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La mia bisnonna parlava sempre con affetto di Francischellhu. Io non sapevo affatto chi fosse (avevo allora 3 o 4 anni), ma il nome mi faceva ridere, perché… non lo so perché. Ricordo ancora che ogni volta che incontravo la vecchietta, le facevo ripetere la frase “quandu ‘nc’era Francischellhu…” e tutte e due scoppiavamo a ridere. Non molto tempo dopo mia madre mi spiegò che Francesco era l’ultimo dei Borboni a Napoli e tutto il resto sull’unità di d’Italia, quando il mio maestro, bravissima persona, prima gerarca fascista con la camicia nera incollata addosso e poi degasperiano di ferro, ci stordì il primo giorno di scuola, raccontandoci che il sogno di Mazzini si era ormai avverato e da regnicoli eravamo diventati cittadini repubblicani. Ero troppo giovane, per chiedermi, come il noto asin bigio, cosa ci avessimo guadagnato.

 

A sessanta anni da allora incomincio a chiedermi – dopo avere atteso con ansia, nello studio della storia il momento in cui l’Italia si unificava e diventava repubblica parlamentare - se ne valesse la pena, soprattutto pensando al fatto che Francischellhu, da sovrano assoluto, per quanto potesse essere presuntuoso e cattivo d’animo, non avrebbe potuto perpetrare tante prevaricazioni e tanti soprusi, quanti oggi, in uno stato democratico, possono commettere migliaia di reucci creati dal nostro ordinamento. Non solo, ma siccome si sentiva re per grazia di Dio e non per gentile concessione dei partiti politici, qualche volta, perdendo a ragione la pazienza, avrebbe potuto dare un calcio nel posto in cui tutti sappiamo a qualche barone presuntuoso.

Perché in Italia occorre trasformare tutto in diritto penale? Perché l’ordinamento giudiziario non contiene una tipizzazione delle condotte disciplinarmente rilevanti riguardanti i magistrati? Perché non regola la diffusione delle notizie sui processi? Perché i capi degli uffici non esercitano la loro attività di sorveglianza, invece di darsi del tu, come mi dicono che accade spesso, con i colleghi sui quali hanno funzione di controllo? Perché mai ad un magistrato è permesso di essere così ciarliero e fare scrivere di essersi dimesso da un pool antimafia (che brutta parola pool!) in quanto non condivide la decisione dei suoi colleghi di non contestare il concorso esterno in associazione mafiosa al presidente siciliano? Perché si sentono tante storie di strani interessi nelle esecuzioni fallimentari o come diavolo si chiamano?

Recita l’art. 101 che la giustizia è esercitata in nome del popolo e, al secondo comma, che i giudici sono soggetti soltanto alla legge. I nostri costituenti (dei quali i pochi rimasti hanno il complesso di Hammurabi e minacciano catastrofi se si modifica la Costituzione) non avevano grande fantasia o forse contavano un gran numero di magistrati nelle loro file (è un problema per storici del diritto costituzionale). Presero, quindi, l’art. 68 dello Statuto albertino (“La giustizia emana dal Re, ed è amministrata in suo nome dai giudici ch’Egli istituisce) e gli misero un vestito nuovo, snaturando il contenuto, soprattutto quando omisero di considerare l’art. 73 dello stesso titolo sull’ordine giudiziario che prescriveva che l’interpretazione delle leggi, in modo per tutti obbligatorio spetta esclusivamente al potere legislativo.

Ora che vuol dire che i giudici sono soggetti soltanto alla legge, quando alcuni di essi hanno contestato apertamente alcune leggi in televisione? Quando i magistrati attuano una sorta di sciopero contro le modifiche all’ordinamento giudiziario? Vuol dire che l’equilibrio tra i poteri si è rotto. C’è bisogno di mandare il giudice Arcibaldo Miller a Potenza perché il procuratore generale presso la Corte di Cassazione si accorga che questo sostituto Woodcock sta procedendo in chiara, pervicace violazione del codice di rito?

Ma ci sono fatti che lasciano sconcertati. Si doveva arrivare in Cassazione non so quante volte per dichiarare l’incompetenza della Corte di Milano nel caso del lodo Mondadori, in cui è coinvolto l’ex presidente del consiglio? Ed i pochi cittadini che non siano stati suggestionati dalle loro idee e simpatie politiche o non siano stati plagiati dalle trasmissioni di Santoro e dei suoi amici, sono costretti a pensare: “Ma se Berlusconi che può permettersi tutti gli avvocati che vuole ed ha una posizione tanto in vista, non riesce ad ottenere che vengano rispettate le norme sulla competenza, cosa può capitare a un miserabile che nessuno conosce o, peggio che è stato già oggetto di attacchi denigratori?”.

Non ho elementi per sapere su quali indizi si basino i magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio per procedere contro l’onorevole Laganà, che pubblicamente e costantemente ha criticato il loro modo di condurre le indagini, ma mi sembra contrario alle norme del codice di rito che procedano per un reato per il quale non sono competenti e soprattutto inopportuno e scorretto, considerati i rapporti chiaramente non idilliaci con l’indagata. Eppure ci sarà qualcuno, più d’uno, a Locri che si fregherà le mani pensando: “Hai visto come gliel’hanno fatta pagare alla Laganà, che parla troppo?”. Perché, come è accaduto in tutta l’operazione Mani pulite c’è un’intera classe di cittadini che in questi casi provano un sentimento di rivalsa contro coloro che considerano potenti. E’ la gioia di coloro che assalirono Craxi con il lancio di monetine.

Ancora più grave è il caso dell’avvocato, che dopo avere denunciato un magistrato di Catanzaro per corruzione per una non limpida operazione di acquisto di una casa proveniente da un fallimento e il successivo sfratto , ora – come mi racconta un mio amico – sarà processato dal tribunale di quella città, che non intende riconoscere la propria incompetenza per una vicenda connessa… Reazioni dell’amico: “Ma benedetto Iddio! Non sa che i magistrati non si mordono l’un l’altro, altrimenti scoppia la guerra. Sono solidali tra loro, anche se non sono parenti stretti. E a Catanzaro i parenti abbondano”. E’ vero? non è vero? Anche se fosse del tutto falso, la fiducia nelle istituzioni è fondamentale, quasi quanto la correttezza e l’efficienza stesse. Ma sono cose che il Consiglio Superiore della Magistratura non conosce. Non legge nemmeno il Dibattito, periodico pubblicato a Reggio Calabria il cui direttore è in attesa di giudizio con accuse che onestamente lasciano molto perplessi. Mi pare, in sostanza, che attraverso le intercettazioni selvagge ormai il giudizio si estenda pure al foro interno.

Insomma la Cassazione sostiene che si può dare del buffone a Berlusconi tranquillamente. Al contrario non si può criticare un magistrato, soprattutto in Calabria, nemmeno parlando con un amico a casa propria, perché una accusa di associazione mafiosa non te la leva nessuno e un pentito che dichiari che stai cospirando per uccidere un eroe del nostro tempo si può trovare ad ogni angolo di strada. Perché qualcuno non va a rileggere Beccarla e non scopre le realistiche considerazioni sui cosiddetti pentiti o collaboratori di giustizia? Perché si vuole ignorare che la legge sul pentimento sarebbe accettabile solo come legge straordinaria con una precisa scadenza? Quanti scandali devono succedere ancora perché qualcuno si accorga che tra il giudice e il pentito (o tra il poliziotto e il confidente) nasce un rapporto di dipendenza ed emerge una sorta di sindrome del consultatore di maghi? Quei maghi che ti rivelano tutti gli arcani e ti danno potenza, facendoti credere tutto quello che vogliono? Eppure in altri Stati, come mi racconta un mio compagno di giochi nell’infanzia, figlio di calabrese nata in America ed ora tenente di polizia a New York, c’è un ampia letteratura su questo argomento, che descrive i pericoli e impone precise procedure in materia di gestione di confidenti.

E il quarto potere, la stampa, come contribuisce alla trasparenza e alla corretta informazione? Non voglio esprimere alcun giudizio. Giornali e televisioni devono vivere e devono servirsi dei giornalisti che hanno, gente che sa scrivere ma che non può essere specialista in tutte le materie e all’italiana è più portata alla retorica moralistica che all’analisi, gente che non può omettere di scrivere la notizia nel momento in cui la ottiene da una sola delle parti processuali che se n’è interessata magari per due anni, scrivendo migliaia di pagine. Poi ieri sera alla trasmissione Anno Zero è prevalsa la filosofia machiavellica dell’italiano medio. Le intercettazioni hanno consentito di scoprire alcuni reati? Si, quindi sono utili. Va bene! E allora perché non cancelliamo tutte le norme del codice di procedura penale sulle garanzie, la legge sulla tutela dei dati personali che serve solo a consumare tonnellate di carta, il secondo comma dell’art. 15 della costituzione? Non vi sembra che se funzionasse il sistema di controllo interno, due funzionari dei monopoli non avrebbero potuto dare a cuor leggero un’autorizzazione che parrebbe palesamente illegittima.