo, molto tarda rispetto alle fondazioni coloniali che avevano costituito i poli propulsivi della romanizzazione della penisola: I secolo a. C. Tra gli altri strumenti finanziari atti ad arricchire le casse dell’erario, si è delineata chiaramente la necessità di una gestione centralizzata della transumanza.

Seguendo le variazioni climatiche, le greggi si spostavano dalla Sabina ai vari centri dell'Apulia settentrionale, dove si tenevano i grandi mercati degli armenti e del loro prodotto più ovvio, la lana. Tuttavia nel corso di tutto il viaggio vi era occasione di commercio. Non facendo conto del pedaggio su ogni capo di bestiame, pure, l’economia delle aree in cui avvenivano le soste era vivificata dall’indotto commerciale basato sui sacrifici degli animali, preferibilmente di quelli inabili a proseguire il viaggio. Resti faunistici provenienti dagli scavi archeologici anche di area abruzzese aiutano a ricostruire questo settore della religione antica. I mercati locali venivano riforniti con le parti non utilizzate nel rito e a queste si aggiungevano pelle, tendini, ossa, completamente sfruttabili ai fini di prodotti che entravano alla grande nell’uso quotidiano: vesti e annessi, utensili, ornamenti personali, decorazioni di mobili, etc. Latte e formaggio integravano la lista dei prodotti della pastorizia: il formaggio vestino, a sentire Plinio il Vecchio, Marziale e anche il famoso Apicio, era piuttosto apprezzato.
Una città artificiale, dunque, Peltuinum, pianificata per la gestione della transumanza e dello sfruttamento agricolo. Questo marchio d’origine ha contribuito non poco al suo abbandono (V – VI secolo) in un periodo in cui traumi di varia natura (difficoltà di gestione del centro del potere, terremoti, variazioni climatiche, guerre) inauguravano una fase di disgregazione demografica che avrebbe condotto gli abitanti a scegliere posizioni più difendibili. La città è dunque scomparsa lasciando, per qualche tempo, un piccolo insediamento monastico al riparo delle sue mura, mentre un fortilizio medievale raccoglieva l’eredità della funzione di controllo sulla piana circostante, alla stregua dei vari castelli arrampicati sui fianchi o sulle sommità dei monti vicini. Il centro a cui Roma aveva affidato un ruolo direzionale ha lasciato il posto alle sollecitazioni spontanee del territorio, borghi dallo spazio intramuraneo ridotto, in netto contrasto con l’ampia superficie offerta all’edificazione urbana dal pianoro scelto per la fondazione di Peltuinum. Dopo il periodo della prima vera colonizzazione della penisola, le città romane hanno esigenze di rappresentatività: la costruzione di particolari edifici, la loro architettura e la loro decorazione le rendono (o non rendono) “à la page”. E’, come sempre, una questione d’immagine. E certamente Peltuinum non sfugge alla norma. Sono dunque le strutture legate alla vita pubblica,  che hanno (ancora oggi tra l’altro) il compito  di  presentare agli occhi del visitatore  la città, la sua storia individuale, il suo ruolo nella politica dello Stato Romano. E gli edifici necessitano di spazio adeguato. Il pianoro sopraelevato rispetto alla depressione intramontana della piana aquilana era l’unico in zona a rispondere a quest’esigenza.  
Un altro valido motivo aveva condizionato la scelta: l’affioramento della falda idrica sul pianoro. In età preromana questa particolarità ne aveva fatto un luogo di sosta ideale nel lungo percorso delle greggi verso sud. La città romana ne conserva l’evidenza costruendo il tempio principale a diretto contatto con la polla d’acqua. E infine in un successivo imprecisabile momento, è stata scavata una piccola grotta all’interno del podio, proprio per facilitare l’affioramento della falda in periodo di siccità. Il risultato, duraturo, è stato sotto i nostri occhi da quando sono ripresi gli scavi: ancora oggi si può andare ad attingere acqua al tempio!

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Quel che resta del tempio, un enorme nucleo in calcestruzzo, lascia immaginare una struttura imponente; ma, ci vuole proprio immaginazione da parte del curioso visitatore per ricostruire il colonnato, il tetto, la scalinata per accedere al vano di culto ove la statua della divinità dominava i fedeli, insomma i pochi elementi indispensabili per l’identificazione di un tempio! Complicato è anche rialzare le colonne del portico a tre bracci che chiudeva l’edificio sacro su tre lati.
Diverso è il materiale ritrovato, sparso in varie zone. Ancora più incredibile è il ritrovamento di materiali integri, se si confrontano con altri rinvenimenti. Due soli esempi sono sufficienti: un frammento di statua, impiegato come puro elemento costruttivo in una struttura medievale edificata sopra la parte meridionale del teatro e un muso di cavallo appartenente ad un basso rilievo, evidentemente preparato per la calcara. Da questo cantiere di demolizione, o meglio, potremmo dire oggi, di riconversione, si sono salvati alcuni oggetti, perché sepolti da un crollo già in età antica. Per la verità si tratta di un crollo avvenuto quando il teatro era ancora in costruzione. Un terremoto ha causato la rovina del portico che si stava costruendo come foyer del teatro. Sotto tegole, coppi, etc. sono state trovate numerose lucerne e alcune monete, che indicano il regno dell’imperatore Claudio come periodo in cui situare l’episodio. In quell’occasione il terremoto servì a “ripensare” il teatro. Alcune modifiche strutturali lo resero più sicuro e anche più capiente. A quel momento probabilmente appartiene la “prenotazione” permanente di un posto a teatro incisa su una delle lastre con rilievo in modo certo non ufficiale!
Qualche secolo più tardi, un altro terremoto, di proporzioni sicuramente maggiori, decretava invece la fine non solo del teatro, ma dell’intera città. Come ricordato all’inizio, una concomitanza di fattori è all’origine del progressivo  abbandono e di conseguenza della lenta ma costante demolizione degli edifici pubblici di Peltuinum.
Se in futuro l’indagine archeologica, continuerà, insieme ad una ricostruzione sempre più precisa delle fasi di costruzione, funzionamento e abbandono del teatro, si dovrà affrontare il problema del consolidamento delle strutture venute in luce. Infatti la particolare tecnica edilizia utilizzata (opera reticolata) presenta due problemi:
1) La facilità della messa in opera, che era stata all’origine dell’adozione di questa tecnica permettendo una rapidità da “catena di montaggio”, è oggi causa di una facile disgregazione poiché i blocchetti si smontano come tessere di mosaico se mancanti del legante interno e di una “copertina” per bloccare l’infiltrazione delle acque all’interno del nucleo strutturale.
 2) La particolare morfologia del suolo (differenti livelli del terreno sfruttati per l’urbanizzazione) ha obbligato a costruire muri di sostruzione delle terrazze urbane con aggancio delle strutture al retrostante terreno argilloso: è dunque necessario coprire la fascia di giunzione tra la formazione naturale e l’opera dell’uomo per evitare anche in questo caso infiltrazioni idriche e conseguente crollo dei muri.

E’ dunque indispensabile un’azione di restauro e consolidamento delle strutture venute in luce, dopo una fase preparatoria di accurata pulizia. E contro l’impatto ambientale è d’obbligo l’utilizzo di materiali naturali  e locali completamente  reversibili: malta argillosa per gli interstizi dell’opera reticolata, reimpiego del calcare originario nei nuclei interni in via di cedimento e blocchetti originali per il ripristino delle cortine a faccia vista nei settori di degrado evidentemente recente.
Per fare tutto ciò sicuramente necessitano notevoli risorse Economiche e tecniche, in un territorio  L’Abruzzo, colpito qualche anno fa dal sisma e quindi con le Istituzioni Locali, Provinciali e Regionali logicamente indirizzati a canalizzare le proprie risorse ed attenzioni ai problemi contemporanei. Quindi ad oggi sono plausibili di difficile partecipazione e sussidio per il proseguimento degli scavi al sito. Però l’attività di scavo ben portata avanti dalla Prof.ssa Luisa Migliorati e dal suo staff negli ultimi anni con notevole importanza e successo, necessita in futuro di maggiore attenzione almeno da parte della Soprintendenza Archeologica d’Abruzzo e dallo stesso Ateneo La Sapienza incentivando e stanziando le risorse economiche per più costanti campagne di scavo al fine di valorizzare i tesori di Peltuinum tristemente dimenticati nel tempo. Domenico Spanò

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