bruno contrada gen

Cari lettori, vi prego di spendere dieci minuti del Vostro prezioso tempo per leggere i due documenti sotto pubblicati. Vi potrete fare così, Voi personalmente, un’ idea di chi siano i pentiti e quale consistenza e fondamento abbiano le loro confessioni. Confessioni che mandano in galera galantuomini, come il dr. Bruno Contrada. Confessioni che sanno solo di calunnia. E quello che fa rabbrividire è che senza un barlume di logica i due,  Giuga e  Pulci, “cantanti con benefit” vengano assolti dal reato di calunnia e Contrada stia agli arresti domiciliari condannato (ingiustamente). In via definitiva allo stato. Resta aperta la speranza di una revisione del processo
E’ bene, cari lettori, che cominciate a riflettere sul ruolo dell’applicazione della giustizia in Italia. Giudicate voi se la sentenza di assoluzione sia giusta o no e inviate i Vostri commenti.
Ecco i documenti:

"Avvocato Giuseppe Lipera

Al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania

Al Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Catania


Oggetto: esposto per evidenziare il clamoroso contrasto tra i fatti posti alla base dell’assoluzione del Giuga e quelli posti alla base dell’assoluzione del Pulci – richiesta di impugnazione di sentenza assolutoria.

Quale difensore di
CONTRADA Bruno, nato a Napoli il 02/09/1931, richiedente nell’ambito del procedimento n. 10347/00 R.G.N.R. e n. 2102/03 R.G. Trib.,

ESPONE

In data 01/12/2008 è stata emessa una sentenza relativa ad un caso di calunnia che, per i fatti oggetto del reato e per le motivazioni addotte dal Giudice per assolvere gli imputati, lascia perplessi e sconcertati.

La “storia” è vicina al caso Contrada e si incentra sulle dichiarazioni che un pentito, tale Giuga, ha rilasciato a carico dello stesso Contrada dopo aver appreso da un mafioso, tale Pulci Calogero, che l’alto funzionario dello Stato era in stretti rapporti con l’ambiente malavitoso.

Il Giuga, nelle sue dichiarazioni, aveva in un primo momento accusato il Contrada di fatti di cui era venuto a conoscenza grazie alla sua frequentazione dello stesso ambiente malavitoso, in quanto autista dell’avvocato Montana, difensore del boss di Sommatino Pippo Madonia.

In alcune circostanze egli aveva sentito, a suo dire, parlare personaggi di spicco dell’ambiente che lasciavano intendere, in maniera esplicita, di favori che il Dott. Contrada era pronto ad elargire agli stessi.

Una volta entrato nel “circolo” dei pentiti, sempre a suo dire, si era sentito in dovere di indirizzare gli organi inquirenti, fornendo loro le notizie di cui era venuto a conoscenza.

Successivamente, però, dichiarava che di quei fatti egli non era mai stato a conoscenza né in maniera diretta né in maniera indiretta: essi costituivano il frutto di un accordo che egli aveva preso con il sunnominato Pulci a motivo di un ritorno di favore da lui dovuto allo stesso, che in una circostanza precedente gli aveva salvato la vita mediante un intervento diretto a impedire la sua eliminazione fisica decisa da altri esponenti mafiosi.

Il Pulci infatti, nel corso della comune detenzione presso il carcere di Enna, avvenuta nel 1998, gli avrebbe chiesto di rilasciare quelle dichiarazioni per pagare il suo “debito” di riconoscenza, consentendogli così di essere scagionato da altri reati e di smantellare la Procura di Caltanissetta.

Per giungere a tali obiettivi, il Pulci aveva imposto al Giuga di ricopiare il memoriale che il Pulci stesso aveva scritto e di impararlo a memoria.

Quanto sopra esposto è un breve sunto per introdurre la parte giuridica che si vuole affrontare per evidenziare i clamorosi errori di diritto in cui è incorso il Tribunale nell’assolvere i due imputati.

Il Tribunale infatti nella motivazione scagiona il Giuga in quanto ritiene mancante la consapevolezza dell’innocenza dell’accusato Contrada, e di conseguenza difetta l’elemento soggettivo del reato di calunnia.

Si sente una voce chiedersi: come è possibile giungere a tale conclusione così stridente con i fatti esposti e con quanto previsto dalla Legge e insegnato dalla Giurisprudenza di legittimità?

È ben risaputo che le componenti essenziali dell’elemento soggettivo del delitto di calunnia sono la volontà di accusare unita alla consapevolezza che l’incolpato è innocente per non aver commesso il fatto falsamente attribuitogli e tale pensiero è avallato anche dalla Giurisprudenza.

Infatti il Supremo Collegio ha avuto modo in più circostanze di chiarire che l’individuazione della consapevolezza da parte del denunciante dell’innocenza del calunniato (coscienza della lesività concreta del fatto attribuito all’incolpato) è evidenziata dalle concrete circostanze e dalle modalità esecutive che definiscono l’azione criminosa; da esse, con processo logico e deduttivo, è possibile risalire alla sfera intellettiva e volitiva del soggetto. Il problema dell’accertamento del dolo consiste, quindi, nella considerazione e nella valutazione delle circostanze e delle modalità della condotta, che sono espressione dell’atteggiamento psichiche dell’agente ed indicative dell’esistenza di una rappresentazione e di una voluta motivazione del fatto (tra le tante: Cass. Sez. VI, 05/12/02, Greco).

Ma l’accordo fra i due infatti non è forse un evidente indicatore della consapevolezza di entrambi circa la falsità delle dichiarazioni da rilasciare e quindi dell’innocenza del Contrada?

Senza dubbio la risposta non può che essere affermativa e in quest’ottica la sentenza appare in evidente contrasto con l’orientamento Giurisprudenziale in quanto non è possibile negare che dall’accordo tra i due imputati risalta in maniera implicita la consapevolezza, nei due, dell’innocenza del Contrada.

Insomma: il dolo è in re ipsa!

Che motivo avrebbero avuto, infatti, ad accordarsi sulle dichiarazioni da rendere, se queste ultime fossero state aderenti alla realtà?

Non se ne ravvisa il motivo, e non si giustificherebbe il ricambio di favore da parte del Giuga che, se avesse detto la verità, non avrebbe fatto alcun “sacrificio” nei confronti del Pulci, ovvero non si sarebbe esposto nel riferire fatti realmente accaduti per i quali doverne un giorno rispondere.

Ed inoltre come giustificare la motivazione di non colpevolezza del Giuga espressa nella sentenza, dal momento che quando lo stesso ha rilasciato le sue dichiarazioni, essendo state queste ultime il frutto dell’accordo con il Pulci, avrebbe almeno dovuto esprimere le sue affermazioni con il beneficio del dubbio, cosa che non risulta abbia fatto.

Infatti il dolo di calunnia esiste anche quando chi accusa, pur essendo in dubbio, non si limiti a presentare una denuncia cautelata, ma denunci il fatto come sicuramente certo, magari evidenziando degli elementi di fatto inventati, in quanto la denuncia, in tal caso, è strumentale a far incriminare una persona che non si ha la certezza essere colpevole, ma che si vuole far apparire a tutti i costi colpevole.

Inoltre si ricorda che la Suprema Corte di Cassazione ha avuto modo di statuire che “il delitto di calunnia si può commettere anche riferendo ciò che si è appreso da altri ovvero voci o maldicenze correnti, qualora il denunciante abbia la coscienza che l’incolpato non ha commesso il fatto: in tale ipotesi l’elemento psicologico del delitto ne esce addirittura rafforzato, per l’effetto di maggiore credibilità attribuibile alla falsa accusa da parte di chi riceve la denuncia” (Cass. Pen., 18/07/95 n. 7932).

Ma ciò che lascia assolutamente interdetti è l’incredibile contrasto creatosi tra i fatti posti alla base dell’assoluzione del Pulci e quelli posti alla base dell’assoluzione del Giuga.

La sentenza clamorosamente si contraddice nell’assolvere entrambi gli imputati in quanto se è possibile giustificare uno dei due sulla base delle menzogne dichiarate dall’altro, quest’ultimo non può a sua volta essere assolto.

Infatti il Giuga, nella motivazione, come già detto è stato assolto perché ritenuto privo del dolo che contraddistingue la calunnia, ovvero poiché il Tribunale ha ritenuto che lo stesso si era convinto della verità riferitagli dal Pulci, in ordine alla colpevolezza del Contrada.

Se tale motivazione potrebbe essere accettata con riserva, in considerazione delle modalità con le quali i fatti si sono svolti, come però giustificare l’assoluzione del Pulci per non aver commesso il fatto? Fatto che, costituendo il fulcro dell’intera vicenda, se inesistente, non potrebbe essere preso a giustificazione del convincimento del Giuga circa la colpevolezza del Contrada.

Logico a questo punto attendersi la condanna, quantomeno del Pulci, quale istigatore della condotta calunniosa, non punibile per mancanza dell’elemento soggettivo, posta in essere dal Giuga.

Viceversa l’assoluzione del Pulci per non aver commesso il fatto (l’istigazione del Giuga), non può prescindere dalla condanna del Giuga, il quale, in tale ipotesi, non essendo stato indotto da alcuno a formulare quelle accuse, le avrebbe concepite in assoluta autonomia e consapevolezza, rendendosi così responsabile del reato di calunnia.

Dalla motivazione della sentenza emerge una clamorosa contraddizione in quanto si danno per scontate due realtà, in evidente contrasto fra di loro.

Nell’assolvere il Giuga si dà per avvenuto l’accordo con il Pulci e su di questo si fonda il convincimento del primo in ordine alla colpevolezza del Contrada.

Viceversa, nell’assolvere il Pulci, si dà per non avvenuto il citato accordo e su questa mancanza si fonda l’assoluzione dello stesso per non aver commesso il fatto.

Ma la verità, almeno quella giuridica che deve stare alla base del convincimento dell’Organo giudicante, non può che essere una.

A riprova della bontà di quanto detto, si richiama la richiesta del P.M. il quale chiede la condanna di uno solo dei due imputati, ovvero il Giuga.

Per quanto sopra

CHIEDE

che la S.V. impugni la sentenza assolutoria n. 3151/08 emessa dal Tribunale di Catania, sezione II il 01/12/08, depositata il 31/12/08, che per migliore scienza si allega.

Catania, 16/01/09

Con ossequi

Avv. Giuseppe Lipera
"

Allegati da aprire:

" SENTENZA PULCI_GIUGA" jn pdf

RICHIESTA DI IMPUGNAZIONE SENTENZA AVV: LIPERA


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