Pin It
civetta vaso rid80Riportiamo la newsletter giunta in redazione da Nutrizion33 - Periodico settimanale d'informazione e scienza per tutti i nutrizionisti. La redazione di RadioCivetta




nutrizione33.it - In questo numero:
•    In arrivo il cellulare che legge il tasso alcolemico
•    Presto il pecorino che non alza il colesterolo
•    Ritorno a scuola con una dieta anti stress
•    Consigli per evitare l'intossicazione da funghi
•    Dall'Australia il super-ananas interamente naturale
•    Livelli di adiponectina e aumento di peso nelle donne
•    Ristoranti Usa: meno calorie senza rinunciare al gusto
•    La Dash riduce il rischio cardiovascolare a dieci anni
•    Bere acqua per ridurre l'apporto energetico
In primo piano

In arrivo il cellulare che legge il tasso alcolemico
Realizzato da due ricercatori italiani, un chirurgo e un ingegnere, il dispositivo utilizza un sistema di sensori in grado di verificare la quantità di alcol presente nell'alito e di comunicarlo
Presto anche il cellulare sarà in grado di dire se una persona ha bevuto troppo per mettersi al volante, grazie a un sistema brevettato da due ricercatori italiani che in questi giorni è in mostra all'Expo di Shanghai. A realizzarlo il chirurgo ferrarese Gianfranco Azzena e l'ingegnere padovano Antonio La Gatta, gli stessi che hanno realizzato il sistema Angel, che non fa partire l'auto se il guidatore ha un tasso alcolemico troppo alto. «Questo sistema in realtà è un'estensione di Angel - spiega Azzena, che sta volando in Cina per presentare i due dispositivi - utilizza lo stesso algoritmo applicato però al cellulare». Quello realizzato dai due ricercatori è un sistema di sensori in grado di verificare la quantità di alcol presente nell'alito e di comunicarlo: «Per il cellulare abbiamo realizzato un portachiavi che comunica tramite il Bluetooth - spiega La Gatta - ma il dispositivo è così piccolo che può essere inglobato nel telefonino. Oltre al sensore, che da solo non sarebbe sufficiente, c'è un algoritmo matematico che permette di ottenere un dato sicuro anche se varia la distanza da cui si effettua il test». Per il sistema Angel, che permette addirittura di distinguere se ad aver assunto troppo alcol è il guidatore o uno dei passeggeri, ci sono già diverse richieste: «Siamo in contatto con molte case automobilistiche italiane ed europee - conferma La Gatta - e grazie alla presenza a Shanghai si sono interessate anche aziende del resto del mondo».
Nutrizione & Territorio

Presto il pecorino che non alza il colesterolo
Si chiama Cladis, ha lo stesso sapore di quello originale ma, in più, è ricco di acido linoleico coniugato (Cla), un acido grasso polinsaturo che contribuisce a proteggere l'organismo dalle malattie cardiovascolari. E' il formaggio pecorino messo a punto dal team del professor Pierlorenzo Secchiari della Facoltà di Agraria dell'Università di Pisa. È stato ottenuto mediante latte di pecore nutrite con uno speciale mangime ricco di semi di lino estrusi - una fonte naturale di precursori di acido linoleico coniugato (Cla) - che gli stessi sperimentatori hanno già dimostrato portare alla produzione di un latte particolarmente ricco di Cla. Il nuovo formaggio sarà presto allo studio dei ricercatori del Policlinico di Abano Terme - Fondazione Leonardo che ne vogliono testare gli effetti protettivi. Denominato Cladis (The impact of dairy food rich in Cla: A Dietary Intervention Study in older women with the metabolic syndrome), il trial durerà trenta mesi e coinvolgerà una popolazione di 100 donne over 60 con sindrome metabolica. Questo tipo di pazienti potrebbe ottenere un doppio beneficio dal Cla: prevenzione di malattie cardiovascolari e di osteoporosi.Il pecorino Cladis, se inserito nell'ambito di una dieta equilibrata, potrebbe infatti non aumentare i livelli di colesterolo, contribuendo alla prevenzione di alcune delle principali patologie croniche debilitanti, come quelle cardiovascolari.


Ritorno a scuola con una dieta anti stress
Un'alimentazione corretta e sana, e perché no anche gustosa, per alleggerire lo stress da rientro - e ritorno sui banchi di scuola - di milioni di bambini e ragazzi italiani. Nessuna privazione necessaria secondo l'Osservatorio Adi-Nestlé sugli stili di vita, che ha stilato un vero e proprio vademecum destinato ai genitori e suddiviso in fasce di età per garantire il giusto apporto calorico ai ragazzi. Per chi frequenta la scuola materna o le elementari, si parte da una colazione a base di latte, cereali, frutta di stagione e una spremuta. A pranzo pasta al pesto, al pomodoro, o alle verdure oppure risotto di primo e, come seconda portata, cotoletta di petto di pollo - il  fritto ogni tanto è consentito - , mozzarella, pesce ai ferri. Come contorno, verdura a volontà, purché di stagione. Infine la frutta: pesche, albicocche, pere, mele. A cena minestrone estivo con crostini o pasta con melanzane, frittata o prosciutto cotto, insalata mista e frutta. Da sperimentare, in tutti i casi, cotture leggere - griglia o cartoccio - e non dimentichiamo l'olio d'oliva.

Per gli studenti delle scuole medie, invariato il menù fino al pranzo. A mezzogiorno, infatti, in tavola portate più ricche: tra i primi pasta al ragù, risotto alla parmigiana o pizza. Un secondo con torta salata formaggio e spinaci, arrosto di tacchino o di maiale o hamburger, patate al forno verdure gratinate. Per cena minestrone di verdure o risotto olio e parmigiano con una punta di sugo, bresaola o bistecca di pollo, tacchino o pesce azzurro, carote, patate o pomodori. Frutta sempre e obbligatoriamente di stagione.
Infine per i più grandi, tra i 14 e i 18 anni, mai far mancare una dieta ricca di ferro: largo, dunque, a carni magre, pesce, legumi, cereali integrali. Quindi l'ideale sono le insalate miste di pollo, pesce alla griglia o al cartoccio. Da non dimenticare le spremute ricche di vitamina C e un giusto apporto di calcio, considerato che quasi il 50% dello scheletro si forma proprio a quest'età. Quindi yogurt, latte e formaggi sono fondamentali da abbinare, rigorosamente, alla gratificazione delle papille gustative: cioccolato e dolci trasgressioni sono un'ottima soluzione allo stress!


Consigli per evitare l'intossicazione da funghi
Settembre è il mese in cui, favorite da un sottobosco dal microclima adatto, crescono le varietà di funghi più conosciute ed apprezzate sulla tavola degli italiani. Ma è anche il mese in cui cresce l'esercito di improvvisati cercatori che, affidandosi a manuali ricchi di immagini e a consigli di presunti esperti, si espongono al rischio di avvelenamento. Lo provano i dati del Centro antiveleni di Milano situato presso l'ospedale Niguarda: 4mila i casi di intossicazione rilevati tra il 2004 e il 2009, di cui 12 con esito infausto. Nello stesso periodo «si sono avuti 37 casi di insufficienza renale e 7 in cui è stato necessario eseguire un trapianto d'organo» dichiara Franca Davanzo, direttore del Cav milanese. Quello che spesso è ignoto ai golosi appassionati è che il pericolo non risiede solo nelle specie velenose o non commestibili, ma anche in quelle commestibili. «I funghi si comportano come spugne, assorbono le sostanze inquinanti dell'ambiente circostante e in determinate zone è bene non raccoglierli». In ogni caso, la raccomandazione è sempre la stessa: affidarsi all'esperienza dei centri micologici i cui servizi sono disponibili gratuitamente in molte Asl italiane. Dalle consulenze richieste al Cav di Milano, relative agli ultimi 5 anni, emerge che le intossicazioni si sono verificate per l'82% in ambiente domestico, cioè dopo il consumo in famiglia. I dati indicano che «il 63,2% delle intossicazioni ha brevi latenze, quindi riguarda funghi che hanno provocato sintomi entro le prime 6 ore dall'ingestione» precisa Davanzo «il 26,2% dei casi ha invece lunghe latenze, causato da funghi che hanno provocato sintomi a distanza superiore alle 6 ore dall'ingestione».


Dall'Australia il super-ananas interamente naturale

Già è insolito il nome con cui è stato battezzato dai suoi creatori: Giubileo. Non sono molti gli ananas che possono vantarsi di un appellativo di questo genere, ma non è questo che lo sta rendendo famoso in mezzo mondo. La caratteristica unica di questo frutto, selezionato in Australia da un gruppo di esperti, è quella di contenere una quantità di vitamina C doppia rispetto alle altre varietà tradizionali: 25 milligrammi di acido ascorbico per 100 millilitri di succo, poco meno delle arance, per capirci. Nessuno pensi a manipolazioni o arditi esperimenti genetici: Giubileo è Ogm-free ed è il risultato di studi che si protraggono da circa 15 anni. Il padre, infatti, è Garth Sanewski, ricercatore del Queensland department of innovation. «Per ottenere questo frutto - spiega - è stata utilizzata l'impollinazione incrociata tra due delle varianti migliori». Il commercio di ananas genera nell'economia del Queensland un fatturato annuo di 70 milioni di dollari. Il ministro delle Finanze, Tim Mulherin, ha affermato che il lancio di questa varietà segna l'inizio di un nuovo futuro per questo frutto, apprezzato da un pubblico sempre maggiore ma soprattutto da alimentaristi e dietologi, che ne esaltano le proprietà antiossidanti e antinfiammatorie.


Nutrizione & Patologia
Livelli di adiponectina e aumento di peso nelle donne
Non si sa molto del possibile ruolo che alcune proteine, come adiponectina e resistina, giocano nella regolazione del peso. La ricerca condotta da Marie-France Hivert, della divisione di Medicina generale del Massachusetts general hospital di Boston, ha considerato l'ipotesi che i livelli di adipochine, cioè tutte le molecole sintetizzate e secrete dal tessuto adiposo, possano essere un fattore predittivo dell'aumento ponderale nelle donne in buona salute. Attraverso la raccolta di campioni di sangue eseguita nel 1990, sono state studiate 2.047 donne, di cui 1.063 sane, mentre le restanti 984 avrebbero in seguito sviluppato diabete. In tutte le partecipanti sono stati misurati i livelli di resistina e adinopectina totale e a elevato peso molecolare. Nel gruppo delle donne senza diabete, il Bmi medio era di 26,3 /- 6,0 kg/m2 all'inizio dello studio e l'aumento ponderale è stato di 2,0 /- 6,1 kg nei quattro anni successivi. Nelle donne che invece negli anni successivi si sarebbero ammalate di diabete, il Bmi medio era di 30,1 /- 5,4 kg/m2 al basale, con un accumulo di chili in seguito di 2,4 /- 7,1. Nel campione femminile senza diabete, livelli più alti di adiponectina totale e a elevato peso molecolare all'inizio della ricerca erano associati a un aumento di peso maggiore dopo aggiustamento per età, indice di massa corporeo, attività fisica, dieta e altre covariabili: le donne nel quintile più alto di adiponectina totale sono aumentate di 3,18 kg, rispetto a quelle nel quintile inferiore, aumentate di 0,80 kg. Questa associazione non si è verificata nel gruppo di donne che in seguito avrebbe sviluppato diabete. I livelli di resistina non hanno invece mostrato alcun legame con l'aumento di peso nei due gruppi. I ricercatori concludono che livelli di adiponectina elevati aumentano la probabilità di accumulare chili in eccesso nelle donne sane, indipendentemente da altri fattori di rischio. Se quindi la funzionalità delle adipochine è elevata, il tessuto adiposo è "in salute" e quindi più predisposto ad accumulare grasso.

Obesity, 2010 Sep 2. [Epub ahead of  print]


Ristoranti Usa: meno calorie senza rinunciare al gusto
Il contenuto energetico degli alimenti, in particolare quando i pasti vengono consumati fuori casa, riveste ovviamente un ruolo fondamentale nella comparsa o meno di chili in eccesso. Tra gli attori di primo piano nella preparazione dei cibi e del loro contenuto calorico ci sono i cuochi, categoria professionale che raramente è stata oggetto di ricerche di carattere scientifico. Interessante allora questo studio, condotto da Julie Obbagy e collaboratori del dipartimento di Scienze nutrizionali dell'università statale della Pennsylvania, e pubblicato sulla rivista Obesity, basato sulle interviste rilasciate da 432 chef statunitensi, partecipanti a incontri finalizzati alla messa a punto di strategie per creare piatti a basso contenuto calorico da inserire nei menu dei ristoranti. Il 93% del campione, costituito nella maggior parte dei casi da professionisti con almeno vent'anni di esperienza nel settore culinario, ritiene che si possa ridurre del 10-15% il carico calorico dei piatti senza che i commensali se ne accorgano, intervenendo sui componenti piuttosto che diminuendo le porzioni. Le difficoltà nel raggiungere questo obiettivo, secondo gli intervistati, sono lo scarso interesse dei consumatori nei confronti di piatti con poche calorie (38%), le reali capacità di chi prepara i piatti (24%) e il costo elevato degli ingredienti (18%). Il 71% del campione sostiene che il sapore del cibo cucinato è il fattore che influenza maggiormente il successo del piatto servito. Nel complesso, la ricerca dimostra che portare in tavola alimenti con meno calorie è possibile; i cuochi, peraltro, vorrebbero una maggiore collaborazione con chi si occupa della salute pubblica per garantire che sia ampliata la disponibilità nei ristoranti di cibi meno calorici ma sempre invitanti.


Nutrizion33 -  nutrizione33.it - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Periodico settimanale d'informazione e scienza per tutti i nutrizionisti
16 settembre 2010 - Anno 5, Numero 15
http://www.nutrizione33.it/