Lettera di Giuseppina Tocco figlia diciottenne di Francesco condannato per mafia a Palmi Procedimento: “Operazione Califfo”

Giuseppina ToccoJusticeRicevo una lettera da Giuseppina Tocco, figli di diciottenne Francesco Tocco, prelevato da casa la notte del 9 Febbraio 2012 arrestato e, dopo due anni e quattro mesi di reclusione preventiva, condannato nel processo di primo grado al Tribunale di Palmi, in provincia di Reggio Calabria, con sentenza del 28 Maggio 2014 a 13 anni e 4 mesi di reclusione. Parlo della stessa operazione che vede coinvolto Danilo D’Amico in cui scrivo su questo stesso giornale. Stessa sorte. Stessa condanna.

ilquotidianoil 9 giugno 2014-toccoGiuseppina Tocco ha già raccontato la sua storia al “ilquotidianoweb.it” del lunedi 9 Giugno 2014, dopo essersi incatenata davanti al tribunale di Palmi, insieme ad altre donne familiari di alcuni condannati, con Manuela Cupello, moglie di Danilo D'Amico, in seguito alla sentenza che condannava il padre a 13 anni e 4 mesi di reclusione. Ecco la lettera di Giuseppina Tocco che mi ha inviato ieri sempre all’indirizzo mail del giornale J'Accuse... !di cui sono l'editore e il direttore.

“Caro Direttore Marando, sono figlia di un uomo che da due anni e quattro mesi si trova recluso in una casa circondariale, con una pena inflitta di tredici anni e quattro mesi. Tutto ha inizio la notte del 9 Febbraio 2012, quando le forze dell'ordine portarono via mio padre davanti agli occhi di tutta la mia famiglia e soprattutto davanti a quelli impietriti e increduli di due bambine di appena otto e sette anni. Io avevo solo sedici anni, da allora sono stata catapultata in un mondo che non mi è mai appartenuto, poiché mio padre, lavoratore onesto che ha sempre svolto, dall'età di tredici anni, la professione di lavorazione di pietre dure, mi ha sempre insegnato i valori fondamentali della vita, quali la lealtà e la giustizia. Ora l’uomo appena descritto si trova a dover sopportare il peso enorme di una grande ingiustizia, inflitta direttamente alla sua persona e indirettamente alla mia famiglia. Dopo all'incirca un anno e mezzo di processo, mio padre è stato ingiustamente accusato di essere un mafioso; sottolineo ingiustamente, non semplicemente perché quest'uomo è mio padre, ma perché persino le forze dell'ordine non hanno ritenuto opportuno effettuare delle indagini specifiche che potessero far luce sulla figura di mio padre. Il 28 Maggio 2014 la Corte di Giustizia del foro di Palmi lo ha condannato, una condanna basata sul ritrovamento di un semplice pezzo di carta dove vi erano scritti vari nomi di persona, tra cui quello di mio padre Tocco Francesco Antonio.

Il "pizzino" in questione non dava direttive precise che potessero accusare mio padre, infatti a suo carico non vi era alcuna prova che potesse accertare la sua appartenenza a quella realtà. Ripercorrendo questi anni mi chiedo ogni giorno del perché devo stare lontana da una persona così speciale. Lo hanno strappato dalle sua vita, dai suoi affetti più cari. La lontananza ha rafforzato il nostro rapporto, ma ha pesantemente distrutto la mia famiglia. Mia madre è stata costretta a quarant'anni a lavorare ( oltre a lavorare da sempre in famiglia come casalinga, moglie e madre e accudire quattro figli!– ndr), lasciando a casa due bambine di undici e nove anni. Mio fratello, invece, sin da subito è stato costretto ad abbandonare la scuola nel tentativo di trovare un lavoro, dal momento che la mia famiglia ha sempre vissuto sulla base di un lavoro onesto, ci siamo ritrovati da un giorno all'altro senza neanche più la sicurezza economica per poter vivere dignitosamente. Le mie sorelle si trovano a dover affrontare la cosa più grave:l'assenza di un padre proprio in un momento così delicato della loro crescita. Io invece, sono stata derubata di tutti i miei sogni, quelli di una ragazza di diciotto anni, e cioè di poter andare all'università e soprattutto il sogno di crescere con il supporto e l'affetto di un padre.

Questa è solo una breve parte di quanto la nostra vita è cambiata. Il mio appello oggi va ai giudici di secondo grado, alla magistratura, alle forze dell'ordine, e a chiunque possa essermi d'aiuto, affinché possano far luce su questa gravissima ingiustizia, che può colpire qualsiasi cittadino onesto. Caro Direttore questa lettera la rivolgo particolarmente a lei, poiché ho visto nella sua figura un piccolo spiraglio di luce in tutto questo mio buio, che fosse in grado di tendermi una mano per fare emergere la vera figura di mio padre, un uomo onesto vittima di uno Stato dico disattento, per non dire altro...

Rosarno 24 Giugno 2014 Cordiali saluti, Tocco Giuseppina ”

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