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congresso-spagna-lagaresPubblichiamo la relazione del Professore Orlando Sculli di Fezzano presentata al congresso tenuto in Spagna  il 23 24 25 giugno 2010 dove il professore ha partecipato con un intervento di oltre 45 minuti. Il Professore Sculli ha deciso di condividere  la sua relazione scientifica con il pubblico di RadioCivetta. Lo ringraziamo per la gentile concessione del suo lavoro e lo pubblichiamo. Il professore Orlando Sculli, uno studioso e attento osservatore, si caratterizza per la sua riservatezza e semplicità. E' autore di numerose pubblicazioni tra cui "I palmenti di Ferruzzano. Archeologia del vino e testimonianze di cultura materiale in un territorio della Calabria meridionale" che ha suscitato un grande interesse nel mondo accademico. La redazione di RadioCivetta


I vitigni del Mediterraneo antico dell’Aspromonte

Dionigi d'Alicarnasso afferma che 17 generazioni prima della guerra di Troia una parte della popolazione pelasgica del Peloponneso, guidata Enotro, nipote di Pelasgo, emigrò verso l’occidente e giunse nell'attuale Calabria, dove, per via della scarsa presenza umana esistente, in parte eliminata, si radicò e si selezionarono da essa, mescolate alle etnie preesistenti dei popoli quali gli enotri, i siculi, gli itali:gli enotri avrebbero popolato l’attuale Calabria centro-settentrionale chiamata Enotria o terra del vino; i siculi e gli itali la parte centro-meridionale.

I siculi in seguito spinti dagli ausoni,popoli italici,trasmigrarono in Sicilia, a cui diedero il nome, ma restarono in piccola parte nell'area dell'attuale Locri, dove li ritrovarono i locresi opunzi od ozoli, provenienti dalla Grecia; di essi restano le tombe scavate nella roccia nel comune di Locri, Gerace e Portigliola.
Gli itali occupavano la parte più meridionale dell'attuale Calabria, chiamata Italia e tale termine poco alla volta risalì la penisola fino a raggiungere l'arco alpino con Ottaviano Augusto. Fra gli altri popoli che si formarono dai Pelasgi ci furono i morgeti, specializzati nella coltivazione della vite.
Stranamente la leggendaria fuga dal Peloponneso dei pelasgi all’inizio del diciassettesimo secolo a.c., coincise con l'invasione achea della penisola ellenica e l'arrivo di essi nell’antica Calabria può avere una valenza storica, per cui i primi popoli che coltivarono la vite in modo diffusa in Calabria furono alcune tribù provenienti dalla penisola del Peloponneso.
A partire dalla fine dell'ottavo secolo a.c. tutta la Calabria attuale fu colonizzata da calcidesi provenienti dall'isola di Eubea, che fondarono Reggio e dagli achei provenienti dall'area del golfo di Corinto, che fondarono Crotone, Sibari, Locri, Scillezio, Caulonia, Ipponion, Sibari.
Ben presto tale territorio, chiamata in seguito Megàle Ellàs (Magna Graecia) , assieme a parte della Lucania e della Puglia che si affacciava sul golfo di Taranto, si specializzò nella produzione di vino e parte di esso, quello proveniente da Sibari, raggiungeva tramite la città di Mileto, anche l'impero persiano.La riprova di questo lo abbiamo dai numerosissimi frammenti di urne vinarie, le Mgs, trovati su tutte le coste del Mediterraneo: dall'oriente all'occidente estremo, dalla Palestina al Tartesso.
Sibari divenne ricca e potente e fondò delle sottocolonie sul Tirreno e di esse Laos e Posidonia, chiamata in seguito Paestum, furono le più famose. Il vino principalmente le diede la ricchezza, ma anche il lusso e la corruzione, secondo gli altri greci maschilisti e sessofobici.
I mariti portavano ai festini le loro donne che indossavano vesti scandalosamente trasparenti, ma il radicalismo di Pitagora che aveva fondata la sua scuola a Crotone e che si era impadronito della sua guida politica portò guerra alla nobile Sibari che fu rasa al suolo e cancellata dalle acque del Crati deviato su di essa.


Fu l'inizio di guerre incessanti tra gli italioti, ossia i greci d'Italia, che era la Calabria di allora, che li avrebbero portati alla rovina totale.
Nel quinto secolo a.c. i tessali cercarono d'insediarsi nella fertile terra dei sibariti, portando con sé le viti aminee lanate (aminee significa non rosse, quindi bianche), fortemente pubescenti da cui derivarono probabilmente i vari tipi di guardavalle, di lacrima bianca, che hanno nelle loro foglie una pubescenza molto marcata.
I crotoniati massacrarono i tessali e di essi dei superstiti si rifugiarono nelle sottocolonie di Laos e Posidonia,nelle cui aree si riscontrano vitigni bianchi fortemente lanati, tra cui la coda di volpe.
Arrivarono i romani che dopo le guerre annibaliche, per punire le città greche dell'attuale Calabria e i bretti che avevano collaborato con Annibale, dichiararono ager publicus buona parte del territorio del Bruzio (la Calabria al tempo dei romani) e vi dedussero delle colonie, sia di diritto romano che latino.
Il radicamento dei romani è evidente dai resti di numerosissime ville rustiche (fattorie) che abbondavano sulla costa ionica e tirrenica di tutta la Calabria, prospere dal I al IV sec.d.c. ed ancora una volta il vino produsse ricchezza.
A titolo esemplare si fa cenno alla villa romana di Palazzi di Casignana, articolata su almeno dieci ettari e dotata di doppie terme e di ambienti per la sauna, intieramente mosaicati con marmi preziosi, in parte provenienti dall'oriente;in un mosaico appaiono dei grappoli alati tanto simili a quelli che ancora, sporadicamente sono presenti nei vigneti marginali.
Con i romani la viticoltura divenne più specializzata e servì l'esportazione verso molte parti dell'impero e mentre durante il periodo magnogreco il vino era veicolato dalle anfore MGS in periodo romano fu trasportato dalle Dressel, per il periodo repubblicano; i frammenti di esse sono presenti sulle coste di tutto il Mediterraneo.
L'impero romano funzionò come un'enorme miscelatore di popoli, dove gli usi, i costumi di ognuno avevano diritto di cittadinanza e naturalmente anche l'agricoltura di ogni posto dell'impero era arricchita dal contributo di altre aree.
I vigneti delle ville rustiche imperiali pertanto erano forniti delle varietà più famose di tutto l'impero e quindi anche nelle ville rustiche romane di tutta la Calabria di allora erano stati importati i vitigni più famosi dell'epoca.
All'inizio del V sec., nel 410 d.c., i visigoti di Alarico violarono e saccheggiarono Roma e poi proseguirono la loro corsa verso il sud, depredando, saccheggiando ed uccidendo. La loro corsa si fermò a Reggio che fu incendiata e poi cominciarono a risalire la penisola in senso contrario, ripercorrendo la via Annia-Popilia che gravitava sul Tirreno, mentre la costa ionica, dove ancora erano fiorentissime le ville rustiche, fu risparmiata.


Nel corso del V secolo le aree costiere della Calabria meridionale furono sottoposte a saccheggio da parte dei vandali che partivano dalle basi dell'Africa settentrionale e di questo abbiamo la riprova al Naniglio di Gioiosa Jonica dove la vasca vinaria della villa rustica romana risulta interrata e tra i detriti ci sono frammenti di ceramiche del periodo in questione.
Arrivarono in seguito gli ostrogoti e durante la loro dominazione le ville furono attive con la variante che i nuovi proprietari non erano più di stirpe latina ma continuarono a produrre vino ed esportare e ciò lo dimostrano le anfore vinarie Keay LII, prodotte a S.Lorenzo e a Pellaro nella Calabria meridionale, i cui resti sono stati rinvenuti sulle coste di tutto il Mediterraneo specie quello orientale, dove arrivavano dopo la conquista dell'Italia del sud da parte di Giustiniano.
In Italia numerosissime sono state rinvenute nell'area di Roma e fanno bella mostra di sé nella Cripta Balbi.
La produzione vinicola continuò nel periodo bizantino e lo dimostrano nell'area di Ferruzzano, Bruzzano, Caraffa, S.Agata, Casignana, le centinaia di palmenti scavati nella roccia, "firmati “talvolta con la croce potenziata bizantina, con la croce giustinianea o con quella armena. Spesso in alcune zone dei comuni sopra citati sono sopravvissute le aree centuriate fino ai giorni nostri servite da strade selciate fino a qualche decennio fa. Quale civiltà aveva organizzata la centuriazione, quella romana o quella bizantina? Probabilmente erano stati i bizantini a crearle al tempo di Eraclio l'Armeno, quando i longobardi invasero l'Italia e si stabilirono anche nella parte meridionale della penisola,dove fondarono il ducato di Benevento e vari principati tra cui quello di Salerno.
Essi occuparono per lunghi periodi la Calabria settentrionale dove fondarono alcuni castaldati e partendo da essi facevano incursioni verso sud. Per questo motivo furono costituite le centuriazioni stratiotiche, assegnate ai soldati, che facevano i contadini in tempo di pace, ma poi si trasformavano in soldati durante gli attacchi esterni che venivano da nord e dai longobardi.
Tale situazione perdurò fino al 1040 circa d.c., quando Guaimaro principe longobardo di Salerno fece arrivare sul suo territorio dei formidabili guerrieri normanni, i cui capi si sposarono con le principesse longobarde della Campania. La più famosa di esse fu Sichelgaita, indomabile valchiria, moglie di Roberto il Guiscardo, che precedeva il marito nelle battaglie. Mileto, nel vibonese, fu una delle capitali dei normanni e città molto amata dal conte Ruggero, tanto che vi si spense.
La Calabria del sud nel tardo antico continuò a produrre vino esportato con le Keay LXII specialmente in medio oriente ed in Africa settentrionale, dove ricorrentemente ne vengono ritrovati dei frammenti. Di riscontro sul territorio della Calabria meridionale vengono trovate le monete derivante dal commercio del vino probabilmente,coniate nelle zecche più importanti dell'impero: quella di Costantinopoli e quella di Antiochia, ma non mancano quelle coniate dalla zecca meno importante di Cartagine, che serviva buona parte dell'Africa settentrionale.
Il fenomeno dei palmenti, dalle innumerevoli fogge, rappresenta non solo il periodo bizantino, ma anche periodi più antichi a partire dal periodo protostorico e sicuramente da quello ellenico, in quanto nei pressi di alcuni di essi sono state rinvenute nel 1933 delle tombe greche ed il fondo di una MGS.
Comunque sia tra la fiumara di Bruzzano ed il Bonamico, alle spalle di resti di ville rustiche romane esiste forse la concentrazione più notevole di tutto il mondo di palmenti scavati nella roccia: circa 750 su un territorio di circa 40 km quadrati.
La guerra d'usura tra i persiani e i bizantini che si logorarono per decenni in lotte interminabili spalancò le porte alle armate islamiche dei califfi che nel 636 batterono l'esercito bizantino ,guidato dall'imperatore Eraclio l'Armeno sul fiume Yarmuk in Siria.
In pochi decenni gli arabi dilagarono verso occidente e verso oriente toccando nel 711 la massima espansione, raggiungendo i Pirenei ad ovest e Samarcanda ad est. Crollò la produzione del vino in Calabria, a cui mancarono i mercati dell'Africa settentrionale e del medio oriente islamizzati.Si continuò a produrre, ma quando gli arabi conquistarono la Sicilia, dove cancellarono la viticoltura, a partire dall'827, la produzione cessò sulla costa per via degli attacchi incessanti ed una viticoltura limitata si trasferì nelle aree interne lontane dal mare.
Le colline preaspromontane e quelle a ridosso delle Serre, da Caulonia a Vibo Valentia, ebbero la funzione di bacini di conservazione del germoplasma del Mediterraneo antico, specie quello riferito alle viti. Nei vigneti marginali dell'Aspromonte ed in quelli del Monte Poro nel vibonese, nelle vecchie vigne dell'area del Savuto, del lametino, ed in quella di Castrovillari e della presila crotonese, resistono disperatamente i vitigni del Mediterraneo antico in attesa che qualcuno e non le istituzioni calabresi corra a salvarli dall'estinzione.

Progetto di salvataggio
Ormai dal 2002, quando il prof.Scienza scoprì il territorio di Ferruzzano e Sculli, che senza un progetto preciso cercava di salvare i vitigni del suo villaggio d'origine, le cose in parte son cambiate. Infatti dagli spunti suggeriti dal Prof. di Milano si cercò di salvare in raccolte private il numero più alto possibile di vitigni del Mediterraneo antico presenti nelle numerosissime enclaves, specialmente preaspromontane.
Furono individuati centinaia, in circa 14 enclaves esplorate, ma restano da esplorare recuperando le marze le enclaves di Melito, Campo Calabro, Bagaladi, Cardeto, Staiti, Africo, Samo, Careri, S.Giovanni di Gerace, Mammola, Grotteria, Bruzzano, Ardore, Canolo, Portigliola, Siderno, Roccella, Stignano, Riace, Monasterace, Camini, Stilo, Pazzano, Placanica, Palizzi, ecc in provincia di Reggio, mentre risulta particolarmente ricca l'area del Monte Poro e tutte le alte colline che guardono lo Jonio in provincia di Vibo.Interessante è l’area del Savuto  e quella del Pollino in provincia di Cosenza, mentre in provincia di Catanzaro merita attenzione la zona attorno a Squillace e l’area di  Tiriolo; la  provincia di Crotone possiede la viticultura più specializzata della regione, ma pur’essa merita attenzione per la ricerca sui vitigni antichi. Si calcola che da tali aree si possono recuperare almeno 500 biotipi diversi tra loro in due annate ,a partire dalla prossima.
Finalità
Sarebbe  indispensabile tentare questa operazione in quanto nelle enclaves sopra indicate ed in altre delle restanti province calabresi, potrebbero sopravvivere le viti di tutto il Mediterraneo antico e del Medio Oriente.
Infatti ogni enclave è stata occupata da un popolo diverso in fuga di fronte all'avanzata islamica, prima araba e poi turca.
Addirittura abbiamo i cognomi che indicavano i cristiani in fuga dal mondo islamico mediorientale:Modafferi, gli intoccabili, ossia gli emarginati cristiani; i Cafari, ossia gli impuri, pur’essi cristiani; i Morabito, gli eremiti; i Talia, i guardiani, probabilmente di bestiame; i Cordì ossia i curdi.
Tutta questa gente in fuga portava con sé il germoplasma del proprio territorio,comprese le viti così importanti per la religione greco-ortodossa.
Nell'area preaspromontana della provincia di Reggio e da quella vibonese avremmo pertanto vitigni proventi dall'area che va dalla Persia e dal Caucaso fino alla Grecia occidentale. Sarebbe veramente un peccato non tentarne il salvataggio.

Necessità di spazi agricoli
Puntando soltanto al recupero di 200 biotipi di viti ci sarebbe la necessità di circa due ettari e mezzo di terreno (25.000 metri) in quanto bisognerebbe impiantare circa 50 esemplari per ogni biotipo, quanti sono indispensabili per una micro vinificazione. Nel caso poi che si volesse puntare a traguardi più ambiziosi ed arrivare al recupero di 600-700 vitigni, quanti si potrebbero reperire con facilità in tutta la Calabria, si avrebbe bisogno di spazi agricoli triplicati, ma questo non credo che rappresenti un problema per il signor Forte, che avrebbe per contratto ogni diritto sul Chèpos da costituire, sotto ogni punto di vista, salvo l'obbligo per contratto d'indicare vite per vite l'area di provenienza.

Costo totale per un ettaro di vigneto
Lo scasso del terreno, l'appianamento, con la successiva erpicatura di livellamento costerebbe all'incirca 4500 euro ad ettaro, il costo di 4000 viti innestate per un ettaro si aggirerebbe attorno a 6000 euro, mentre il completamento dell'impianto con palificazione di zinco, dotando ogni filare di tre fili, di cui due doppi, con stendi filo e sistemi di ancoraggio costerebbe 12.000 euro ad ettaro, comprensivo di manodopera;il costo di una recinzione adeguata si aggirerebbe sui 2500 euro. Pertanto il costo complessivo per ogni ettaro ssarebbe di circa 29.000 euro. A questo punto mancherebbero solo gli emolumenti e i rimborsi spese per coloro che ricercherebbero i vitigni sul territorio, ma su questo con facilità si troverebbe un accordo.
In aggiunta si evidenzia il fatto che per ogni vitigno trovato, ne verrebbe consegnato un tralcio ad un prof.di qualche prestigiosa università italiana, che provvederebbe a farne analizzare il D.N.A.,all'istituto di San Michele all'Adige.
Spero di non aver annoiato eccessivamente.

Distinti saluti,
Orlando Sculli.