La medicina e il giornalismo. L’aiuto ai deboli e l’amore per la verità


albaaferruzzanoAlba a FerruzzanoLe nostre scelte, il nostro modo di essere nascono da lontano. Dal nostro DNA e dall’ambiente in cui viviamo. Io sono nata a Ferruzzano nei primi anni cinquanta, negli anni della ricostruzione dell’Italia dopo le rovine della guerra. E sono cresciuta fino a 18 anni in quel ridente paesello arroccato su una collina da dove lo sguardo si perde a Sud nel celeste del mare Jonio, da dove all’alba si vede il sorgere del sole. A Ovest sul Monte Scapparrone pendice Sud orientale dell’Aspromonte dove il sole tramonta in un bagno d’oro. A Nord-Est una vista sui paesi della costa ionica fino a Punta Stilo dove vi fu la famosa battaglia il 9 luglio 1940  tra le navi della Royal Navy britannica e della Royal Australian Navi contro la Regia Marina italiana.

 

 

tramonto-300pxTramonto a Ferruzzano

Un paesino della Calabria. Che piano piano dagli anni sessanta in poi si è trasferito alla marina. Era ed è rimasto mondo ricco e povero nel contempo. Contraddittorio. Dove si percepiscono un’aria di mistero e di paura ma anche aneliti di libertà. Dove spesso le donne che portavano e portano addosso il peso di una famiglia con il loro equilibrio e sacrificio in silenzio facevano e fanno andare avanti un sistema governato apparentemente da uomini che godono invece sempre di libertà di azione  e di parola. Per questo e forse ancora per altro che non è venuto alla mia coscienza in me è scaturita la volontà di ribellarmi a quel sistema arcaico. Ingiusto. Dissociato. Osservavo donne offese anche solo per comportamenti omissivi e indifferenti. Addirittura della loro stessa cerchia familiare. Però poi guai se queste donne venivano offese da altri che non fossero della famiglia. Scattavano rituali ambigui per riportare le cose “al loro posto”. E chi ne pagava il fio erano le donne stesse, le più fiduciose e ingenue. Le più scaltre usavano mezzi contorti per avere il loro posto in società. E paradossalmente le più acerrime nemiche delle donne erano le donne stesse. Questo ai miei occhi di bambina, di adolescente di allora. Osservavo la grande forza delle donne e la loro grande debolezza nel contempo. Trascinavano il carro ma non avevano un posto adeguato secondo me nella società. Per averlo spesso facevano tacere i loro sentimenti. Tradivano loro stesse e i loro sogni.

ferr saccuti 200 jpegFerruzzano SaccutiSono cresciuta con una grande voglia di giustizia. Di equità per tutti. Per i deboli. Perché i forti si fanno giustizia da sé. Ho sempre avuto compassione, fin da piccolina, verso le persone bisognose. Le mie nonne, le mie zie e mia madre: grandi donne. Con un forte senso cristiano e giuste. I miei nonni i miei zii mio padre: grandi uomini. Il loro esempio di rettitudine e giustizia mi ha sempre guidato.
Un ambiente malato. Forse perché in Calabria manca una libertà di fondo. C’è paura perché lo Stato è patrigno. I calabresi non si sentono tutelati e ognuno fa da sé. Con la testa che hanno. Allo sbando.

Così ho deciso, una volta finito il liceo, era il 1970, sono emigrata. Ho deciso di partire e laurearmi in medicina a Roma. E di specializzarmi in pediatria e neonatologia. Per capire meglio me stessa e gli altri e apportare aiuto mi sono immersa negli studi psicoanalitici e nella Fede Cristiana.La conoscenza razionale delle psicodinamiche che si vengono a stabilire tra le persone e la conoscenza sentimentale mi aiutano a  vivere serenamente. Ad accettare gli eventi che arrivano e talvolta travolgono la Vita. Mi sono laureata a Roma alla Sapienza il 28 luglio 1976. Da qui è iniziata la mia vita…


Durante la specializzazione ho iniziato a lavorare in ospedale. Per trentadue anni di fila.  Fino all’anno scorso. 2010. Sono partita per l’estero con la cooperazione internazionale, gratuitamente e in villaggi poverissimi ho lavorato per migliorare per quello che posso le  condizioni di quelli che vi abitano.

Il giornalismo è stata l’espressione di un’altra mia vocazione. Come la medicina. Se non hai passione per la verità, se non hai amore per i deboli, non puoi fare sul serio né il Medico né il Giornalista. Per anni ho scritto per dei giornali. Ho frequentato master di comunicazione all’Università, ho maturato i requisiti e sono stata iscritta all’albo dei pubblicisti dell’ordine dei giornalisti di Roma. Ho creato tre testate giornalistiche: RadioCivetta che è Informazione sulla ricerca della Verità, della libertà, della giustizia, della cultura e della salute. “RadioCivetta” perché la civetta è il simbolo di Atena, la dea della Sapienza della morte e della resurrezione. Atena che si trasformava in uccello, la civetta, che vede  con i suoi grandi occhi nel buio. Metafora per dire che la verità si vede sempre. Anche al buio. Invece “J’Accuse… !” è un atto di accusa contro ogni forma di ingiustizia. Il nome della testata nasce dall’accusa presentata al presidente francese da Emile Zola dalle colonne del  giornale francese l’”Aurore” per l’arresto e la detenzione ingiusti di Alfred Dreyfuss, ufficiale d’origine ebraica, processato e condannato alla deportazione al penitenziario "la Cayenna" all'Isola del Diavolo al largo della costa francese sulla base di prove false. La battaglia giornalistica di Zola  intorno al caso fece scalpore, si riaprì il processo e Dreyfuss venne riconosciuto innocente. Zola non vide mai il successo delle sue campagne giornalistiche a favore della ricerca della verità sull’innocenza dell’Ufficiale ebreo. Morì qualche giorno prima della sentenza che riabilitò Dreyfuss.

Il giornalista può, se onesto e cultore della verità, rivelare il lato nascosto delle cose. Quest’anno ricorre il 150 anniversario dell’Unità d’Italia. Celebrato ogni due per tre. Ma si celebra qualcosa che non corrisponde affatto alla verità storica. Non vi fu Unità. Non vi è tutt’ora unità. Per il Sud, il Regno delle Due Sicilie spazzato via da quel pazzo di Garibaldi, pendaglio da forca alle dipendenze degli inglesi, fu un massacro. Il Regno delle Due Sicilie governato dai Borbone, era un’isola felice. Poche tasse, industrie fiorenti. Banche ricche, depositi d’oro. Ma francesi ignobili, i Savoia con la loro cricca, indebitati fino al midollo aggredirono e saccheggiarono il Sud. Con la mistificazione di un salvataggio della Terra del Sud ( da chè?) e un gemellaggio. La spedizione dei mille ( imbecilli o delinquenti) inviati in realtà a derubare e stuprare il Sud e le sue donne. Arricchire il Nord con oro rubato e soldi “prestati” a quel gregario di Garibaldi e mai restituiti. Bisognerebbe cancellare il nome di quei criminali dalle piazze e dalle vie intestate a loro, a Garibaldi, ai Savoia, ai Cialdini. Abbattere le statue che li raffigurano come si fece con quelle di Saddam Hussein in IRAK. Purtroppo per tanti, troppi è più facile e redditizio saltare sul carro dei vincitori e leggere la storia scritta da loro tinta di sangue innocente. I vinti si buttano nelle foibe o si azzerano con la calunnia.

Fare giornalismo descrivendo misfatti conduce inevitabilmente a subire ritorsioni. Aggressioni. Bisogna armarsi quindi di tanto coraggio e pazienza. Gli assalti sono in genere vigliaccamente anonimi con commenti ad alcuni articoli che danno fastidio. Perché illuminano lati oscuri di individui senza scrupoli e situazioni di complicità spesso con elementi delle istituzioni. I commenti inviati anonimamente a fronte di articoli d’inchiesta giungono purtroppo proprio dalla Calabria, dove ormai non essendoci più il rispetto della legge, imperversa lo sciacallaggio. Gli articoli che illustrano situazioni malsane scatenano un’ira furibonda perché i riflettori dell’informazione illuminano intrighi che devono consumarsi nell’ombra. La possibilità ad accedere ai commenti liberamente è stata tolta. Quando non si sanno usare con correttezza gli strumenti messi a disposizione gratuitamente e liberamente perché si possa uscire dal ghetto e manifestare le proprie idee costruttivamente, questi strumenti vengono tutelati. Chi vuole scrivere commenti e inviarli a “RadioCivetta” e “J’Accuse… !” si deve ora prima registrare. Niente più commenti anonimi. La Calabria è abitata ormai purtroppo da tanti fantasmi che non hanno voce e dai “signori dell’esproprio”. La Calabria è stata degradata per poterla svendere meglio. E’ una terra di conquista. Oggi come ieri le coste sono assaltate dai turchi nostrani e stranieri. Ci sono ovviamente tante belle Persone che sono riuscite a non farsi bendare gli occhi e la mente ma sono troppo poche ancora per potere ribaltare lo stato di ammorbamento del Sud.

romolo-e-teresina-1951-220-pxVoglio concludere questo mio raccontare in cenni la mia vita ringraziando i miei genitori, Romolo e Teresa, che mi hanno sempre sostenuta e permesso di realizzare i miei sogni. Anche se ogni tanto manifestavano le loro perplessità e non condividevano le mie scelte. Ma mi hanno lasciata libera di vivere la mia vita. I miei successi. I miei errori. Hanno sofferto dell’”abbandono” dei figli, partiti per Roma per studiare non essendoci all’epoca Università in Calabria. Hanno permesso loro,  mantenendoli in una grande città fino alla laurea, di avere una vita migliore. Sono rimasti soli ad aspettarli ad ogni ritorno. E io torno sempre. Per loro e solo per loro rimasti in una terra ormai inabitabile. Mio padre e mia madre sono il sole e la luna che hanno sempre illuminato di giorno e di notte la mia strada.

Roma 25 Giugno 2011      Ernesta Adele Marando