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telefono 1.jpg Se per caso vi trovate a parlare al telefono con un calabrese e voi non lo siete, o lo siete e non abitate più in questa regione da decenni, un senso di disorientamento vi coglie! Non capite, la sintassi è saltata, le frasi sono distorte e monche, interi periodi omessi e sostituiti con un panegirico di parole che vi buttano nello sconforto.

Pensate di essere diventati deficienti, l’interlocutore calabrese inoltre non vi aiuta, ma s’inquieta fortissimamente sentendo che arrancate, che non afferrate quello che cripticamente vi sta comunicando e che voi dovreste assolutamente capire! E se non capite, venite chiaramente o celatamente mandati a quel paese. Considerati pirla! E c’è un perché.

Perché in Calabria c’è l’ossessione delle intercettazioni telefoniche, che si sia innocenti o colpevoli, e del successivo agguato da parte di chi, quando meno ve lo aspettate, ha ordinato l’intercettazione. Pena, se il contenuto è sospetto, il carcere duro. Per voi e per tutta la cordata telefonica. E quindi per salvarsi da ciò si utilizza un linguaggio cifrato abbastanza insensato.

 

Non solo in Calabria non ci sono scuole attendibili, si pensa in dialetto e poi si traduce in un italiano piuttosto pittoresco, quel poco di lingua italiana che si è imparata con grande sforzo viene velocemente sostituita da una specie di alfabeto morse che complica ancora di più i rapporti tra questa gente e il resto del mondo!

Il decodificatore posto a sentinella delle telefonate, in genere non è un premio della letteratura Pulitzer, ma un povero appuntato che con la punteggiatura e l’etimologia ha poca dimestichezza. Pertanto l’interpretazione è libera. C’è molta creatività. E se dite ad esempio: “ieri sera ho lavorato tutta la notte” l’appuntato scrive: “trattasi probabilmente di panettiere…“ Ma così non era. Trattatavasi di medico che aveva svolto la guardia di notte. Innocente e ignaro che la sua telefonata finisse in un’abitazione intercettata! Forse l’appuntato, dopo ore di appostamento alla centralina telefonica era attanagliato dai morsi della fame e in quel momento il suo pensiero è andato a un filoncino con la soppressata e non ha pensato che ci possono essere altri mestieri in cui si lavora di notte, compreso il suo! Miracoli della traslazione del pensiero. Ma si trattava di un’anima candida, l’appuntato aveva uno spirito semplice e l’episodio non ha avuto conseguenze, fortunatamente, ma purtroppo quasi sempre così non è!

Spesso gli intercettatori e i trascrittori si sentono i giustizieri della notte investiti da una sacra missione. Senza avere alle spalle preparazione professionale e culturale, precettati dalla strada e insigniti delle stellette d’ordinanza, impazzano come novelli sceriffi dell’Arizona e le loro informazioni, vere come ostie consacrate, portano a retate di cittadini, colpevoli o innocenti sarà da vedere. In genere non si vede.

Gli avvocati si guadagnano la pagnotta a forza di memorie difensive e offensive. I giornalisti pure. E i giudici intascano in notorietà. Hanno già guadagnato stipendi d’oro e immunità.

E’ un grande business.

Gli unici a perdere, incommensurabilmente, sono gli incarcerati, se innocenti, e forse le loro famiglie strette. Gli amici e i parenti no, perché dal momento dell’arresto si dileguano, si sciolgono come neve al sole. Semplicemente non ci sono. Se il cognome è uguale trattasi di puro caso!

In Calabria impera lo spirito della contraddizione. Se sei Tu, Cittadino a chiedere indagini su telefonate ricevute e gravemente sospette, minacce di morte, la procura si attiva per non fare niente! Migliaia di denuncie insabbiate. Non ci sono addetti ai lavori! Come se questa fosse una motivazione valida.

E come se al pronto soccorso si mandassero a casa i malati perché mancano i medici! I medici, e gli infermieri, compresi i caposala, con i quattro soldi che ricevono fanno i salti mortali per ottemperare al proprio compito, nonostante i Direttori Generali, i Direttori Sanitari e Amministrativi e gli Assessori alla sanità, che “dirigono” ma non sanno cosa veramente accade nelle corsie. Questi Signori della Salute devono accontentare chi li ha messi lì e non guardano in faccia nessuno, se ai politici, loro padroni, i conti non tornano. E quando si verifica un disservizio, purtroppo si strombazza della malasanità che è sinonimo di medico curante e paga il medico della corsia, quello che si spacca in quattro. Intanto viene pubblicamente sputtanato e denunciato senza pietà. Poi, silenziosamente, si conducono le indagini e spesso il povero cristo nulla aveva a che fare con ditte di pulizie e trapianti di cornee, appalti di presidi sanitari! Ma questo poi a chi si racconta? Mica si può fare marcia indietro su uno scoop eccezionale. I Capi si salvano sempre! Per loro contano i soldi e il potere, non hanno una dignità da difendere, perché non hanno dignità. Se va tutto bene bisogna ringraziare la Madonna o il santone in voga, se va male la colpa è solo del medico ignorante!

C’è il tribunale del malato che, a priori, scruta senza perizia alcuna su quello che fanno i medici “di frontiera”, e al primo dubbio, li azzanna alla gola. Con una ferocia sanguinaria. I medici, sapendo ciò, pagano, di tasca propria migliaia di euro l’anno per coperture assicurative perché sanno che gli sciacalli sono pronti ad un’imboscata. I pazienti o i loro parenti intanto denunciano, a torto o a ragione, qualcosa racimoleranno! Ci sono poi gli avvocati nei pronti soccorsi con il taccuino in mano…pronti a saltare al collo del malcapitato.

Si aggiunge ancora al coro l’autorevole Voce della bionda Ministra della Sanità che incita, dal pulpito TV a “reti unificate”, il Popolo tutto a denunciare la malasanità ( stabilita da chi e come?), a non farsi fregare. Se questa non è istigazione a delinquere, istigazione al linciaggio dei medici, cos’è? Come si chiama? E come si chiama l’imposizione al popolo della tassa da pagare al pronto soccorso? Non l’hanno chiesta i medici, né loro la intascano. Un Popolo che non si reca nelle cliniche svizzere dove le maestranze politiche e di business sono di casa anche per un lifting o un raffeddore. E non sono migliori dei nostri, questi ospedali oltre frontiera, si tratta solo di provincialismo degli arricchiti che sbandierano della Sanità svizzera e Americana, individui che poi sputano sull’America e sulle banche svizzere. E ne fanno smoderatamente uso.

Per tornare alle responsabilità, torniamo alla classe Divina per eccellenza. Quella dei Magistrati. Ai giudici questo codice di istigazione a denunciare per malagiustizia non si applica. Mai una denuncia per malagiustizia, anche quando si manda all’ergastolo un cittadino risultato, dopo vent’anni di galera, innocente. Il risarcimento, se mai ci sarà, lo paga lo stato, alias lo paghiamo noi contribuenti!

I medici vengono fermati nel corridoio, nell’ascensore, e se fosse possibile anche nel bagno, dai parenti e amici vari del ricoverato per avere sue notizie, senza rispetto per la privacy del paziente stesso e del suo diritto a tenere per sé notizie riguardanti la sua salute o malattia, e se il disgraziato medico, assaltato da questa orda di assatanati estortori di notizie riservate per poi sbandierarle al bar, non dà risposte, dolcemente e con deferenza, anche in questo caso viene denunciato per maltrattamenti di tipo morale.

Ma se si osa andare da un giudice senza un appuntamento o senza essere annunciati dal suo segretario, vieni buttato fuori con furore. Trattasi di giudice e il giudice è circondato da un alone di sacralità e dunque un comune mortale non gli si può avvicinare, si trattasse anche di un avvocato nell’esercizio delle proprie funzioni in un palazzo di giustizia che è “casa sua” come lo è del cancelliere, dell’usciere e del famoso giudice stesso. Ma il giudice si sente l’unico legittimo proprietario del Palazzo di giustizia! Ma così non è. E la colpa è di tutti i lacchè che lo circondano, dai portieri agli stessi avvocati che credono che adulandolo otterranno scorciatoie e favori. Poveri illusi. Avranno solo disprezzo. Perché gli arroganti disprezzano i vili! Non c’è personale, dicono i procuratori capo, e le denunce si archiviano. Forse se si dimezzasse il loro stipendio, che è già astronomico e che nel sud è ancora raddoppiato perché è zona a rischio ( per chi?). Si potrebbero assumere tanti procuratorini in ausilio. Però al Capo mai suggerire cosa deve fare, si inquieta. Mai farlo inquietare.

E il Cittadino si china, accetta deferente O fa ricorso, sempre da loro, paga ancora l’avvocato e non ottiene niente lo stesso. Il cittadino si fa continuamente umiliare. Deve questuare quello che gli è dovuto… Ed è fregato! Oppure, purtroppo, si organizza e si fa giustizia da sé. Ed è fregato lo stesso.

Per la gente calabra non c’è comunque salvezza! “ si fuji ti sparu, e si ti fermi ti curtelljiu…”

Sbagliano i calabresi ad essere così compiacenti. Dalla ragione passano al torto per terrore e continuano ad essere coloni.

Io credo che se tutti i calabresi iniziassero ad avere coraggio, a riprendersi la libertà che gli spetta, di fare e di parlare e chiedere con chiarezza e trasparenza, magari abituandosi ad un eloquio serio che non si riduca solo a pettegolezzi, allora neutralizzerebbero i guardoni telefonici che nulla potrebbero davanti ad una moltitudine che conosce i propri diritti. Se i calabresi cercassero la giustizia con la forza della ragione e del diritto e non attivassero l’istinto sanguinario che porta alle faide e alla morte tra loro, si potrebbe pensare di potere risalire la china verso un mondo civile.

I fucili e le pistole li usano i vili che con il volto coperto seminano la morte nascondendosi. Troppo comodo. Questo non è coraggio. uccidete a viso aperto e consegnatevi poi alla giustizia se per voi, assassini, è così imperante uccidere. Abbiate il coraggio di legittimare le vostre azioni scellerate. Ma così non è e non sarà! Avete la mente ottenebrata dall’odio e da una furia cieca e colpite a morte persone innocenti e quand’anche fossero colpevoli voi non avete autorità alcuna a seminare la morte.  

La giustizia e la libertà e la dignità si ottengono con il coraggio delle idee, non con la lupara. Con la voglia di tirarsi su le maniche e lavorare, non aspettarsi il posticino salariato governativo per avere il quale vi vendete l’anima!

C’è poi chi non spara, ma è colpevole lo stesso.

Si tratta della “gente per bene dalle anime belle” che si nasconde dietro la compiacenza, l’omertà, la viltà! Pensando così di tirarsi fuori da queste mattanze. Ma l’omertà equivale a complicità. Non parlo dei pentiti, questo è un capitolo vergognoso, hanno fatto più morti loro “cantando a pagamento” che la sacra corona unita nell’apogeo del suo potere.

Parlo, per esempio, della gente di tutti i giorni, quella che supinamente accetta di deviare il proprio percorso lineare e più breve, la strada nazionale106, tra Ferruzzano e Africo, che è rimasta bloccata per giorni da qualche sasso rotolato dopo violenti nubifragi, (ad ogni pioggerella la strada si interrompe da anni), per avventurarsi, muti, su una strada alternativa, una gincana sulla antica statale 106, la cui nascita risale ai primi anni del ‘900, che bypassa Africo da dietro, andando incontro, gli inermi tapini, a “rapina annunciata”.

Nessun posto di blocco efficiente delle forze dell’ordine sul solitario tragitto alternativo. I tutori della legge: carabinieri, poliziotti, caschi blù e marines, sono capaci però di piazzarsi per ore davanti al cimitero del paese, al “di qua”, sulla trafficata “moderna”106, costruita intorno alla metà del secolo scorso sul mare, bello e impossibile (se ti immergi esci con una probabile dermatite, un’epatite o congiuntivite, bene che ti vada), in pieno far west, per controllare minuziosamente le gomme, i documenti e le cinture di sicurezza, se allacciate o no, di autovetture utilitarie meglio se guidate da donne. Con tutto questo da fare non si accorgono delle sfreccianti BMW, MERCEDES e fuoristrada di grossa cilindrata, presenti in gran numero in una terra desolata e senza risorse! E’ perché sono dei gentiluomini e si vogliono accertare che le donne guidino in sicurezza, pertanto hanno la precedenza nei minuziosi controlli e non badano ad altro!

Nessun cittadino ha osato ribellarsi, come tante pecorelle al pascolo, buoni buoni, sono andati incontro alla sorte!

In Emilia Romagna, tanto per citare qualche regione a caso, le superstrade e le autostrade non sanno più dove metterle. In Calabria la statale 106, unica via che collega la regione, vanta il più alto tasso di mortalità per incidenti! Dove non arriva la lupara ci pensa lo stato a decimare la popolazione!

E’ tragico vedere come ancora vi sia questo panico davanti alle istituzioni marce che danno spesso esempio di corruzione. Queste strutture hanno strapotere perché si poggiano sulla codardia dei più.

Così come stanno andando le cose, non ci sono speranze di rinascita. La Calabria è una palude e tale resterà. A meno che gli abitanti decidano di non essere più insetti ma esseri superiori dotati di intelletto. Ma dubito che questo possa accadere in questa Era.

Mi scuso per la lunghezza delle mie meditazioni, ma per i prossimi mesi mi asterrò dallo scriverVi… a meno che… non me ne torni la voglia...