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Una geografia degli abbandoni - Vito Teti

vito_teti_px_85 ferruzzano_superiore_px_160Una chiave di lettura antropologica apre scenari poco noti sul grande impatto del terremoto del 1908, collocato nel contesto di instabilità abitativa, migrazioni e precarietà economica che l’ha preceduto. Rovine, abbandoni, spopolamento di paesi e villaggi: la Calabria, più di altre regioni, è visibilmente segnata da terremoti, ma anche da alluvioni e
frane.
Assieme a fattori antropici di lungo periodo, quali marginalità economica, estesi disboscamenti, variazioni della rete insediativa, i terremoti hanno inciso anche nella mentalità, nelle tradizioni popolari e nel rapporto con i luoghi.

La terra degli abbandoni e delle rovine


Il terremoto del 1908 è associato, a ragione, alla distruzione delle due città dello
Stretto. E tuttavia esso ha interessato in maniera significativa molti centri della Calabria
meridionale. Per molti versi il sisma portava a compimento l’opera di distruzione
di precedenti terremoti, che avevano causato una serie di spostamenti di abitati e
di popolazioni. Molti paesi e casali sono rimpaginati e ridisegnati a partire da quell’evento,
che dovrebbe essere inserito in una storia di lunga durata e ricondotto a una
storia di abbandoni e di ricostruzioni che, fin dall’antichità, ha caratterizzato la Calabria.

Il fenomeno dell’abbandono, presente in tutte le regioni italiane e del Mediterraneo,
per una serie di ragioni naturali, storiche ed economiche è in Calabria molto
più vasto, generalizzato e complesso che altrove. Sarebbero possibili una storia,
un’antropologia, un “romanzo” della regione a partire dalla geografia dei paesi abbandonati
a seguito di spostamenti per ragioni economiche e produttive, catastrofi
naturali e non: oltre ai terremoti, le invasioni, i lunghi periodi di siccità, le carestie e
la difficoltà di reperire acqua potabile; le alluvioni rovinose e le frane, ma anche eventi
voluti o subiti dalle popolazioni, quali i disboscamenti incontrollati, la discesa degli
abitanti dei paesi dell’interno verso le marine e la conseguente costruzione di paesi
doppi lungo le coste, un grande esodo e la costruzione di comunità doppie, in un altrove
lontano, che spesso hanno interagito, per costruire l’immagine e la realtà di una
terra mobile, mobilissima, sempre in “fuga da se stessa” – come ha scritto Corrado
Alvaro – precaria, provvisoria, incompiuta...

estratto dal volume: Il terremoto e il maremoto del 28 dicembre 1908: analisi sismologica,
impatto, prospettive, a cura di G.Bertolaso, E.Boschi, E.Guidoboni e G.Valensise, DPC–INGV,
Roma–Bologna 2008, 813 pp.


Cliccare qui per scaricare l'articolo in formato integrale gentilmente inviato dall'Autore professore Vito Teti al direttore di radiocivetta

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