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de_magistrissalvatore_curcio_pm_cz … In una situazione così tragica dell’amministrazione della giustizia è veramente assurdo permettere che un magistrato svolga compiti per i quali non è stato assunto o sia autorizzato a fare l’arbitro…
... Ora vorrei pregare i membri del parlamento che non siano magistrati o avvocati (quindi non assuefatti per necessità allo stato di cose) a porsi qualche domanda sul famoso scontro tra le procure di Catanzaro e di Salerno, perché non è l’epilogo la parte interessante, anche se è la più folcloristica, ma tutto quello che è successo negli ultimi tre anni. Parlo, quale sono: un cittadino che non ha accesso agli atti, che legge i giornali, sapendo che questi ultimi traggono le loro informazioni da fonti spesso interessate o inaffidabili…

Mi ha sfiorato per un attimo il pensiero, mentre leggevo dell’ultima coraggiosa iniziativa dei vertici dell’Associazione Nazionale Magistrati, che in fondo nella mia vita ho incontrato solo magistrati generosi e intelligenti. A cominciare dal padre di un mio amico e compagno di liceo, presidente di tribunale, che mi prestava i suoi gialli Mondadori e condivideva con me l’entusiamo per Peter Cheney. E’ stato un solo momento, perché subito dopo mi è venuto in mente che ho sentito parlare di un altro soggetto con la faccia di seminarista scappato dalla sacrestia, che qualche anno fa, sulla base di una tesi preconcetta, avrebbe fatto perdere la testa a un mio vicino di casa, un onesto maresciallo dei carabinieri, che andava in giro per paese dicendo a tutti quelli che conosceva:”Io non ho fatto niente, proprio niente. Io non ho favorito nessun fascista”. Lo stesso soggetto, da quanto mi hanno detto, avrebbe scatenato una vergognosa faida all’interno del Palazzo di Giustizia in cui operava, si sarebbe vantato di aver comprato grosse macchine con i soldi ottenuti dalle persone querelate per diffamazione, avrebbe preso tutta una serie di iniziative fasulle e alla fine ottenne (questo è sicuro) pure il premio politico dalla parte per la quale lavorava, anche se, a dire il vero, l’unico che si permise di fargli sbollire la boria e di zittirlo in televisione fu un serissimo onorevole comunista. E il consiglio superiore della magistratura dove stava? La verità è che in questo Paese di brillante disorganizzazione basta disporre di un potere, avere sufficiente cattiveria e faccia tosta oppure essere affetto da miopia intellettuale per mandare in rovina chiunque e fare tutto quello che salta in testa, vezzeggiato da una buona parte dei mezzi di comunicazione di massa.

Il presidente dell’ANM Palamara ed il segretario Cascini pochi giorni fa hanno invitato Leandro Despouy, relatore speciale dell’ONU per l’indipendenza dei giudici e degli avvocati, a venire in Italia per constatare che i magistrati subiscono attacchi da parte dei politici e che è in pericolo l’indipendenza della magistratura, alla quale si attenterebbe attraverso anche una paventata riforma costituzionale.

Considerato che ormai si è verificato l’ennesimo sputtanamento dell’Italia a livello globale, forse è bene far venire questo signore argentino e farlo parlare con tutti, compresi i cittadini che sono vittime di interminabili indagini preliminari, gli avvocati che subiscono perquisizioni e diffamazioni per il solo fatto di essere i difensori di certi personaggi, la gente comune che ha qualche rispetto del diritto ed è stanca di sentir parlare di delitti fantasiosi come depistaggio, delegittimazione della magistratura, concorso esterno in associazione mafiosa. Considerato che il disprezzo per l’Italia è uno sport nazionale, forse è il caso d’istituire un premio annuale, intitolandolo a Togliatti, che diventato cittadino russo, disse di sentirsi migliore del migliore degli italiani e che, se fosse rimasto in Italia, sarebbe stato solo un miserabile mandolinista. Il Migliore aveva ragione a credersi migliore del migliore di tutti gli italiani, tanto che, tornato a guerra finita, ottenne il potere e non mosse un dito per i prigionieri italiani in Russia, giustamente ed hegelianamente puniti dallo spirito della storia per aver invaso il sacro suolo dell’Unione Sovietica, governata da quel sant’uomo di Stalin, protettore di dissidenti ed ebrei. In certi momenti di sconforto mi chiedo se il fatto che sia stato ministro della giustizia negli anni cruciali del dopoguerra non abbia dato impulso a una reazione a catena che dura ancora oggi.

Dato che l’indipendenza della magistratura e l’unicità della carriera di giudici e pubblici ministeri vengono presentati come punti fermi e incrollabili di qualsiasi tentativo di riforma, forse sarebbe il caso di ricordare che la nostra costituzione non è il capolavoro che vogliono farci credere ed, in parte, è rimasta per sempre lettera morta. C’è un art.101 che dispone che i giudici sono soggetti soltanto alla legge, un art. 104 che stabilisce che la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere, un art. 105 che attribuisce al CSM, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni e i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari ed infine un art.107 che, consacrando l’inamovibilità dei giudici, ripete che i trasferimenti possono essere disposti solo dal consiglio superiore o con il consenso degli interessati o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall’ordinamento giudiziario. Insomma i giudici inamovibili sono amovibili con provvedimento motivato solo da fatti di natura disciplinare oppure per i loro interessi personali oppure sono destinati a rimanere nella patria originale o in quella elettiva, dove nemo propheta est, per decenni, mentre noi, all’occorenza fingiamo di scandalizzarci se un grosso imprenditore telefona e chiede aiuto per un fatto contravvenzionale a un giudice del posto, che incontra regolarmente al circolo del golf o al rifugio dello sciatore da quindici anni.

Quanto siamo ipocriti!

Detto questo, però, prima di modificare la costituzione, è bene attuare le norme vigenti. Forse bisognerebbe ricordare in primo luogo che l’indipendenza della magistratura ha solo un valore strumentale, a garanzia del diritto, spettante ad ogni persona, che la sua causa sia esaminata imparzialmente, pubblicamente e in un tempo ragionevole da parte di un Tribunale indipendente e imparziale, come vuole la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ratificata con legge 4 agosto 1955. Non è una sciocca norma di privilegio corporativo come quella che impedirebbe l’intervento della polizia nelle università, ma una norma giustificata da un’esigenza precisa, in relazione alla quale essa deve essere interpretata e applicata. Forse bisognerebbe far capire a due o tre parlamentari, pieni di spocchia, che una costituzione serve prima di tutto a limitare i poteri nello stesso momento in cui li definisce e, se stabilisce che i magistrati sono soggetti solo alla legge, significa che essi non devono partecipare al processo di produzione legislativa, come accade invece tutti i giorni, e tanto meno all’attività di governo.

Intanto credo che una corretta, sinceramente democratica applicazione dei principi costituzionali avrebbe dovuto provocare una seria, pronta e meditata riformulazione delle norme dell’ordinamento giudiziario approvate con R.D.del 30 gennaio 1941, n 12, ma il nostro legislatore pilatescamente ha preferito non metterci mano, tanto che, in edizioni del terzo millennio, raccolte di leggi penali riportano ancora, con provvidenziali note in calce, l’art. 8, che stabilisce, per l’ammissione a funzioni giudiziarie, la necessità di essere cittadino italiano di razza italiana, di sesso maschile e iscritto al Partito Nazionale Fascista, di avere l’esercizio dei diritti civili e di avere sempre tenuto illibata condotta civile, morale e politica…Solo per curiosità storica mi chiedo come, in presenza di questo articolo, alcuni magistrati possano essere stati considerati antifascisti alla fine della guerra… Ma questa è un’altra storia italiana… Insomma, nonostante siano trascorsi 60 anni dall’entrata in vigore, ancora oggi continua la paura di disturbare qualcuno, di annullare qualche vantaggio, di mettere in pericolo qualche privilegio e una legge fondamentale dello stato ha l’aspetto di un cencio pieno di toppe.

Riprendendo il discorso sulle norme fondamentali e facendo la parte del bambino che vede il re nudo, un cittadino qualunque che legga la costituzione deve dedurre, sulla base del principio di divisione dei poteri, che con la funzione giurisdizionale è incompatibile qualunque funzione legislativa o amministrativa o quella di consulente di fiducia presso un ministero o quella di membro di una commissione. La norma costituzionale che stabilisce che i giudici sono soggetti soltanto alla legge deve avere qualche conseguenza logica, altrimenti deve essere abrogata. I giudici, in pratica, non possono essere ora dipendenti, perché lo vogliono loro, ed ora no. Non possono essere direttori generali del ministero della giustizia o ispettori ministeriali o esecutori delle attività attinenti al potere disciplinare del ministro, non possono costituire uffici legislativi né prendere posizione a favore o contro una legge, non devono fare la lotta a questo o a quel fenomeno, devono fare i giudici cioè non solo essere imparziali, ma anche apparirlo. Sarebbe opportuno anche ricordare che già al momento dell’attività dell’assemblea costituente si discuteva sulla necessità di depurare l’attività della magistratura da compiti diversi da quelli giurisdizionali e ancora oggi appare ingiustificato gravare i magistrati di funzioni, spesso solo formali, in materia di anagrafe e di elezioni o anche in materia di adozioni. Cosa ci fa un magistrato al vertice della Direzione Generale degli Istituti di prevenzione e di pena? E i giudici di sorveglianza? L’attività di prevenzione è compito dei tribunali? Come fa il Tribunale di sorveglianza di Napoli (eludendo in pieno l’obbligo di motivazione imposto dalla Cassazione con una precedente sentenza) a stabilire che il dottor Bruno Contrada è ancora pericoloso e mantiene contatti con Cosa Nostra, contro il parere di chi è responsabile dell’ordine e della sicurezza pubblica, senza portare alcun elemento concreto a sostegno della propria decisione?

Il pericolo insito nella commistione di funzioni diverse è più grave e concreto di quanto si possa immaginare. Per anni mi sono chiesto perché mai un gruppo di assassini mafiosi fosse ricorso a un’immane strage per eliminare il giudice Giovanni Falcone, quando ormai si trovava lontano da Palermo. Certo si potrebbe fare riferimento al luogo comune che la vendetta è un piatto che si gusta freddo, ma io ho una visione più realistica della vita, diversa da quella di famosi esperti antimafia..

Qualche settimana o qualche mese fa ho sentito un brivido gelido nella schiena, quando per caso ho ascoltato una lunga intervista o dichiarazione dell’ex ministro Martelli, che ho sempre ritenuto lucido e pragmatico, su quanto avvenne, in maniera abbastanza innovativa, al ministero di grazia e giustizia per cambiare il criterio di assegnazione del maxiprocesso antimafia a una determinata sezione della cassazione. Non voglio fare nessun commento, perché sono sicuro che ciò avvenne per ansia di giustizia, ma sarebbe opportuno che il parlamento riascoltasse con attenzione quella trasmissione televisiva e ne traesse le debite conseguenze ed anche altre in cui il giudice Falcone viene attaccato da suoi amici per aver accettato lìincarico ministeriale. Certo sarebbe richiesta una sensibilità politica diversa da quella a cui siamo abituati e forse, soprattutto, per alcuni soggetti sarebbe necessario, prima di ogni seduta, leggere per dieci minuti, qualche articolo della Costituzione e abituarsi a pensare che i principi vanno tenuti sempre presenti. Ad esempio, cosa significa che l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro e mantenere un sistema penale fondato quasi esclusivamente sull’ozio nelle carceri? Sbracciarsi per reprimere il falso in bilancio come se fosse un omicidio, quando in realtà attiene a diritti economici sicuramente rinunciabili?

Il parlamento dovrebbe prima di tutto, anche se con un ritardo di sessanta anni, abrogare per incostituzionalità ogni norma che preveda l’impiego di magistrati in funzioni diverse da quelle strettamente giudiziarie, a meno che non siano espressamente previste da norme costituzionali: si naturalmente ai magistrati nel CSM, no ai magistrati con funzioni amministrative esercitate presso il ministero e soprattutto no ai magistrati consulenti o inseriti in commissioni per la stesura di disegni di legge. In una situazione così tragica dell’amministrazione della giustizia è veramente assurdo permettere che un magistrato svolga compiti per i quali non è stato assunto o sia autorizzato a fare l’arbitro. Se poi, in materia penale, si stabilisse che il magistrato non viene gravato dalle formalità dell’archiviazione dei delitti ad opera d’ignoti, si risparmierebbe tempo, spazio e denaro e potrebbe essere dedicato più tempo ai delitti con indagati e imputati. Se poi ancora, risparmiando sulle formalità inutili, si potessero organizzare corti per reali processi per direttissima per i delitti caratterizzati da violenza e vandalismo, allora si potrebbe forse intervenire con maggior efficacia ed efficienza in certi fenomeni e non inventarsi divieti incostituzionali contro la libertà di spostarsi liberamente sul territorio per assistere a una partita di calcio. Questo, però, nessuno ha il coraggio di farlo, dato che viviamo in un Paese in cui si pensava, nel marasma del dopoguerra, di stabilire che lo scopo politico potesse essere una causa giustificativa generale ed ancora adesso s’intitolano aule del parlamento a un giovane che, se non altro, ha partecipato a una manifestazione di protesta che ha provocato miliardi di danni. Ancora oggi si permette impunemente a un individuo con ambizioni politiche di bloccare per giorni una strada per motivi che pochi intendono e di creare disagi a migliaia di persone. Io sto cercando ancora d’immaginare cosa vuole ottenere l’onorevole Agnoletto…

A questo punto devo fare una confessione personale. Per tutta la vita ho spesso avuto la tentazione di scrivere un “Elogio dell’inefficienza”, pensando ai tanti casi di assurde applicazioni delle leggi, ad esempio, ai mariti arrestati per violazione degli obblighi di assistenza familiari quando, superati i momenti difficili, i coniugi vivevano ormai d’amore e d’accordo, ai poveri disgraziati condannati per costruzione abusiva in comuni dove contrastanti interessi personali impedivano per anni l’approvazione del piano regolatore, e soprattutto alle leggi razziali, senza dimenticare la legge Scelba o la norma che impedisce di portare in volo macchine fotografiche nell’epoca dei satelliti.

Capisco che forse spesso è meglio ignorare certe leggi piuttosto che assicurarne l’applicazione, ma chi ha il compito di stabilire le regole forse dovrebbe fare qualcosa. Insomma il parlamento dovrebbe prendersi le sue responsabilità e fare quello che deve fare. In un sistema come quello attuale, in cui si sostiene che sono in pendenza milioni e milioni di processi, è inutile andare all’inaugurazione dell’anno giudiziario e poi uscirsene tranquilli, come se le geremiadi dei procuratori generali e degli avvocati fossero solo un fastidioso rumore di sottofondo. Ci vuole molto a dividere il numero dei processi pendenti incrementato di quello medio dei reati consumati o tentati ogni anno per il numero dei giudici operanti e fare un’operazione analoga per la giustizia civile? Si capirebbe subito che con queste leggi la maggior parte delle pendenze non troverà mai la conclusione. In questa situazione o si riconosce che l’inefficienza è un fattore ritardante di una spaventosa macchina tritacarne e si smette di parlare di efficienza, o s’incomincia a fare una seria revisione delle norme.

Sentire blaterare di certezza della pena mi fa imbestialire, in parte perché so che ci vuole una grossa faccia tosta per sostenere che un’organizzazione così inefficiente possa raggiungere traguardi così ambiziosi, in parte perché so che tutta la severità possibile si scatenerà in una difesa anticipata dei cosiddetti valori, più facile da attuare. Rischierà, come accade oggi, una pena maggiore, in ultima analisi, un mite collezionista d’armi in buona fede piuttosto che un feroce assassino. Per dare un’immagine reale di questa situazione si pensi alle tonnellate di forbicette e profumini sequestrati a vecchie signore che salgono in aereo, operazione realisticamente più utile a distrarre l’attenzione dai terroristi che a prevenire i dirottamenti. Certa severità da ricercatori di facili successi ha prodotto danni fin dalla cosiddetta lotta al brigantaggio meridionale. Ormai dovremmo aver capito il gioco ed abrogare un poco di nome inutili e dannose, invece di far stabilire ulteriori cervellotici divieti e pene amministrative colossali a sindaci in cerca di pubblicità..

Insomma, senza un recupero di un livello appena accettabile di efficienza e senza una sanzione dei comportamenti non legittimi, fare leggi è del tutto inutile. Ogni magistrato continuerà a fare quello che corrisponde alla sua personale visione del mondo, senza curarsi dello spirito della legge e senza interessarsi del costo delle sue azioni. Al riguardo basta come testimone il procuratore di Bolzano Cuno Tarfusser, che ha denunciato in questi giorni l’irresponsabile impiego del denaro pubblico da parte di alcune procure. Non solo, ma a un certo punto un sostituto procuratore potrà decidere di impersonare Orlando che con un colpo di Durlindana taglia la testa a mille saraceni e il consiglio superiore della magistratura non si chiederà nemmeno perché un organo di garanzia, non un volgare prepotente antiquato sbirro, possa essere odiato così profondamente, da dover essere scortato vita natural durante. Io credo che, alla prima minaccia contro un magistrato, il CSM dovrebbe chiedersi prima di tutto (com’è o come era prassi in altre amministrazioni) quale sia il motivo e incominciare a considerare la necessità di un trasferimento per motivi di sicurezza, se l’interessato è stato irragionevolmente imprudente o è venuto meno ai doveri di sobrietà e riservatezza. Io credo che il magistrato debba recuperare il suo ruolo di garanzia e non cercare d’impersonare Starsky e Hutch, fare conferenze nelle scuole, scrivere libri contro questo o quel fenomeno, soprattutto quando da accusatore può trasformarsi da un momento all’altro in giudice. Prendiamo atto che quando occorre difendere con le armi tribunali e giudici in una società democratica uno dei meccanismi principali della democrazia è saltato. Del resto quando, come accade attualmente, una parte della magistratura, principale garante della libertà secondo la costituzione transalpina, e una parte politica che pretende di rappresentarla si batte non per un diritto di libertà ma per poter tenere sotto anche le quattro più alte cariche dello Stato, allora c’è proprio qualcosa che non va. Allora mi chiedo perché, se è stato provvidenzialmente eliminato l’oltraggio a pubblico ufficiale, resti, contro il principio d’uguaglianza, l’oltraggio a magistrato in udienza… in modo che si possa dare del buffone solo Berlusconi, come ha stabilito la Suprema Corte, e non pure a un magistrato, se merita tale critica.

Ricordiamo, tra l’altro (ma questa potrebbe essere una lacuna cognitiva di un orecchiante del diritto come me) che non è stata attuata la norma costituzionale che prevede che “il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull’ordinamento giudiziario”. Questa norma richiede, almeno, che qualche piccola distinzione tra giudici e pubblica accusa si faccia…, a meno che non si voglia concedere la scorta anche agli avvocati di parte civile, per il principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge.

Solo se si arrivasse, attraverso una normalizzazione del sistema, ad eliminare l’alibi del nemo ad impossibilia tenetur, si potrebbe pretendere dai magistrati un comportamento corretto, tipicizzando le mancanze di carattere disciplinare e le insufficienze di carattere professionale. Prendiamo, ad esempio, il costume dei maxiprocessi. Ci fu un dato momento storico in cui ci si illuse di far saltare la testa della piovra con un sol colpo di cannone, si riprese una moda purtroppo ricorrente nella nostra storia, quella del processo colossale, il giudizio universale che fa precipitare nella Geenna tutti i reprobi, e si scelsero per l’attuazione, potenziandoli, gli stessi mezzi usati per combattere il terrorismo. Fu un errore? Forse che si, forse che no e comunque certe esperienze vanno fatte, se non altro per capire che sono sbagliate.

Un fatto è certo. Il legislatore del codice di rito all’art. 17 e 18, rimasti in genere lettera morta, ha mostrato di privilegiare la speditezza dei processi e non la confusione delle responsabilità in tonnellate di carte, nelle quali, per vedere di cosa realmente sia accusato Tizio, bisogna andare a cercare quattro parole a una pagina sconosciuta di migliaia di pagine d’intercettazioni. Parlo del fatto reale, perché probabilmente nell’avviso di garanzia, basta citare il comodo art. 416 o ancora il più duttile 416 bis, che in meridione o a carico di meridionali non si nega a nessuno..

Ora vorrei pregare i membri del parlamento che non siano magistrati o avvocati (quindi non assuefatti per necessità allo stato di cose) a porsi qualche domanda sul famoso scontro tra le procure di Catanzaro e di Salerno, perché non è l’epilogo la parte interessante, anche se è la più folcloristica, ma tutto quello che è successo negli ultimi tre anni. Parlo, quale sono: un cittadino che non ha accesso agli atti, che legge i giornali, sapendo che questi ultimi traggono le loro informazioni da fonti spesso interessate o inaffidabili.

Un magistrato, a torto o a ragione, superiorem non recognoscens, inizia un’indagine nel 2005, detta forse “Poseidone”, cui poi si aggiunge un’altra denominata “Why not”. Non si fida dei suoi colleghi, si presenta in televisione a una trasmissione notissima, dove sanno tutto, acquista volente o nolente un piccolo esercito di fans, tra i quali purtroppo molti miei conoscenti e continua per la sua strada fino ad incappare nel ministro della giustizia Mastella. Intanto trascorre il 2005, va via il 2006, il 2007 si consuma invano, quando il ministro chiede il suo trasferimento d’ufficio, il procuratore generale di Catanzaro avoca a sé le indagini e accerta, dopo qualche tempo l’estraneità di alcuni personaggi di primo piano a livello nazionale. Intanto il trasferimento del magistrato si perfeziona nel tardo 2008. Dai giornali di oggi, ultimo giorno dell’anno, apprendiamo che il governatore (quanto mi disturba questo termine, che sa di storia coloniale!) della Calabria, è stato interrogato dai magistrati di Catanzaro in questo processo per un fatto risalente al 2005 (dopo, a quanto pare, di analogo interrogatorio di qualche anno fa, nel quale aveva preferito non rispondere) ed è stato iscritto nel registro degli indagati nel mese di marzo 2008. E’ forse facoltativa l’iscrizione di un indagato nell’apposito registro oppure l’omissione dell’iscrizione è un mezzo per protrarre per anni ed anni le indagini?

Tutti sanno che ci sono indagini che si protraggono da oltre un anno, poi da oltre diciotto mesi e nessuno, a quanto pare, può imporre al magistrato di arrivare alle conclusioni. Nessuno. E’ difficile capire che, allungando a proprio piacimento le indagini, si violano i diritti dei cittadini? Posso anche capire che un fatto simile possa non essere considerato omissione o ritardo di atti d’ufficio, cioè reato, ma non dovrebbe essere considerato almeno violazione dei propri doveri disciplinarmente rilevante? Oppure occorre aspettare, come è già successo a Gela, otto anni per muoversi?

Divenuto definitivo il trasferimento del magistrato, tutti tiriamo un sospiro di sollievo, sperando di leggere qualcosa di diverso sui giornali. E invece no. Mentre continuano le indagini su politici e imprenditori calabresi, non si sa come la magistratura di Salerno forse indaga sulla conduzione delle indagini e sui magistrati di Catanzaro che le conducono. Ora non so come siano organizzate le cose, ma il ministro e il procuratore generale presso la corte di cassazione, titolari dell’azione disciplinare, non dovrebbero essere immediatamente informati del fatto che ci sono dei magistrati indagati? E non dovrebbero attivarsi subito per conoscere i fatti ed adottare eventuali provvedimenti d’urgenza? A quanto pare no, tanto che quando i magistrati di Salerno chiedono a quelli di Catanzaro, da loro indagati, di trasmettere qualcosa come 170 faldoni di atti e questi ultimi oppongono qualcosa e alla fine informano del fatto il Consiglio Superiore della Magistratura, ancora nessuna autorità centrale muove un dito, almeno da quanto si capisce dai giornali. Poi scoppia il caso della perquisizione a casa dei magistrati, dei pigiami calati, degli zainetti dei bambini rovistati, asseritamene alla ricerca dei telefonini e il sequestro degli atti ed il controsequestro degli stessi atti e poi, infine, la decisione che gli atti, in originale o in copia, debbano essere a disposizione di entrambi gli uffici giudiziari. Saggia decisione salomonica, che dà ragione a tutti e a nessuno e non si preoccupa affatto della sorte dei cittadini messi alla berlina sui giornali da tre anni.

salvatore_curcio_antonio_centore_px160Tra parentesi, nessuno pare che si sia chiesto per quale delitto sia indagato il noto sostituto antimafia Salvatore Curcio (dai giornali non si capisce), che cosa gli sia stato ordinato di esibire, secondo le norme di procedura, prima di fargli abbassare i pantaloni, e se la ricerca di telefonini riguardasse un caso di ricettazione o di spionaggio industriale, dato che l’accanimento nella ricerca di tali comunissimi oggetti non sembra a prima vista giustificabile… Insomma un cittadino comune perché dovrebbe fidarsi di questo magistrato, se non riesce a capire nemmeno di cosa sia accusato, se d’inosservanza dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria salernitana o di un delitto infamante? Alla fine il feticcio dell’indipendenza della magistratura non consente né al CSM né ad altra Autorità Giudiziaria d’intervenire nella sostanza dei procedimenti, quella che interessa i cittadini, ma solo di minacciare trasferimenti in un futuro non determinabile e di far andare avanti i procedimenti penali. Non vi pare che ci sia una lacuna legislativa?

Intanto si parla di un archivio Genchi, che prenderebbe nome da un noto consulente giudiziario. Tale archivio, fortemente voluto dalla procura di Salerno, secondo i giornali, conterrebbe dati personali relativi a diverse decine di migliaia di persone, derivanti da operazioni d’intercettazioni telefoniche o da sequestro di tabulati. Se fosse vero che tutta l’indagine è un caso di finanziamento discutibile di uno o più partiti, confessato, con chiamate di correo, dalla responsabile di una società operante esclusivamente o quasi nel settore pubblico (secondo alcuni una delle macchine inventate per ottenere fondi ed impiegare un po’ di disoccupati), secondo la legge, il procedimento contro la dichiarante doveva essere già concluso nel 2005, essendoci elementi sufficienti per il rinvio a giudizio e forse anche per la condanna o per l’assoluzione. E invece dopo tre anni il contenuto di 170 faldoni si accinge a navigare verso un numero ancora non determinabile di procure, insieme ai nomi di ventimila persone che non sanno nemmeno di essere parte dell’archivio Genchi. Non vorrei mai che la mia profezia si avverasse, ma qualche anno fa, quando fu approvata l’infelice legge sulla protezione dei dati personali, mi balenò in mente l’immagine di un parroco di campagna arrestato per non aver custodito con tutte le precauzioni il registro dei battesimi, contenente informazioni sensibili sulle credenze religiose. Tutti gli altri potranno permettersi di far passare nei processi tutte le porcherie, perché l’enorme mole delle intercettazioni non permetterà mai l’esame preventivo da parte del giudice e delle parti, previsto dalla legge, con l’eliminazione di quanto è inutile e irrilevante. Vergogna!

Si risparmi il ministro della giustizia la fatica della legge sulle intercettazioni e sulla riforma della magistratura. Se si fosse in grado di applicare la costituzione e la legge vigente, forse non saremmo giunti a questo punto. Badi piuttosto a fare contento Bossi , dato che le amministrazioni locali, quelle regionali prima di tutto, hanno dato questi splendidi esempi di geniale gestione della cosa pubblica. Premesso che quello che sta succedendo al Sud è arcinoto e che certi personaggi fingono di non capire che chi comanda è responsabile, non si prenda atto che i casi di Tangentopoli si sono sviluppati prima di tutto nelle regioni del Nord, non si consideri che il sindaco di Torino ha sostenuto che nel suo comune ci sono dirigenti che prendono molto più di lui e che quindi dovrebbero essere i primi responsabili della legittimità degli atti, si dimentichi che l’istituzione delle regioni a statuto speciale è stata la madre della più assurda ed oscura e selvaggia ed aspra e forte delle selve retributive (contro l’art. 36 della Costituzione) e che l’istituzione di quelle a statuto ordinario ha peggiorato irrimediabilmente le cose, portando il numero delle macchine blu a numeri spropositati, permettendo l’invenzione delle rappresentanze regionali all’estero soprattutto a New York, mandando al Columbus Day eserciti di rappresentanze, allargando a dismisura i posti di sottogoverno, tra commissari, supercommissari, sottocommissari, alti commissari, advisors, consiglieri, consulenti, portaborse, sciumbasci e simili, regolarmente esenti da ogni responsabilità giuridica alla faccia dell’art. 28 della Costituzione. Si riconosca che 200 persone in Val di Susa hanno diritto di fermare la TAV, s’incominci a pensare che le regioni sono troppo grosse per il principio del federalismo, che dovrebbe essere applicato ai comuni o ai municipi o ai fondi feudali. Del resto, se c’è una realtà territoriale puramente inventata è quella regionale…, tanto che gli ampezzani si sentono altoatesini.

presidente napolitanoSignor Presidente della Repubblica, con tutto il rispetto possibile, se aspettiamo la convergenza tra maggioranze (o maggioranza composita) e opposizioni (od opposizione composita) non avremo mai una riforma dello Stato. Forse sarebbe necessario rivolgersi ai singoli deputati, ricordare loro l’articolo sulla libertà di mandato ed anche quello sulla libertà di pensiero e di opinione e ricordare ancora, che se credessero in questi principi, non perderebbero mesi e mesi per decidere se alla vigilanza RAI debba andarci Caio o Sempronio e non avrebbero trasformato il parlamento in due squadre di tiro alla fune, non avrebbero abbandonato la funzione legislativa ai funzionari dei ministeri procedendo a colpi di fiducia su qualcosa scritto da altri per ragioni a volte ignorate e soprattutto non si sarebbero abbandonati ad ipocrite battaglie come quella, ad esempio, sull’indulto e sull’amnistia, provvedimenti resi periodicamente necessari, fin dall’inizio della storia repubblicana, da un metodo di affrontare i problemi della sicurezza e della giustizia grossolano e inefficiente.

Signor Presidente, io avrei una modesta proposta.. Ricordiamo ai deputati e ai senatori che hanno una funzione come individui e non solo come gregari, scelti dalle direzioni dei partiti e imposti agli elettori. Diamo all’elettorato la possibilità di esprimere un voto a favore e uno contrario, in modo che figure scialbe e inutili possano essere democraticamente mandate a casa e non continuino ad essere oggetto solo di storielle sul loro unico intervento in parlamento inteso a regolare meglio l’aria condizionata. Perchè mai, se il Senato è a base regionale, dovremmo accettare come candidato un signore che nella nostra regione non è nemmeno mai venuto in vacanza, pur ammettendo che sia il cervello più potente dell’emisfero settentrionale? Perché dovremmo accettare la permanenza in senato o alla camera di un soggetto, al quale non affideremmo nemmeno per dieci minuti il nostro cane, quando si dimostra sicuramente inidoneo a rappresentare la Nazione e non possiamo mandarlo via con un numero di voti doppio o triplo di quelli con i quali è stato eletto? Forse sarebe l’unico modo per ricordare a tutti che non si sta in parlamento per accontentare qualche migliaio di clientes, viaggiare gratis sugli aerei, premere bottoni in parlamento secondo le istruzioni ricevute dai capipartito e partecipare a conferenze e inaugurazioni.

Giovanni Scali - Locri