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carro-400-pxUna ruota del carro di Massaro vincenzo cigolava ad un punto del suo giro mentre percorreva la strada brecciata che da Saccuti porta al bivio della vecchia statale 106. Era un carro trainato da due buoi e attaccata ad una asta dietro i buoi c’era una lanterna a petrolio che serviva per i viaggi di notte. Il carro consisteva in un asse con due grandi ruote in legno e pianale e di due sponde e avanti, dove sedeva il conducente, c’era altra tavola di traverso che fungeva da sedile per eventuali passeggeri. I due buoi che lo tiravano erano bianchi e mansueti. Ubbidivano ad ogni parola di comando di Massaro Vincenzo. . . .

acqua-di-mare-400pxErano le ore sette circa del mattino di metà luglio, mattinata limpidissima e senza vento, e il carro  che si dirigeva al mare era arrivato al Serro di Praì da dove il mare si poteva osservare in tutta la sua bellezza. Era la prima volta, almeno ricordo, che vedevo il mare così vicino e sono rimasto stupito. Da quel punto il mare scintillava con mille luci che si alternavano come i riflessi degli strass dei vestiti di una bella donna in una serata di gala. Era il sole a quell’ora che si rifletteva su quel tratto di mare calmissimo che dava un fenomeno di poesia nascosta e di luci saltellanti. Non ho mai più visto  il mare così. Il carro proseguiva lentamente col suo scroscio spostando ogni tanto un ciottolo di quel “breccio” che stava ai bordi della carreggiata e portava anche i miei pensieri e proponimenti. 

Vedevo pesciolini attaccarsi all’amo, vedevo come erano fatti  i velieri, quelle grosse navi da trasporto con una miriade di vele quadrate o  a punta da prora a poppa, attaccate ad alberi altissimi oltre che a quello maestro e bastimenti di ogni tipo.  La vista di quei velieri maestosi ti faceva sognare, ti portava in un mondo incantato di fate e di castelli.  Raramente si vedeva qualche vapore che lasciava una scia di fumo nero lunga parecchi chilometri. Vedevo ragazzi a frotta nuotare velocissimi sul mare piatto, ma non vedevo il mare forte con le sue onde gigantesche che a loro causa portarono Robinson Crusuè sull’isola sperduta. Il carro  nella sua lentezza portava pure il vettovagliamento e tutto l’occorrente per la nostra villeggiatura direttamente sulla spiaggia in una capanna appositamente costruita. Avevo sei anni.  (continua).

Ferruzzano, 11 aprile 2011.