Locri- Palazzo della Cultura- 26 marzo 2011

1regnodinapoli-400-pxSi è tenuto, con una incredibile affluenza di persone interessate all'argomento, il convegno “Il Bilancio di 150 anni: come il meridione divenne una colonia”, organizzato dall'Associazione Culturale di Gioiosa Jonica, “Due Sicilie Nicola Zitara”, dal Comune di Locri e dall’Associazione “Terronia” di Vibo.

La serata è stata un'ulteriore conferma di come interessi l'argomento, non solo ai meridionalisti convinti, giunti per l'occasione da tutte le province calabresi, o ai pochi ricercatori della verità storica, convinti che la si debba far conoscere a tutti, ormai stufi di sentire ciò che per anni è stato insegnato nelle scuole in relazione a come si è costituita questa famosa “unità d'Italia” che a quanto pare, ad  oggi ancora non esiste concretamente, ma anche ad un numeroso pubblico, specie di giovani, che ha riempito la Sala al Palazzo della Cultura di Locri, in una serata di sabato, desiderosi non solo di capire e conoscere, per poter cambiare le cose.

A dirigere e, fungere da moderatore ed anche ribattere, dato il suo ruolo di segretario coordinatore dell'associazione “Due Sicilie”, il prof. Vincenzo Naymo.

Relatori, oltre naturalmente la pof.ssa Antonia Capria Zitara, Presidente dell'Associazione Due Sicilie, altri due importanti meridionalisti: Carlo Beneduci, scrittore, docente e giornalista, nonché cognato dello storico Nicola Zitara e Francesco Tassone, magistrato, editore e giornalista, oltre all'assessore alla cultura Francesco Commisso ed il sindaco di Locri, Francesco Macrì.

nicola_zitara-giovane-insert"Perché ci portiamo dietro la cosiddetta ‘questione meridionale’"? Scrive Zitara- Perché né governi, né opposizioni, né riforme sono riusciti a venire a capo di un continuo deterioramento sociale, economico e culturale. Senza cogliere le origini della contraddizione storica insita nell'evento unitario, nessuna "cura" è possibile. Il Mezzogiorno è stato conquistato e "civilizzato" come colonia o, se vogliamo, semicolonia interna. Un inizio di capitalismo, persino precoce rispetto a quello del Nord, e lo sviluppo di un tessuto creditizio vengono nel Sud bloccati con la forza delle armi. Nel frattempo il mondo contadino si sfalda e passa dalla povertà alla miseria sotto lo sguardo di una nuova "borghesia agraria" faziosamente sostenitrice del processo unitario. Il Mezzogiorno è stato così utilizzato come riserva di forza lavoro, come luogo per speculazioni finanziarie e industriali devastanti…” .

I relatori presenti erano parte attiva nella vita dello storico. La prof.ssa Capria conobbe da giovane il prof. Zitara, frequentando lo stesso circolo Salvemini a Vibo Valentia, il “Movimento Meridionale” e s'innamorò dell’Uomo vero del Mezzogiorno, del progetto che portava in sé, che avrebbe voluto si espandesse, si divulgasse e che se ne  percepisse l’importanza. Lei fu l'unico amore, dopo che l'altro suo amore, quello per la politica attiva, lo aveva deluso.

zitara-150A quel tempo Zitara scriveva sul “Quaderni Calabresi”, emanazione del Circolo Culturale Gaetano Salvemini, rivista di risonanza nazionale, ma dopo “L’attesa dell’avvento”, nel 1968 e dopo “L’Unità d’Italia. Nascita di una colonia”, la sua opera più importante, qualcuno cercò di fermare il suo pensiero, impedendogli le pubblicazioni. Zitara continuò a pubblicare a sue spese: “casa editrice in proprio” e, sempre supportato dalla moglie, scrivendo senza mezzi termini e senza riguardo alcuno per i partiti sedicenti nazionali che definiva come “i mediatori della colonizzazione”. Una vera e propria dichiarazione di guerra contro gli “intrallazzisti padani”, responsabili di avere deliberatamente smantellato l’apparato industriale del Meridione e soffocato la borghesia degli affari che pure si stava formando nell’antico Regno del Sud. “Soffocare le nostre finanze a favore dello sviluppo delle regioni settentrionali è stato sempre il loro obbiettivo”.

Nicola Zitara incarna il senso del più alto meridionalismo degli ultimi cinquant’anni.  Ripercorrere il suo pensiero, attraverso i suoi collaboratori ed amici, è stato anche il miglior modo per “contro-celebrare” la falsa unità del Paese e ripetere con lui l’amara verità: esistono oggi due Italie, che coesistono e interagiscono in modo funzionale al potere centrale.

Carlo Beneduci, nel periodo vibonese dello storico, aveva il compito di battere a macchina gli articoli della rivista e di correggerne le bozze nella tipografia dei Fratelli Maellare a Chiaravalle Centrale. La lunga frequentazione gli consentì di conoscerlo bene. Zitara, leale ed umano, si era rifugiato nella scrittura, deluso dalla politica, pur avendo davanti una brillante carriera. Per Zitara, compito della politica era tradurre in pratica le idee, ma ben diversa era la volontà dei politici di risolvere la questione del Mezzogiorno.

“Tutta la sua opera ruota in difesa dei deboli- commenta Beneduci- ed i più deboli, oggi, sono proprio i giovani che, privi di difese istituzionali, scevri da pregiudizi, potrebbero comprenderne il pensiero e trarne le conseguenze sul piano dell’azione concreta, cambiando il mondo. Ad essi ha idealmente dedicato tutta la sua opera”

Zitara esamina scrupolosamente tutta la letteratura collegata alla questione meridionale, badando a sostenerla con un’analisi delle categorie economiche, per confermare il diseguale trattamento di partenza tra Nord e Sud e le drammatiche conseguenze. La portata di questa operazione culturale fa giustizia di tutti i pregiudizi inculcati nell’opinione pubblica e spesso radicati nel resto d'Italia nei nostri confronti in senso razzistico.

Un'analisi, quella di Zitara, che parte dalla consapevolezza che dal 1861 il meridione d'Italia, il regno borbonico era, all'interno degli stati preunitari quello che aveva meno debiti e maggiore ricchezza pubblica,e che ha acquisito, gradualmente i connotati di una colonia,una riserva di forza lavoro, operai per il nord e luogo per speculazioni finanziarie e industriali devastanti, con le  conseguenze che ritroviamo oggi.

Alla domanda, fondamentale per la verità storica: come e quando è decollato il sottosviluppo nel Mezzogiorno? Zitara risponde nella prima delle due parti in cui ha diviso la sua opera: Il decollo del sottosviluppo. La seconda parte, invece, è destinata a spiegarci le strutture del sottosviluppo.

Entrambe sono connesse, ma una distinzione va fatta: la prima parte punta a risalire alle origini storico-politiche della realtà che ci governa ed è utile a prendere coscienza di ciò che eravamo prima dell’Unità e di ciò che siamo oggi. La seconda parte analizza scientificamente le strutture socio-economiche e politiche e fotografa la realtà che stiamo vivendo, con i dovuti aggiornamenti. Importanti anche le conclusioni del libro che ancor più ci proiettano nell’oggi con il richiamo esplicito non solo alla divisione di classe tra Nord e Sud d’Italia, ma anche tra Nord e Sud del mondo.

nicola-zitara-giornalista-giornalista-insertNegli ultimi periodi della sua vita, lo storico era così demoralizzato che si rifugiava nella filosofia, ribadisce l’avv. Tassone, che con Zitara ha condiviso tante battaglie. “Il problema del meridione è aperto e vivo, siamo in una situazione d'emarginazione, ma possiamo ancora riprendere questo paese, se ci crediamo”.

La ricca e pesante eredità lasciata da Zitara deve essere di monito a tutti noi per cercare di utilizzarla al meglio e non solo disperderla in vuote celebrazioni da salotto. Tutti noi meridionali non dobbiamo rassegnarci ad essere dei “coloni”, dobbiamo riprenderci la nostra vera identità storica e culturale ed esserne orgogliosi. In tal senso, non essendo potuto intervenire, il dr. Antonio Pizzi, presidente dell’Associazione “Due Sicilie –Cardinale Ruffo”, nella sua lettera, letta dalla giornalista Lidia Zitara, figlia dello storico, invitava a non dimenticare chi eravamo.

Tra i presenti, l'attore e regista Gregorio Calabretta, meridionalista di Soverato, che ha puntualizzato il fatto che spesso e volentieri siamo noi stessi a rinnegare la vera storia. La sua opera teatrale su Garibaldi ha ricevuto i complimenti alla Bocconi di Milano, mentre, proposta all'Università di Rende (CS), non ne è stata permessa la rappresentazione.

Naturalmente entusiasta il sindaco di Locri, Macrì, che ha sempre promosso cicli di dibattiti e conferenze sul tema per avere una reale lettura della storia che ci accomuna, il quale, con un'umiltà ed una sincerità che ha dell'incredibile per un politico, ha ammesso che la colpa principale di questo stato di cose è proprio della politica passata ed anche attuale e che certo non è facile riuscire a trovare la soluzione per poter riemergere dallo stato in cui ci troviamo. Non è facile cambiare le cose quando c'è un governo centrale che non ci viene incontro.

Interessante l'intervento di Leo Autellitano, presidente del Ente Parco Aspromonte, riguardo l'emigrazione di massa, inarrestabile fino alla 2a guerra mondiale, considerata unica soluzione possibile, incentivata dai politici dell'epoca, ricordando la famosa frase di De Gasperi:”Imparate le lingue ed emigrate”. “E' un grande problema togliere dalla subalternità il mezzogiorno. Bisogna correre ai ripari, oggi il meridione è privo di tutto,non solo  della memoria, le risorse devono restare dove si producono” .

Tra gli interventi non è mancato quello di chi, come l'ing. Macrì non condivideva la linea descritta durante il convegno ed ha espresso i propri pensieri e dubbi sulle “Regie fonderie mongianesi” del Rapporto Pacifici.

Il mio dubbio, condividendo appieno il pensiero del sindaco Macrì,è quello che molti di noi non colgano nelle sue parole un esplicito invito a non attendere passivamente il salvataggio da parte della classe politica, ma partecipino attivamente, magari proprio con movimenti come questo, per rendere più vivibile il nostro territorio, poiché non dimentichiamo che è insito nella genetica di noi meridionali, non solo piangersi addosso ma esaltare sempre chi viene da lontano e disprezzare i propri conterranei.