walter scerbo-selectÈ proprio necessario alzare la bandiera dell’antimafia, ergersi a paladino della legalità, diventarne un simbolo della lotta, averne l’attenzione e le copertine dei media, le visite istituzionali, le audizioni in Commissione Antimafia, gli inviti alla Camera o al Senato?
Mi domando se sia così impossibile porsi in modo diverso dall’essere normalmente sindaco, senza clamori, senza roboanti iniziative, dove il vuoto simbolismo verbale mal cela negligenza, inettitudine o, peggio, collusione e corruzione. Perché il sindaco è, egli stesso, al di là di ogni logica che non sia quella dell’istituzione che rappresenta: il rispetto della legge ha in sé il valore intrinseco dell’essere contro la mafia. Altrimenti, qualora si attribuisse al sindaco, tra le funzioni proprie, anche quella della lotta e del contrasto alla mafia, paradossalmente, si assisterebbe ad una sorta di applicazione dei poteri sostitutivi al contrario, ossia con il sindaco antimafia non a svolgere le funzioni per cui è stato eletto, ma quelle deputate ad altre istituzioni.

immagine-4-targa-comune-ridE perciò, anche la targa “Qui la mafia non entra”, posta a vessillo sul portone del Municipio, è perfettamente inutile. A meno che non sia anch’essa funzionale al vessillo per avere la tutela o, meglio, la scorta e, successivamente, ambire ad una candidatura al Parlamento, per  meriti acquisiti sul campo nella lotta alla mafia. Casomai, sodali con altri professionisti dell’antimafia, che, come accade in questi giorni, troppo velocemente vengono santificati sugli altari dell’antimafia e, con la stessa velocità, si toglie l’aureola, perché si è scoperto che le stesse bandiere e pasionarie dell’antimafia, nella loro missione di lotta e contrasto, hanno applicato il principio omeopatico: hanno conosciuto la mafia dal di dentro, rimanendone fagocitati!

                                                                                          Walter Scerbo