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" La Promessa del Padre" romanzo  scritto da una nostra giovane lettrice calabrese, Isabella Gabriella, che ce lo ha inviato chiedendoci se lo potevamo pubblicare.  Noi la accontentatiamo e con piacere lo  pubblichiamo, gratuitamente, come incentivo a che continui a scrivere. 
La redazione

 


 

PRIMO CAPITOLO

Andrea ascoltava il rumore del fiume come se fosse una musica di sottofondo al suo gran dolore, ricordava le parole del padre a memoria e avrebbe mantenuto la promessa a tutti i costi, anche a rischio di perdere la sua serenità.

Dopo dodici anni, le era venuto il rimorso di non aver fatto subito quelle che lui voleva che facesse una volta deceduto, era passata una vita da quando aveva pronunciato quelle parole.

Ritornare a casa era stata una delle decisioni più tormentate della sua esistenza, quello scrigno che reggeva in mano, si era rotto in mille pezzi, anche la lettera.

Ogni singola parola scritta su quel foglio bianco, aveva lo strano sapore del tradimento. Era stato ingiusto quel silenzio mantenuto da suo padre e nessuna verità poteva mai essere nascosta in fondo al cuore.

Andrea Clarissa aveva appena quindici anni quand’era successa la disgrazia, tutto era rimasto però impresso nella sua mente come un film vecchio di cent’anni visto e rivisto un milione di volte.

-I coniugi Adamo sono morti. –

-I coniugi Adamo sono morti. – Si era sparsa immediatamente la voce.

Quelle urla sembravano surreali e sentirle dall’uscio di casa per Andrea era stato un trauma.

-Dio mi aiuti. –

-Dio mi aiuti. – aveva saputo solo fare questa preghiera lei guardando il cielo, mentre lo scrigno cadendo a terra aveva provocato un rumore assordante.

Si era dondolata per tutto il pomeriggio su quella seggiola arrugginita e aveva pensato che fosse stato inutile tutto quell’amore che aveva provato per David.

Il fiume scorreva lentamente, seguendo il suo solito percorso, niente era cambiato da allora, Bettina abitava ancora alla villa accanto e Don Bernardo era sempre il parroco della chiesetta di S.Raffaele.

Avrebbe venduto il suo cuore per poter tornare indietro, la rigidità di suo padre sembrava nulla di fronte al dolore che provava adesso.

Doveva prendere assolutamente una decisione, le sue mani erano sudate a tal punto che doveva asciugarle ogni cinque minuti, i suoi occhi erano sperduti nella bellezza del panorama che mostrava tanto, la sua vita, però, era distrutta dalla verità.

-Sta bene? – Le aveva chiesto il solito tagliaerba tutto fare che da ormai trenta anni faceva servizio nella villa.

-Non ci abbandoni mai, e? – Aveva risposto lei accogliendo la mano che Alfredo le offriva.

Non avevano mai affrontato l’argomento, Alfredo nelle lettere che gli aveva spedito costantemente nell’Irlanda, era stato discreto e concreto.

-Preparami la mia ultima tazza di buon succo d’arancia calda. – aveva poi chiesto lei.

-Ce ne saranno tante altre spremute da preparare. – Alfredo aveva puntualizzato.

-Certo. –

Si era così concluso il discorso, sviando, come ogni volta, il vero problema che ad entrambi tormentava la vita.

Andrea aveva pensato seriamente al da farsi, non poteva più piangersi addosso in quel modo, suo padre magari non n' aveva colpa, ma lei sapeva e non poteva fingere che niente fosse mai accaduto.

Tra i pensieri di quell’oscura giornata, le venne davanti l’unione della famiglia, erano momenti che mai più avrebbe voluto cancellare.

Sua madre era stata una di quelle donne profondamente antiche (nel senso buono del termine), sempre dedita alla casa come primo suo principio. Era dolce nei movimenti, nei gesti e soprattutto nelle parole. Per tutto il tempo che aveva vissuto aveva fatto sì che in quella famiglia regnasse l’armonia e il rispetto, non esistevano discussioni troppo accese o chiacchiere troppo equivoche. Un ricordo ricorrente per lei era specialmente quel suo modo di preparare il bucato. Il più delle volte i suoi abiti minuscoli e puliti, li riponeva nei cassetti in ordine di colore in modo che Andrea potesse gioire guardando quelle sfumature perfette. Lei, in realtà, dava l’idea di una regina che regnava quella villa con armonia consolante. I suoi capelli biondi (tinti), la ringiovanivano di parecchi anni e le rughe nascoste tra la sua bellezza indiscutibile, formavano dei tagli sul viso perfetti per la sua fisionomia delicata.

Era suo padre che incuteva timore, Gregorio Adamo era incorruttibile. Nella sua concezione di vita, pretendeva rispetto e puntualità e poiché i suoi soldi non glieli aveva mai regalati nessuno ma erano stati frutto del suo sudato lavoro, lui perseverava nella fatica e nell’elogio dei beni posseduti. A quei tempi poteva permettersi la servitù e quando si trovavano a pranzare o cenare insieme, nessuno doveva alzarsi dalla tavola prima di aver finito e se ciò accadeva(per un qualsiasi motivo a lui sconosciuto), impartiva delle punizioni severe per far capire che la prossima volta non doveva più capitare.

Era stata un’educazione rigida la sua, ma pensandoci ora era proprio servita a farla diventare una donna sicura dei suoi valori. Escludendo, però, tutte queste formalità, ricordava con gioia le conversazioni con suo padre in giardino. Lui la prendeva in spalla e facendo il giro del recinto, fantasticavano sulle stelle e sulla loro vera provenienza. Lui le spiegava che era la terra a ruotare intorno al sole e Andrea si meravigliava come una palla così grande poteva mai girare forte.

-Ecco perché a volte mi gira la testa. – diceva poi come se fosse una nuova scoperta.

Suo padre la guardava emozionata e in quei momenti diventava una persona umile e tenera, peccato che durava poco. Sotto le feste di Natale c’era un gran da fare in casa, la vigilia la trascorrevano nella villa con i parenti e gli amici più intimi. Marianna ci teneva ad essere sfarzosa sul menù e ogni portata esibiva una specialità che nessuno aveva mai mangiato prima. Nel bel mezzo della cena, affascinava i suoi commensali con delle poesie scritte di suo pugno, arrossiva ogni volta, ma era più forte della sua tremarella dire ciò che aveva nel cuore. Riconoscere l’amore che suo padre aveva per l’arte, la consolava da mille pensieri. Lui nel suo studio aveva appeso diversi dipinti tutti di pittori svariati, così, diceva poteva assaporarne i diversi concetti che essi esprimevano. Gregorio si annoiava a fare sempre le stesse cose, lui amava viaggiare per il mondo alla scoperta di posti diversi. Una volta li aveva portati in Irlanda da suo fratello Alfonso e la cognata Letizia. Andrea aveva avuto sì e non sei anni, ma ricordava alla perfezione l’atmosfera di quella casa. Durante il viaggio in treno, suo padre gli aveva spiegato qualche nozione di geografia, voleva che sua figlia capisse il senso della conoscenza e non l’ignoranza assoluta come tanti facevano.

-Allora, il principale fiume dell’Irlanda è lo shannon che lungo il suo percorso origina numerosi laghi. – parlava guardandola fissa negli occhi in modo che lei percepisse bene quella spiegazione.

-La loro lingua ufficiale è l’Irlandese, anche se va sostituendosi all’inglese. –

Marianna sorrideva sotto i baffi, per così dire, quella donna era come devota a suo marito. In quel viaggio Andrea aveva conosciuto per la prima volta i suoi cugini, David e Patrizio. Patrizio era due anni più piccolo di lei, David, invece, quattro anni più grande. Era stato un capodanno indimenticabile quello, Andrea era rimasta sempre sveglia fino a tardi e per tutto quel tempo, aveva danzato e cantato come una matta.

Gli zii anche loro tenevano molto a presentare un’illustre mobilia e del cibo gradevole, le loro tavolate occupavano tutto il salotto. In effetti, in quella festività Gregorio aveva insistito tanto nel trascorrerlo lì, Marianna, però, non era stata bene e non se la sentiva di affrontare un lungo viaggio, ma come sempre, per il bene della quiete familiare, aveva ceduto al suo tanto ardito volere.

Attraverso questi viaggi, Andrea aveva acquistato una certa padronanza dell’Europa, dei suoi usi e costumi. In Irlanda aveva imparato ad amare la musica ottocentesca di J.Field che aveva avuto molta influenza in quel periodo su Chopin.

Non era più tornata in quel posto e solo nove anni dopo n'era stata costretta, forse, per volontà di Dio o per meglio dispetto del diavolo. Crescendo Andrea aveva reso ostile il suo rapporto con il padre, era nata un'incomprensione mai detta, entrambi dipendevano l’uno dall’altro, ma per orgoglio avevano mantenuto le distanze. Quell’amore viscerale messo un pò da parte, li aveva condotti su una strada sbagliata, Gregorio avrebbe voluto tanto confidarle il suo segreto per togliersi il peso grande che aveva sul cuore e Andrea desiderava tanto ascoltarlo.

-Tu non sai che cosa voglia dire essere adulti e ti prometto che quando crescerai ti spiegherò cosa intendevo. – diceva lui nei soliti momenti di debolezza.

Lei per rabbia gli sbatteva la porta in faccia e sfasciava, senza controllarsi, tutte le porcellane che lui gli aveva regalato. Gregorio da fuori ascoltava il rumore dei frantumi e si schiaffeggiava il viso per quell’errore che aveva commesso. Il giorno dopo tutto tornava come prima, la casa regnava di nuovo d'amore e armonia, come se niente fosse mai accaduto. Quella promessa, però, restava nella mente d'Andrea, lei era preoccupata per il padre, quei suoi umori troppo variabili dovevano pur dipendere da qualcosa.

-Cosa vuol farmi sapere che non so? – chiedeva nei momenti di disperazione a sua madre.

-Vaneggia. – lo giustificava lei facendole capire che non doveva essere nulla d'importante.

La ragazza annuiva e per non creare ulteriori incomprensioni, abbassava il capo e andava via.

Al quattordicesimo compleanno Marianna le aveva organizzato una bellissima festa a sorpresa e Gregorio le aveva fatto trovare in giardino una bellissima bicicletta nuova infiocchettata con un soffice nastro rosa. Andrea non sapeva ancora pedalare e se ne vergognava.

-Sembra che lo fai apposta. – Gli aveva detto a suo padre scartando il regalo.

Il giorno dopo aveva tentato disperatamente di andare su quella bicicletta, ma aveva solo rovinato il prato che con cura Alfredo aveva appena falciato.

Per quale motivo aveva dovuto aprire lo scrigno, si era domandata in continuazione, suo padre era stato ingiusto con la famiglia, con sua madre. Si erano amati tanto i suoi genitori e allora cosa era successo?

In estate Gregorio affittava una villetta al mare, per due mesi staccava tutti i contatti con il lavoro e non voleva nessuna distrazione che poteva allontanarlo da quel totale relax. I suoi abiti rigorosi ed eleganti, come il completo grigio e cravatta in tinta alla camicia di seta, li poneva ordinatamente nel suo grande armadio nella casa in città e al mare si armava di pantaloncini e camicie coloratissime. Tra l’ebbrezza del mare, i suoi capelli si scompigliavano completamente lasciandogli sulla testa una specie di luna. Andrea era felice in quei momenti e quando lo vedeva sfoggiare quegli occhiali da sole Reyban, pensava che avesse il papà più bello del mondo. Il più delle volte uscivano tutti e tre a fare delle passeggiate lunghissime e tra le numerose stradine che offriva quella località estiva, loro preferivano deviare sulla spiaggia per camminare a piedi nudi sulla sabbia bianca come la farina. In quei periodi caldi Andrea poteva anche saltare i pasti senza avere nessuna punizione e poteva confidare a suo padre i pensieri più nascosti.

Conservava della sua infanzia molti ricordi, alcuni limpidi, altri talmente sbiaditi che ne riconosceva appena l’ombra.

Una volta un fattorino in piena notte, aveva recapitato un biglietto per Gregorio e gli aveva ripetuto l’urgenza del messaggio. Lui in quella stessa notte aveva preparato le valigie ed era partito in fretta. Aveva dato un bacio veloce a Marianna e raccomandato ad Andrea di non entrare mai nel suo studio. Due giorni dopo lo zio Alfonso aveva telefonato avvertendo delle cattive condizioni da salute in cui si trovava Gregorio e del suo spiacevole ritardo nel ritornare a casa. Da quella notte Marianna e Andrea avevano rivisto Gregorio dopo un mese e per paura di una sua reazione, non avevano fatto domande indiscrete. Quell’argomento non si era aperto mai più, neanche il perché lui si era trovato in Irlanda.

-Gradisce un’altra tazza di spremuta? – aveva chiesto Alfredo distogliendola da quei ricordi troppo profondi e poco piacevoli.

-Mi sento improvvisamente invecchiata. –si era sfogata Andrea dondolando ancora su quella seggiola.

-Li ha venti anni, no? – l’aveva consolata il taglia erba.

-Ti ringrazio, ma ventisette anni li dimostro pienamente. – aveva parlato come se fosse davvero una vecchia.

Alfredo aveva notato un suo leggero tremolio e rientrando in casa, aveva preso dal cassetto il vecchio plaid a quadri rossi e blu che usava sua madre e glielo aveva riposto sulle ginocchia.

-Questo lo aveva fatto la nonna per il corredo di mamma, lo sa? – aveva ancora ricordato riferendosi al plaid.

-E’ antico si vede. –

Andrea aveva pianto, aveva pianto veramente. Oscillava tra attimi di sana lucidità e altri, invece, di totale sconforto, non sapeva più come uscire da quest'orribile dramma.

-Vuole che raccolgo i pezzi dello scrigno? – si era preoccupato Alfredo vedendo che lei non aveva ancora mosso dito.

-Quelli li porto con me. – aveva solo risposto.

Le ville accanto erano ancora abitate dai soliti professionisti, notai, dottori, però intorno regnava un gran silenzio, nessun bambino correva per il cortile come lei faceva da piccola o nessun padre comprava a sua figlia una bellissima bicicletta rosa. Sembrava che la sua infanzia si fosse racchiusa in una gran goccia d’acqua, era come se Dio avesse riservato solo per lei quella felicità assoluta. Quanti padri avevano sempre promesso e non avevano mai mantenuto? Per quale motivo Gregorio era arrivato a quel punto? Gli aveva detto e giurato che appena avesse raggiunto l’età adulta per capire, l’avrebbe resa partecipe della sua gran solitudine e dei suoi continui sbalzi d’umore.

-Tu non ti aprirai mai con me. – lo rimproverava sempre lei, credendo che vaneggiasse veramente.

-Metta un pò di musica ad alto volume. – aveva chiesto Andrea ad Alfredo facendogli intendere che, forse, un pò di gente finalmente sarebbe uscita fuori per protestare.

Aveva suonato per qualche ora il solito vecchio disco di J.Field, ma nessuno era uscito da quelle porte chiuse, i vicini erano tutti in casa sì, perché le macchine erano tutte parcheggiate in fondo ai viali, ma un solo individuo non aveva osato affacciarsi dall’uscio.

-Meglio così. – aveva borbottato lei.

Alfredo non aveva replicato, si era congedato dalla signora ed era ritornato al suo lavoro. Il vento cominciava a soffiare più forte ma quella veranda era troppo calda e carica di energia per poterla abbandonare. Era come incollata a quella seggiola, forse, neanche il buio profondo l’avrebbe fatta spostare da lì. Non era rimasto più nessuno con cui poter parlare, solo il fiume, che affacciando dalla vallata lei vedeva, sembrava rimanere immobile al suo posto, proprio come lei.

-Alfredo, Alfredo...- aveva chiamato invano il suo interlocutore. Aveva bisogno di una protezione per le mani, le sentiva ora gelide e screpolate. Non riuscendo ancora muoversi, le aveva riposte tra le sue gambe cercando in qualche modo di riscaldarle.

-David, David...- aveva chiamato poi, sapendo che mai nessuno avrebbe potuto rispondere.

SECONDO CAPITOLO

-I coniugi Adamo sono morti. –

-I coniugi Adamo sono morti. –

Andrea aveva ascoltato quelle parole gridate da Bettina come qualcosa di surreale, che non se ne capisce bene il significato. Sembravano divertenti quelle urla, doveva essere uno scherzo o chissà che cosa. Le girava tutto intorno, la collezione di suo padre era bellissima vista con quegli occhi smarriti.

-Ti vuole al suo canto.... – aveva cercato di scuoterla Alfredo sapendo che Gregorio ancora respirava.

Lei aveva corso così forte che quasi il cuore le era arrivato in gola, era vero, Gregorio ancora respirava. Poteva parlare, a stento, ma ancora comprensibile. Quella scena era impressa nella sua mente come quei quadri della villa, sembrava un’immagine astratta, ma quasi comunicativa. Il sangue faceva trasformare il dipinto in un dramma, Andrea n'era rimasta completamente sconvolta. Si diceva che erano stati coinvolti ingiustamente in una sparatoria, una di quelle vicende dove si regolano i conti in questo modo. Dalla disperazione la ragazza aveva immaginato che suo padre doveva aver avuto tra le mani qualche affare mafioso, forse, per questo, a volte, era stato evasivo e riservato. Era arrivata a quelle conclusioni amaramente, ma sua madre? Povera donna, coinvolta, così, senza una colpa.

-Papà, papà... – gli aveva urlato vedendo i suoi occhi ancora aperti.

Lui l’aveva fissata con lo stesso sguardo smarrito di lei, riusciva malapena a parlare, ma non si era fermato. A voce bassa gli aveva balbettato d'alcune cose importanti che doveva fare, gli aveva spiegato che la sua eredità era al sicuro(aveva redatto testamento da poco)e che poteva parlare con un certo Giorgio Capolongo, lui sapeva cosa fare.

-Me lo dirai tu cosa fare, me lo dirai tu... – singhiozzava Andrea incredula ancora di vedere suo padre in fin di vita. Gregorio prima di fare il suo ultimo sospiro, l’aveva supplicata di aver fiducia e gli aveva detto il suo volere più importante. Doveva andare in fretta nel suo studio e aprire lo scrigno di cristallo che lui custodiva gelosamente dietro la montagna di libri del grande Giacomo Leopardi, a destra della scrivania.

–Leggi la lettera che c’è dentro e prendi con cautela tutto ciò che c’è scritto. –

A quel punto aveva sospirato davvero e la sua speranza era caduta improvvisamente con la folle illusione che si era fatta di vederlo ancora in piedi.

A quella scena orribile era seguito un suo cedimento e un immediato ricovero alla clinica del buon cuore. Tutto il viale Napoleone era affollato di gente d'ogni tipo, non c’era un solo cristiano che non aveva assistito alla scena. Era strano per lei poter descrivere quel momento, ogni singola sensazione sapeva di contorto, accettare quella realtà era stato come rinunciare ad una parte del suo mondo. Per un breve periodo Andrea aveva voluto vivere nella casa natia, non se l’era sentita di abbandonare l’odore dei ricordi della sua famiglia che l’ossessionava e anche se lo negava a se stessa, era caduta in quell'anno in un totale sconforto.

Solo dopo la morte della vecchia zia novantenne, era stata costretta, ma non per suo volere, a partire per l’Irlanda. Nella sua mente però, aveva raccolto ogni momento felice vissuto nella casa e lo aveva chiuso ben custodito nel suo cuore; Anche Alfredo era una colonna importante per lei e gli aveva fatto promettere di mantenere i contatti, sempre e ovunque.

Lui aveva acconsentito commosso, ma aveva mantenuto un atteggiamento decoroso e poco drammatico per non creare altri scompigli. Andrea era partita senza rimpianti, credere in Dio era stata la sua unica forza. Aveva ricordato senza sforzo il fiume Shannon e la memoria era ancora sua amica, almeno lei.

Era stata una sensazione bellissima rivivere gli insegnamenti di suo padre, le aveva sollevato molto il morale.

Voleva molto bene ai suoi zii e cugini, ma, in realtà, non aveva mai vissuto veramente con loro, tranne quel fatidico capodanno di nove anni addietro, poi il loro contatto era sempre stato telefonico e nient’altro. Patrizio era stato quello che si era rivelato per primo, lui era stato sempre gioioso e coinvolgente, era in qualche modo la continuazione di ciò che lei avrebbe dovuto essere ma che ormai non era più.

Adorava il suo entusiasmo, i suoi giochi, le sue effusioni spudorate e in fin dei conti lo poteva definire come la sua medicina contro i malumori e le malinconie. Il primo anno di convivenza lo aveva vissuto alternando un po’ la sua posizione, infatti, l’aveva chiamato quello "il suo periodo di riflessione". Stava incominciando a conoscere le singole persone per quello che erano veramente e stabilire la loro identità non era facile. Zia Letizia era stata disponibile, ma non compensava per niente ciò che le mancava, una madre. I suoi atteggiamenti si confondevano nella mischia e davano l’idea di non voler uscire allo scoperto. Così Andrea si era chiusa per un po’ in un silenzio inequivocabile, preferiva non parlare della disgrazia, era meglio in quel modo. Una cosa certa era che suo cugino Patrizio era entrato profondamente nel suo animo, con lui faceva delle cose divertenti e spensierate. Una volta lui l’aveva istigata a provare a pedalare la sua vecchia bicicletta e quello era stato uno dei gesti più belli che aveva fatto perché aveva dimostrato una certa sensibilità per i suoi affari privati. In un certo senso Andrea in quell’occasione era riuscita a parlare di suo padre e in qualche modo si era liberata di quel nodo che aveva sempre in gola, come un nocciolo che non riusciva ad andare mai giù.

-Papà mi regalava sempre delle biciclette. – aveva teneramente accennato facendo notare una felicità mai espressa.

-Ora pedali. – le aveva detto, però, lui interrompendo quel pianto che da lì a poco si sarebbe trasformato in un fiume di lacrime. Andrea, forse, si era terrorizzata di quel suo assoluto comando, tanto che quella mattina aveva pedalato veramente.

-Papà pedalo, papà….- aveva gridato trovandosi da sola in una stradina isolata e aveva finalmente sfogato quel pianto che dal suo arrivo in Irlanda aveva trattenuto a stento. Quel suo atteggiamento chiuso, però, aveva provocato qualcosa che lei stessa non capiva, era stata fraintesa o che altro?

Più di una volta, infatti, aveva dovuto assistere a feste e festini senza che la sua volontà glielo aveva permesso. Andrea era rammaricata di quel loro modo di sfogarsi e in un certo senso l’aveva accolto come un gesto di poco rispetto nei suoi confronti. Nemmeno lo zio Alfonso, che dava l’idea di una persona perbene e rispettosa, si era reso conto del male che avrebbe potuto arrecarle quel comportamento allegro e poco significativo, ma del resto era grandi e vaccinati e il loro volere era superiore alla sua modesta volontà. Lei era felice, quando finalmente veniva sera e poteva ritirarsi nella sua camera, lì sfogava dei pianti liberatori e sinceri e pregava per i suoi zii chiedendo perdono per il loro comportamento menefreghista.

-Sono anime perse. – gridava ai suoi defunti che sicuramente avevano visto già tutto.

Si accovacciava poi sul suo lettone a due piazze e si asciugava le sue lacrime con il fazzoletto bianco che sua madre le aveva regalato il giorno della comunione. Quella mobilia di legno marrone, le incuteva un senso di solitudine, non c’era un quadro appeso e neanche un libro da leggere. Sicuramente non aveva mai vissuto nessuno in quella stanza e quell’odore ancora forte di chiuso, le dava la conferma.

Le sue giornate continuavano a trascorrere lentamente, senza un vero significato, era diventato un continuo trovare le parole adatte e non sempre era facile andare nella direzione giusta. Il primo anno era stato come aprire gli occhi per la prima volta, bisognava decidere cosa fare della propria vita, la scuola da frequentare, i posti da conoscere, le strade da percorrere. Aveva fatto un giro di cognizione per il sud dell’Irlanda ed era arrivata nel centro della capitale per vedere che aria si respirava. La scuola in realtà l’aveva scelta zia Letizia, lei s'imponeva in questo senso e nessuno poteva mai contraddire le sue decisioni.

Ogni mattina Andrea e Patrizio si svegliavano di buon ora per essere puntuali con gli orari del tram e in qualche modo era come patire quell’ambiente freddo e umido. Lei seduta in quell’ultimo posto affollato, guardava fuori dal finestrino come per memorizzare ogni singolo albero, bar, marciapiede. Era suo padre che gli aveva inculcato questo modo di fare, lui gli aveva sempre spiegato che imparare non era mai abbastanza, mai, anche da adulto. Quella mezz’ora di tram per Andrea era totalmente rilassante, Patrizio in piedi, le faceva cenno da lontano appena si avvicinava la loro fermata. Una volta l’aveva portata ad insaputa di tutti, a Limerich, nel capoluogo della contea, che vantava d'essere la terza città del paese per il numero degli abitanti. Per lei visitare un posto nuovo era come riprendere la memoria del padre, un uomo pieno di dignità e rispetto. Lì aveva visitato la St Mary Cathedral, la cattedrale protestante, un edificio antichissimo eretto nel 1172 da Donal Mor O’Brien e il King John’s Castle, un edificio costruito per difendere la ricca regione dello Shannon. Patrizio era come un angelo per lei, la sua bontà era tangibile, i suoi occhi sinceri, cosa avrebbe mai fatto senza di lui?

C’era davvero un solco tra lui e David, era come se fossero cresciuti in due famiglie diverse, ognuno aveva una sua personalità e un carattere ben definito.

-Tu sei il migliore. – gli diceva sempre lei. –il fratello che ho sempre desiderato. –

Patrizio riempiva tutte le sue giornate Irlandesi e Andrea non si era legata più a nessuno. Parlavano sempre del più e del meno, quel ragazzino mingherlino sapeva un sacco di cose, come suo padre. Portava sempre al collo la medaglia miracolosa regalatagli da un vecchio zio italiano. Raccontava che quella medaglia aveva le sue origini dall’apparizione della Madonna nella cappella della rue du bac a Parigi, nel 1830. Quell’anno la vergine era apparsa a suor Caterina Laboure e le aveva affidato una missione. Patrizio recitava a memoria quella frase storica: -Fa coniare una medaglia su questo modello, le persone che la porteranno riceveranno grandi grazie. Le grazie saranno abbondanti per coloro che avranno fiducia. – Finito il suo versetto poi, assumeva uno sguardo serio e terminava: -per questo ho tante risorse. –

Andrea si divertiva ad ascoltare le sue infinite storielle, aveva davvero risorse da tutte le parti. Colpire Andrea non era facile, lei aveva davvero paura dei sentimenti forti, di quei legami apparentemente resistenti ma facili da spezzare.

Affezionarsi a Patrizio era come credere in cose non vere, quell’amore fraterno che provava per lui si sarebbe dissolto prima o poi nel nulla. Erano i pensieri che la tormentavano, ma nonostante la sua poca lucidità, Andrea aveva per forza legato con suo cugino, anzi, la loro parentela era servita a collegare quella voglia di entrambi di trovare un amico sincero.

Con il passar degli anni quella casa era diventata per lei un vero rifugio che Andrea amava e odiava nello stesso tempo. Era quasi come se tutta la sua vita si fosse concentrata in quel focolare familiare e più niente poteva interessarle. A volte si era lasciata andare alla vita mondana che conduceva sua zia Letizia, quest’ultima frequentava i posti più ambiti dell’Irlanda. Il venerdì accompagnata da suo marito, andava a ballare fino a tarda sera, a volte, fregandosene di chi lasciava a casa o persino non tenendo conto del funerale dei suoi parenti. Era fatta così lei, buona e cara ma guai a toccarle i suoi impegni mondani.

Andrea il più delle volte si trovava a disagio e per non offendere nessuno, aveva comunque partecipato alla baldoria nascondendo in cuor suo lo sdegno di quella famosa spudoratezza che lei osava nei suoi confronti. Era impossibile non ragionare che lo zio Alfonso era il fratello di suo padre, sangue dello stesso sangue, eppure, la freddezza che lui mostrava per la tragedia accaduta era troppo evidente. In tutto l’anno che aveva vissuto in quella casa, non ricordava un solo momento in cui qualcuno di loro l’aveva veramente consolata. Tutte le sere piangeva a singhiozzi e nessuno mai aveva osato bussare a quella porta per chiederle come stava e anche la mattina quando si sedeva a tavola per fare colazione con gli occhi gonfi e rossi, nessuno alzava il dito per farle una carezza. In quei giorni erano stati davvero l’una di fronte all’altro senza mai guardarsi negli occhi, Patrizio parlava, parlava e nessuno, in realtà, lo ascoltava. David era come suo solito assente, a volte, tornava la mattina ancora sbronzo e filava dritto a letto restando in catalessi fino il mattino dopo. Apparentemente era una famiglia unita da saldi principi e buona educazione, in realtà, in quella casa non c’era un solo elemento capace di mantenere la calma assoluta o di chiedersi cosa era giusto fare per gli altri, tranne Patrizio s’intende. In quella situazione lei si era sentita arrabbiata, ma non era riuscita in nessun modo ad esprimerlo, un po’ per vergogna, un po’ per poco coraggio di esporsi davanti a loro. Era difficile da spiegare il suo stato d’animo, nessuno capiva il peso che portava dentro, eppure, in tanti avevano perso i genitori o subito un torto peggiore. Per Andrea era come se avesse messo la sua vita in una grande scatola e poi l’avesse sollevata da sola per tutto quel lungo periodo. Ogni giorno, appoggiava per un attimo quel peso per riposarsi, ma poi senza volerlo, lo riportava in spalla con una fatica mai provata prima.

In quell’anno si era dimenticata di scrivere ad Alfredo, lui le aveva spedito tante di quelle lettere da non lasciarla mai sola e aveva riportato su quei fogli bianchi tutto l’amore della casa dove aveva sempre vissuto parlandole perfino delle rose che erano diventate rigogliose e colorate. Una domenica, però, si era messa d’impegno e aveva donato a lui delle parole di conforto, Alfredo soffriva come uno di famiglia, il suo appoggio era fondamentale. Da quando, poi, aveva scritto per la prima volta, aveva deciso che mai più avrebbe smesso, mai più. Finalmente aveva cominciato a sentirsi serena e aveva promesso a se stessa che avrebbe iniziato a guardare il lato positivo della medaglia, niente più piagnistei o falsi propositi, solo vita.

Ecco com’era arrivato l’amore.

TERZO CAPITOLO

Sbirciando tra le vecchie foto di famiglia, Andrea aveva scoperto un posto meraviglioso, un grande spazio dove il verde rappresentava il paradiso. Patrizio gli aveva spiegato però che nessuno poteva oltrepassare il recinto, quel paradiso era proprietà privata.

-Ma tu ci sei stato? – gli aveva chiesto lei curiosa.

-Si. – aveva detto lui raccontandole, poi, com’era successo.

David, in pratica, aveva lavorato per tanti anni per il signor Della Noce dando lezioni private d'equitazione a sua figlia. Poi, tra loro si era creato un certo rapporto intimo che si era trasformato in un affetto particolare e per situazioni varie lui aveva dovuto allontanarsi da quella casa. Andrea nel sentire quel racconto misterioso e travolgente, aveva provato un leggero brivido e aveva cambiato discorso immediatamente. Per lei David era come un estraneo, non sapeva nulla di lui, né aveva mai osato un dialogo più approfondito. Ci aveva pensato molto quella notte, il disagio che lei provava dinnanzi a lui doveva dipendere dal potere che sapeva emanare sulle donne, aveva un fascino innato, non era bellissimo, ma a guardarlo, nessuna donna avrebbe mai resistito ai suoi lineamenti gracilini e marcati. Aveva il naso perfetto, la dentatura che sembrava di porcellana e lo strabismo di venere che gli dava un’aria misteriosa, era lodevole guardarlo. In ogni caso, doveva succedere qualcosa, Andrea era stanca di aver timore di lui o della zia Letizia, voleva ritornare alle sue vecchie abitudini, voleva studiare, laurearsi e fare carriera, nessuno doveva più distrarla. Quel mese lei compiva diciassette anni e per un puro caso straordinario, quel venti otto settembre la famiglia era riunita a casa, anche David s’intende. Era stato un compleanno straordinario quello, Letizia aveva organizzato una festa grandiosa nel salone principale e David aveva invitato tutti i suoi compagni di viaggio. Erano ragazzi aperti e simpatici ma bevevano come spugne. L’atmosfera tra loro era stata serena e complice tanto che David aveva fatto danzare Andrea per tutta la serata e più di una volta, ubriaco perso, aveva osato su di lei degli atteggiamenti provocatori ed equivoci. Questo suo modo di fare era stravagante e quel filo di mistero che riusciva a mantenere tra sé e tutti gli altri, lo rendeva meritevole di conoscenza. Chi era? Amava qualcuno? Era capace anche lui di sentimenti?

Da quella fantastica sera, Andrea aveva voluto fare un passo avanti e si era detta: “Perché no”. In fondo David era suo cugino tanto quanto Patrizio e quel suo modo di scansarsi e, poi, riavvicinarsi, forse, era un richiamo per farsi conoscere.

Era arrivato l’autunno e la natura spoglia che mostrava l’Irlanda, emanava una nostalgia dolce, camminare sui viali cosparsi di foglie ingiallite era come spalare la neve che per tanti anni era caduta sulla sua vita. Era un mattino presto, sicuramente erano le cinque e Andrea non aveva preso sonno, neanche la notte. Quella mattina di buon'ora si era preparata una tazza di tisana fumante e aveva ammirato dalla finestra aperta a metà, lo scenario che circondava la casa. Oltre il cancello che chiudeva la tenuta, c’era una fila d'alberi spogli che percorrevano un viale lunghissimo, il venticello un po’ freddo, faceva ondeggiare quei rami solitari e le foglie per terra si spostavano da una parte all’altra. Il pensiero dei suoi genitori era sempre vivo e il groppo che aveva in gola doveva essere sfogato. Per trattenere il pianto, aveva deciso di scrivere ad Alfredo, chissà com’era casa sua ora. In camera aveva preso un foglio e una penna e ritornando in cucina aveva iniziato a scrivere. L’uscio di casa si era aperto e qualcuno era entrato attento a non far rumore.

Andrea non si era mossa dalla sedia, ma aveva chinato la testa per non farsi vedere.

-Sei sonnambula o cosa? – aveva chiesto David che gli stava ormai di fronte.

Lei aveva guardato l’ora e non si era per niente meravigliata di vederlo ancora moribondo.

-Prendo una tisana…..ne vuoi un po’? –

Lui si era toccato i capelli, aveva gli occhi gonfi e una corporatura più esile del solito. Non aveva risposto alla sua cortesia e si era seduto per riprendere un po’ di forze.

-A chi scrivi? – poi aveva chiesto.

-Non lo so. – si era pentita, però, lei di avergli dato quella risposta insulsa.

-Lasciali stare i ragazzi, sei piccola per certe cose…guarda visetto splendido che hai, non sciuparlo. –

Andrea l’aveva scrutato esterrefatta, si vedeva subito che David aveva dovuto fumare qualche sostanza velenosa o aveva sicuramente bevuto come una spugna, in quello che diceva vaneggiava completamente.

-Sei ancora innamorato della signorina Della Noce? Sì certo, ti si legge in faccia. – aveva incominciato a prenderlo in giro lei.

Lui si era stupito di quel suo dire e del fatto che avesse pronunciato quel nome, che ne sapeva lei di certi fatti?

-Piccola, stai attenta a quello che dici, ok? – l’aveva raccomandata senza arrabbiarsi troppo.

Lei l’aveva scrutato ancora e aveva capito che era stato un brutto affare quella relazione.

-Sei piccola, ma sei forte come un toro. I tuoi genitori ti devono mancare davvero tanto; ti dovevamo capitare proprio noi? – l’aveva risollevata.

-Sei il primo che mi chiede sai? E quasi mi viene da piangere. – si era dovuta fermare per non lacrimare davvero.

-Stavo scrivendo ad Alfredo, un caro amico di famiglia e, invece, la tua domanda mi ha liberato da quella voglia di sfogarmi con lui. –

David aveva fatto un mezzo sorriso e alzandosi dalla sedia aveva detto: -Se domani mattina alle cinque sei di nuovo sveglia, ci rivediamo qui, parlare fa bene sai? – e così dicendo se n’era andato.

Lui era così, usciva di notte e la mattina era sempre a dormire fino la sera dopo. Era cambiato qualcosa quella volta, Andrea si era sentita più sollevata e una parola scambiata con David le aveva fatto capire che bastava poco per essere consolata.

Durante la settimana avevano avuto altri momenti per parlare, un po’ per caso, un po’, per volere d'Andrea, si era ricreata quella confidenza spontanea e sincera. Lei era sempre stata legata a Patrizio, ma quel modo di conversare con David l’aveva riportata a fare ragionamenti da ragazza “grande”. Patrizio aveva sempre saputo consolarla, ma la sua vera natura fanciullesca, l’aveva fatto trasparire del suo mondo giostratolo, era piccolo per capire la realtà dei fatti e un peso così gigante non poteva ancora prenderselo sulle spalle.

-Esci anche stasera? – Gli aveva chiesto una volta lei vedendo suo cugino pronto per uscire.

David aveva creato la solita montagna di panni sul letto a due piazze e ascoltando tra una cosa e l’altra le confidenze di sua cugina, aveva fatto cenni di consenso.

-Tra sei mesi parto e finalmente realizzo il mio sogno. – aveva poi detto contento della notizia che aveva appena ricevuto dai suoi amici della notte.

-Non stai bene qui? –

Il sospiro di lui era stato lunghissimo, aveva fretta e non era facile dire tutto in due parole.

-Da qui devo andarmene. – era riuscito solo a dire rendendosi conto che il clacson di una macchina stava suonando da più di dieci minuti.

Andrea per tutta la notte aveva pensato a quella frase e tra un dormiveglia e un sonno pesante, era riuscita ad aprire gli occhi la mattina presto e alle quattro aveva acceso già i fornelli per la solita tisana. Il vero pensiero era rivolto sempre alle sue origini, là dove le parole avevano il sapore inconsueto della terra, dove una carezza implicava un affetto profondo oltre gli sguardi concessi. Scrutandosi ora intorno, il saper vivere era ristretto a quelle quattro mura lussuose e niente più, l’Irlanda era meravigliosa, ma non era casa sua. Si era chiesta anche quella mattina perché mai si era alzata di buon ora ed era arrivata alla conclusione che David era l’unico che poteva capirla, nel profondo intendeva. L’aveva davvero sottovalutato suo cugino maggiore, lui era giovane, ma aveva con sé un bagaglio pesante e ricco d'esperienza. Andrea non aveva mai superato la morte dei suoi genitori e da quando stava in casa dei suoi zii, non aveva mai potuto parlare liberamente della sua pena. Se chiudendo gli occhi regalava un pensiero a sua madre e suo padre, la paura le faceva accelerare i battiti del cuore e la forza di andare avanti svaniva nel nulla.

-Mi aspettavi? – aveva chiesto una voce sottile che parlava piano per non farsi sentire.

Andrea si era voltata ed era corsa verso di lui per abbracciarlo.

-Ci sono giorni che per me è più difficile, mi chiedo come fosse andata la mia vita se loro ci fossero ancora. –

David non aveva ricambiato subito l’abbraccio, non era abituato ad avere l’effetto di una sorella, per così dire.

Quando le sue braccia si erano chiuse sulle spalle di lei, tutto era cambiato.

-Il destino a volte è crudele, io ce l’ho a morte con i miei genitori e loro sono ancora vivi. –

David era già vestito del suo pigiama di raso color grigio perla e ciò faceva intendere che fosse tornato prima del solito e che quindi si era svegliato anche lui solo per sfogarsi.

-Allora è vero? – aveva affermato lei.

La tisana si era fatta fredda e il muro che si doveva decidere di abbattere tra loro, poteva essere superato solamente parlando.

-Che cos’è questa rabbia? – aveva concluso.

-Parlarti d’amore, forse, è troppo per te. –

-In che senso? –

-Sei piccola e io….- si era fermato un attimo per contemplare il chiarore appena accennato dai lampioni del viale.

Doveva decidere cosa fare ed esporsi in quel modo voleva dire coinvolgere sua cugina in sentimenti troppo grandi per lei. Il torpore della notte che si stava avvicinando al mattino presto, faceva sentire David come “dottor Jachy e mr Ide”.

Stava per arrivare il chiarore e le prime luci volevano nascondere la verità della sua natura.

-Ne parliamo un’altra volta. – aveva detto lui celando la rabbia che sentiva dentro.

Al contrario di tutte le altre volte, David si era vestito ed era uscito e non si era fatto vedere per due giorni. Andrea si era sentita in colpa e le era sembrato indiscreto chiedergli del suo rapporto con i familiari. Il destino era davvero strano e chi poteva sapere il percorrere degli eventi?

In quei due giorni la casa era stata diversa, lei si era fatta prendere di nuovo dalla tenerezza di Patrizio, quel bambino era dolce come una torta al cioccolato piena di panna montata. Dialogare con zia Letizia, invece, era diventato un'utopia, lei era troppo esuberante e del focolare di casa non gliene importava un granché. Suo marito acconsentiva ad ogni suo volere e il più delle volte stava chiuso nel suo ufficio ad occuparsi degli affari. Per mantenere quel tenore di vita faceva tanti sacrifici e né sua moglie, né i figli avevano capito quanto era importante quella figura maschile. Zio Alfonso stava lì, come un mercenario del lavoro e tra mille scartoffie sapeva annuire il buon affare, era fratello di suo padre e si vedeva.

Andrea una volta l’aveva fatto notare a Patrizio, ma come si era già resa conto, parlare con lui di certe cose era troppo, rispetto a quello che poteva mai esprimere un adulto. Nel trambusto dei suoi pensieri aveva avuto un attimo di confusione e le era venuto in mente quello che gli aveva detto il padre prima di fare l’ultimo sospiro.

“Lo scrigno”, che cosa voleva dire con quelle parole dette in fretta e premurose di essere eseguite? Tutta la sua lucidità in quei momenti svaniva e la vita sembrava avesse un peso maggiore rispetto a tutti gli altri giorni. Improvvisamente il suo mondo aveva preso un’altra forma, le era cambiata e i suoi diciassette anni sembravano pochi di fronte la sua maturità. Il ribrezzo che aveva per quell’ambiente meschino, capace solo di divertimento assoluto, aveva dovuto calzarle per forza, calpestando anche un po’ il suo passato. L’Irlanda era meravigliosa, ma la sua realtà era sempre rimasta l’Italia. Un giorno, dopo una nottata tra balli e canti, Andrea si era trovata faccia a faccia con sua zia e senza volerlo aveva ostentato quel pianto che ormai non riusciva a trattenere. La donna aveva mantenuto la sua solita freddezza e camminando a passi lenti con la sottana sbottonata che indossava la mattina, aveva fatto finta di accorgersi di lei.

-Non andare a scuola oggi, che ne dici? Potremmo fare un po’ di spese. –

Era stato un tentativo, ma si vedeva ad occhio nudo che le sue parole erano piene di pietà per un’orfana che era rimasta sola.

-Facciamo un’altra volta. – aveva risposto Andrea nascondendo la sua vera perplessità e paura.

La porta del bagno si era chiusa e sua zia non aveva fatto nessun altro tentativo per consolarla. Andrea aveva potuto accettare il suo invito, ma poi? Come avrebbe affrontato qualsiasi argomento provocatore e disinteressato che lei avrebbe aperto?

Non era cattiveria la sua, ma una vana paura incontrollabile di confrontarsi con lei. Quella donna era particolare e il suo egoismo traspariva dall'aspetto da donnaccia che aveva, sempre ben vestita, rossetto intatto, unghie smaltate, mai un capello in disordine. Pensando a sua madre ormai defunta, provava rammarico, la sua dolcezza era stata generosa e il suo affetto per la famiglia era sempre venuto prima di tutto.

Si, prima o poi sarebbe tornata a casa, alle sue vecchie origini. Che cos’erano tutti quei misteri che s'insidiavano in quella famiglia adottiva?

David dopo quei due giorni d'assenza, era tornato con il suo sacco pieno di roba da lavare, aveva la barba cresciuta e l’aria trasandata faceva intendere che il suo viaggio fosse stato senza una vera meta. Zia Letizia non aveva battuto ciglio e della sua roba da lavare non aveva chiesto nulla. Patrizio era stato il solo entusiasta e alla vista del fratello aveva fatto delle feste che solo lui sapeva fare. David come suo solito aveva svuotato il sacco sul letto a due piazze e tra tutte quelle cianfrusaglie, aveva tirato fuori due doni impacchettati, uno era per Patrizio, l’altro per Andrea.

-E’ per me? – aveva insinuato lei incredula di quel gesto tanto generoso.

-Se lo vuoi….- non si era smentito e aveva dimostrato sempre quel carattere poco espansivo che lo distingueva.

Il suo ritorno, in realtà, aveva scombussolato quella quiete apparente che si era stabilita in casa. Quel ragazzo era dannato e sicuramente aveva accumulato dentro tanti di quei rancori da non aver più spazio per nient’altro. Teneva sempre quel musino in avanti da imbronciato e quando sembrava che stava per dare un po’ della sua confidenza, ritrattava tutto. Andrea aveva accolto quella risposta come un’offesa e senza scartare il regalo, se n’era andata fuori a fare un giro in bici. Patrizio l’aveva raggiunta con la sua solita aria felice e aveva urlato: -E’ un disco di Mozart, è un disco di Mozart. – era il regalo che lui voleva.

Lei l’aveva guardato con meraviglia e aveva pensato che comunicare con lui fosse meglio di suo fratello.

-Andiamo a fare un giro? – gli aveva proposto.

-Aspetta che prendo la bicicletta. – così dicendo si erano imbattuti sul lungo viale che quella strada offriva.

Pedalando per qualche chilometro si erano trovati al solito recinto che in qualche modo faceva sognare i ragazzi. Quel giardino esteso e fiorito, dava la possibilità ai due di immaginare una vita fantastica, senza problemi filosofici.

-E dire che mio fratello era sempre qui da loro. – aveva detto Patrizio ricordando il passato.

Andrea non sapeva se aprire il discorso che aveva fatto con David sulla storia con la figlia del signor Della noce, forse, lui non sapeva nulla dell’accaduto.

-Tu ci sei mai stato? – aveva chiesto con discrezione.

Patrizio aveva fatto un gesto di dissenso, però, forse, qualche volta c’era stato, ma non ricordava bene.

-Ti avrà portato tua madre…. – lo faceva sforzare lei per una sua curiosità personale.

-Può essere, ma non penso che i miei genitori lo conoscano, il signor Della Noce è così riservato. –

Al ritorno della loro passeggiata, in casa non c’era più nessuno e zia Letizia aveva lasciato un biglietto per Patrizio con scritto: “scalda il pranzo per te e tua cugina, io non torno, ci vediamo stasera”.

Il ragazzo si era agitato e si era un po’ vergognato della spudoratezza della madre, lasciarli così la domenica mattina non era stato un bel gesto.

-Mi dispiace. – aveva, infatti, detto a sua cugina che lo guardava come per dire “non preoccuparti”.

Quella mattina, avevano mangiato come due orfani, non avevano né parlato, né si erano consolati a vicenda. Patrizio ne soffriva dell’assenza della madre, lui era molto legato al seno materno e non se ne faceva una ragione di quei suoi comportamenti un po’ provocatori. La sera, infatti, quando lei era tornata, lui si era attaccato al suo collo e l’aveva riempita di baci. David era come sparito ed era strano che nessuno chiedesse mai di lui. Tutti quegli odori mescolati, il cibo scaldato, il profumo chanel n-5 della zia, il fumo dell’incenso e il wisky di zio Alfonso, facevano un riassunto di quello che potevano essere i loro animi. Mai una volta aveva sentito l’odore del bucato appena fatto, del pane caldo appena sfornato o dei fiori appena raccolti. Casa sua in Italia le mancava da togliere il fiato e il mattino dopo, verso le cinque, aveva sentito, di nuovo, il bisogno di scrivere ad Alfredo per avere notizie. Aveva tante cose in mente e la voglia di assaporare il gusto della sua infanzia, la faceva essere impaziente. Quella mattina aveva scritto una lettera lunghissima e senza ritegno, aveva espresso il suo disappunto sulla vita che stava conducendo, non aveva tralasciato niente, nemmeno le insolenze di sua zia.

In una lettera precedente Alfredo gli aveva raccontato del suo giardino e delle rose rigogliose che erano cresciute. Gli aveva scritto dei quadri di suo padre e della fatica che aveva dovuto fare per non metterli all’asta. Non era stato un periodo facile per lui dopo la morte dei suoi padroni, nonostante avesse avuto la possibilità di gestire la loro casa, non se n’era fatto una ragione. Quell’uomo era davvero legato a quella famiglia e ora ancora di più ad Andrea Clarissa.

“Mi raccomando, sì sempre educata e non dimenticarti mai della tua casa che ti aspetta”, l’aveva raccomandata nell’ultima lettera. Andrea non aveva mai dimenticato nulla, tutto era impresso nella sua mente e ancor di più l’educazione che aveva ricevuto, severa ma forte di sentimenti. Quando aveva finito di rileggere ciò che aveva scritto, era rimasta soddisfatta e si era alzata dalla sedia per andare a riposare ancora.

Ma lui, era lì, immobile e senza armi. Pian piano si era avvicinato, lei si era scansata e aveva detto: - Ohi boo. – Era un’espressione che usava, quando non capiva cosa stava succedendo.

-Ma come parli? – gli aveva detto lui per aumentare la sua vergogna.

-Come mi pare. – e così dicendo, dalla bocca le era uscito un suono strano, come una pernacchia soffocata.

-Sei buffa, ma del resto sei ancora una bambina. – aveva risposto David.

Andrea non aveva più saputo rispondere perchè le si era creato una specie di nodo in gola che le impediva di parlare. Tutto era precario tra loro, non si capiva se la confidenza si era creata o no.

-Ieri mattina siamo stati alla villa, bella vero? E’ una tenuta immensa. – aveva finalmente ripreso per vendicarsi dalle sue cattiverie.

-E’ immensa perché non ci sei stata. – si era un po’ alterato lui.

Non erano motivazioni chiare quelle di David, lui tentennava, tra il dire la verità e il nascondere qualcosa. Nelle sue parole faceva capire che c’era qualcos’altro da dire, qualcosa che chiariva quei vuoti rimasti incolmabili. Qui e là, Andrea aveva assimilato delle notizie lampo; Si diceva che la giovane signorina della noce era stata sedotta e abbandonata da suo cugino David e che per questo gesto avventato, lei aveva tentato il suicidio. Andrea non era abituata a chiacchierare sui fatti privati e tra un rossore e una parola soffocata, gli aveva chiesto com’era andata veramente. Lui non aveva reagito bene, quella ragazzina stava diventando invadente e non gli andava bene quella confidenza che stava insinuandosi nella sua intimità segreta.

-Cosa sai? – aveva chiesto per sapere fin dove si era spinta.

-Dimmelo tu. – si era limitata a dire.

-Lo sanno tutti di mia madre…e allora? –

-Si certo, ma tu come stai? – aveva continuato a parlare lei come se davvero sapesse dell’accaduto.

David aveva riflettuto a fondo e, in realtà, non si era mai fermato a pensare qual’era il suo profondo, insito tra l’anima e il cuore. No, non ci doveva pensare, altrimenti rischiava d’impazzire, sul serio.

“Porco cane, sa tutto, sa tutto”, si era detto tra sé.

Lui aveva cominciato ad agitarsi e per celare come suo solito la verità, aveva usato il suo atteggiamento arrogante ed evasivo.

-Che vuoi che sia un tradimento, sono adulti e vaccinati. – aveva poi detto per non tradirsi lui stesso.

-Mi chiedo sempre perché una donna arriva a tradire, tu, forse, non le davi attenzioni? – aveva domandato viaggiando sempre nel buio più assoluto.

David finalmente aveva intuito, sua cugina era furba e non aveva capito nulla, nemmeno della storia del tradimento. Arrivando alle conclusioni, lui si era potuto rilassare e aveva raccontato con serenità della storia che c’era stata tra sua madre e il signor Della Noce.

Che balorda che era sua zia, si vedeva sì, ma non fino a questo punto.

-Tuo padre lo sa? –

David era molto sconfortato e si era pure pentito di aver aperto quel discorso delicato. C’era un'aria cupa da quelle parti, era come se ognuno custodisse un segreto nascosto tra i meandri della memoria, nessuno parlava, ma tutti sapevano.

“Lo scrigno” l'era venuto in mente, se non avesse appena chiuso la lettera, gli avrebbe scritto ad Alfredo di dare un’occhiata. Voleva tornare a casa sua, al calore che le emanava la sua terra, alla luminosità dei volti genuini italiani, ma era minorenne e non poteva andare da nessuna parte.

QUARTO CAPITOLO

No, non poteva ammetterlo a se stessa e ancor di più agli altri, com’era potuto accadere? Era stato il mistero a coinvolgerla così profondamente?

Era un lungo periodo che si era accorta di quel suo cambiamento, ma definire tutto amore sembrava eccessivo.

Lo amava come suo cugino?

Era una passione forte nascosta dentro di lei, ma David non avrebbe mai dovuto sapere nulla, mai. Erano quasi tre anni che non lo vedeva e, forse, per quello era cresciuta la sua ammirazione, proprio perché aveva mantenuto la promessa che aveva fatto a se stesso. Una mattina come tante, aveva preparato le sue valigie ed era andato via, senza lasciare né rimpianti, né pentimenti.

-Vai via? – aveva chiesto solo lei vedendo la sua assoluta serenità nel lasciarli.

-Te lo avevo detto no? – e alzandosi il ciuffo con le dita affusolate, gli aveva tirato addosso una maglietta di cotone.

-Almeno mi penserai, no? – l’aveva provocata.

Andrea non aveva risposto, l’emozione le aveva bloccato la lingua e le aveva provocato un magone gigantesco. Prima a passi lenti, poi correndo, aveva raggiunto il bagno e chiudendosi a chiave e tappandosi la bocca con la mano, aveva soffocato un pianto ininterrotto.

Cos’è che la sconvolgeva di più?

Era cambiato tutto da allora, lei si sentiva più sola e annaspando con le braccia nel buio, non trovava quello che la consolava. Era stato davvero un lungo e difficile periodo quello e la cosa più strana era il suo allontanamento da Patrizio. Quel ragazzo, nonostante i suoi diciotto anni, dimostrava sempre tanta ingenuità e cecità per le cose che lo circondavano, e Andrea si era stancata di domandarsi se c’era o ci faceva. Era quello, il preludio di una tempesta, non c’era più sopportazione, né complicità o spensieratezza. La lontananza da casa sua, l’aveva trasformata in utopia e sempre di più si domandava dov’era finita la sua vita di prima, i giochi, i quadri e la sua musica. Spesso, si trovava a piangere, rimanendo, però, insensibile a se stessa, era, forse, rassegnata?

Sua zia era sempre più fredda e per nascondere questa sua pecca gigantesca, aveva portato un tipo in casa e l’aveva prostrato ai piedi di sua nipote. Una domenica, dove tutti per caso erano a tavola, lei aveva presentato Filiph e l’aveva subito piazzato davanti ad Andrea. La ragazza conosceva bene quella donna e da un solo sguardo, aveva compreso che le avesse portato “l’amore a tavola”. Era incredibile, quella faccia da “puttana” le stava a pennello e non c’era un solo muscolo che provava vergogna per quel suo fare spudorato. Andrea per educazione aveva intrattenuto una sana conversazione e per ogni boccone che aveva mangiato, n'aveva ingoiato un pezzetto di quel magone che aveva in gola. Non era il gesto che poteva darle fastidio, ma quanto il modo. Si vedeva ad occhio nudo che sua zia la stava gettando nel letto di quel ragazzo, forse, per sbarazzarsene?

Il viale che intratteneva quella casa, non era più così alberato come prima, la mancanza di quel battito accelerato che le provocava la persona assente, era svanito con la sua assenza stessa. Guardando fuori della finestra, solo le rose erano rigogliose come casa sua, finalmente. Quel rosso porpora che spuntava da quell’erbaccia non fatta da chissà quanto tempo, risollevava le sorti d'Andrea. Lei, aveva ripreso in considerazione l’idea di tornare in Italia, ora che era maggiorenne, non la tratteneva più niente, eppure, qualcosa, ancora, la bloccava. Da qualche anno, aveva ripreso a scrivere assiduamente ad Alfredo, la solitudine che l’aveva accompagnata in quel periodo, era stata devastante e il suo unico interlocutore era stato lui. David per tre anni, non aveva mai scritto né telefonato, tanto che Patrizio aveva supposto più di una volta che, forse, era morto.

-Lo sai com’è, lui ha i suoi sogni e niente lo ha mai fermato. –

Patrizio annuiva ogni volta, ma il suo pensiero era un altro. Il fratello stava fuggendo da qualcosa, magari da se stesso, per realizzare la sua vera natura, il suo vero ego.

L’indole di ognuno è nascosta in una scatola segreta detta “cervello” e quello che si crede di essere, non lo si dice sempre agli altri, altrimenti si potrebbe creare delusione e meraviglia.

Andrea si sforzava di capire cosa mai gli poteva passare per la testa per agire così, ma ogni supposizione poteva essere un'utopia, se non era confermata da lui stesso. Quella scatola segreta che custodiva, doveva essere piena di ragionamenti, ideali, azioni che solo David sapeva di dover compiere. Non era una buona sorte quella destinata alla famiglia a cui era affidata, tutti i presupposti erano vaghi e supplicare affetto non serviva a nulla. Una volta, Alfredo gli aveva spedito una vecchia foto che ritraeva Andrea e sua madre, quel gesto era stato dettato dalle parole minute della ragazza, si sentiva tra le righe che non stava bene, anche se ogni lettera era piena di parole, il foglio rimaneva bianco, come la sua anima. Guardando quelle foto, Andrea si era sforzata di ricordare le sensazioni di quel tempo che era stato, ma più guardava la foto e più quell’immagine di sé era lontana.

Cosa aveva pensato posando in quel modo per quel fotografo?Cosa le aveva detto sua madre nell’attimo in cui l’aveva abbracciata e il flash era scattato?

Chi è stato, il più delle volte, è solo un dolce ricordo e chi sei ora ti ritorna in mente sempre. Andrea, ora donna, fissava quegli occhi da bambina, ma quel sorriso a trentasei denti, era un passato lontanissimo. Tra il silenzio che rimbombava in quelle stanze deserte, lei ascoltava J.Field e chiudendo gli occhi tornava a ricordare suo padre e i suoi insegnamenti. Per quanto era stato duro, quell’uomo aveva avuto dei valori saldi per la famiglia, onestà, fiducia e amore.

Le giornate sembravano tutte uguali e Andrea per porre fine ai suoi continui malumori, aveva deciso di svagarsi in modo diverso. I suoi venti anni non era mai stati consumati e il suo fisico era rimasto intatto come quello di una bambina innocente, un po’ più maliziosa. Filiph aveva un bell'aspetto ma il suo interloquire intellettuale e ragionevole, lo rendevano un poco noioso. Per quelle poche volte che lo aveva incontrato, avevano solo parlato degli studi da archeologo, delle sue scoperte e della dedizione che aveva per l’antico. Andrea in quei giorni si era riempita di quel dire da egoista e n'aveva provato nausea, fino a non poterne più. Facendo, poi, però un notevole sforzo, aveva deciso che era tempo di aprirsi a ciò che il mondo, aimè, le offriva. Da quando David era andato via, lei aveva accumulato tanta rabbia, fino a scoppiare in un vortice senza ritorno. Due erano le cose, o seminava rancore e odio, o riprendeva in mano le sue scelte e il suo carisma. Uscire con Filiph l’aveva sviata da quel tanto pensare, c’era stato un bacio con lui, ma era stato freddo e gelido, come la neve che cade in pieno inverno. Provare qualcosa di vero le veniva difficile, era come se il suo voler dare affetto, fosse consumato dai giorni trascorsi con i suoi genitori e dopo la loro morte, il vuoto. Ora, ripensando a David, non si spiegava come aveva fatto ad attirare la sua totale attenzione, quell’aria dannata e impenetrabile, l’avvolgeva di tanto desiderio consumato in silenzio, era suo cugino e non un tipo incontrato in un bar.

-Facciamo l’amore se vuoi. – aveva proposto, una volta, lei a Filiph per liberarsi dai tormentati ricordi e per accenderne altri che, forse, avrebbero intromesso il ragazzo archeologo. In effetti, quella sera la situazione si era surriscaldata, c’erano tutti i presupposti per cedere alla passione, ma cosa lo impediva in realtà? Andrea dentro di sé aveva dei limiti insormontabili, l’educazione rigida di suo padre non le permetteva di varcare i suoi istinti, era debole per trasgredire e la sua mente era solo proiettata verso un futuro fatto di famiglia vera, con marito, figli, ecc. Nelle ultime lettere che aveva scritto ad Alfredo, aveva accennato qualcosa di tutto ciò, la lontananza e la sincerità di quell’uomo, la riportava alla sua figura paterna che ormai non c’era più. Tramite una lettera, Alfredo gli aveva parlato d'alcune cose che aveva trovato nel cassetto privato di suo padre, si trattava di una corrispondenza eccezionale che il defunto intratteneva con un certo signor Della Noce. Andrea non ricordava di averlo mai sentito nominare in casa e suo padre negli anni addietro, era stato solo una volta in Irlanda senza di loro. Per risposta la ragazza, aveva chiesto ad Alfredo di spedirle tutto, forse, c’era stato un errore di scrittura o lui non l’aveva letto bene. In quel periodo Andrea aveva cercato di porre fine agli assurdi preconcetti e alla sua smania di giudicare ciò che era diverso dal suo pensare. Da quando viveva in Irlanda, non aveva fatto altro che imporsi dei limiti, verso i parenti e soprattutto nei confronti di sua zia Letizia. Quella donna, in un certo senso, l’aveva resa vulnerabile, un po’, perchè incuteva timore, un po’, per la sua libertà mentale che non giustificava in nessun modo. I suoi occhi avevano visto delle scene d'indifferenza immensa tra loro, ma pensandoci con il senno di poi, ora, si rendeva conto che in ogni gesto o azione, doveva esserci per forza una motivazione plausibile. Quel volersi divertire a tutti i costi, anche a quell’età adulta, forse, per sua zia rappresentava un riscatto verso una gioventù che non aveva mai avuto. Del resto non aveva mai fatto male a nessuno e non aveva mai dato da pensare che avesse un altro uomo nascosto nel letto. Patrizio era venuto bene e la sua generosità doveva essere un insegnamento impartito dai suoi genitori. Si, d’ora in poi, avrebbe usato un altro atteggiamento più tollerante e comprensibile. Era un periodo turbolento per lei, doveva prendere delle decisioni per quanto riguardava il suo patrimonio, con i beni che non aveva ancora toccato con un solo dito. Suo padre aveva lavorato una vita intera per poterle garantire un discreto futuro e ora che poteva usufruirne, non era stata capace a spenderne un solo euro. Era tormentata suo malgrado, non riusciva a prendere pace e a capacitarsi che il suo destino stava prendendo una via sbagliata. Per quanto soffocava il forte desiderio, David passeggiava nei suoi sogni più intimi, provocandole una rabbia assoluta. Suo padre gli aveva sempre spiegato che volere ciò che non si può avere, le avrebbe provocato solo gran dolore e lui ne sapeva qualcosa. Lei era caduta, forse, in trappola ed era rimasta aggrappata a delle reti che le ostacolavano il passaggio.

Perché David, suo cugino?

In cuor suo aveva finalmente scoperto la passione, un trasporto che prima d’ora non aveva mai provato per nessuno, nemmeno nel suo intimo più nascosto. Annaspava sempre nel buio e intanto il tempo passava inesorabile, tra una buona e ricca cena e una nottata passata insonne. Patrizio aveva inteso che sua cugina si fosse davvero fidanzata con Filiph, li vedeva spesso insieme e in cuor suo se n’era fatto anche meraviglia. Andrea per un periodo non aveva più parlato con lui, era più che altro malinconica e il fastidio che provava nell’essere disturbata, si vedeva a mille miglia. Un giorno, mentre lei sorseggiava una tisana con il suo amichetto, Patrizio l’aveva avvicinata e finalmente, senza crearsi falsi pudori, si era aperto al dialogo.

-Bere sempre tisane non fa tanto bene, lo sai? – aveva colto il momento giusto per fare quella battutaccia.

-Ah, ah, ah… - aveva fatto lei il sorrisetto ironico. –Io non la bevo sempre, solo con chi mi va. –

Patrizio aveva fatto un attimo di riflessione per pensare ad una risposta giusta, poi, alzando i suoi occhini castani verso l’alto, aveva detto: -Allora ti andava bene, quando c’era David. –

Da lì, silenzio di tomba, Filiph era distratto per i fatti suoi e Andrea aveva solo provato imbarazzo e vergogna.

Che cosa voleva dire? Aveva letto, forse, dalla sua espressione che qualcosa di David le piaceva veramente?

Era delusa, dai suoi sentimenti che l’avevano tradita, del suo sguardo che era diventato malinconico e alludeva delle cose, anche il corpo esile comunicava la mancanza di fame e quindi l’assenza dell’amato.

Come poteva nascondersi dai suoi mille pensieri vaghi e lontani?

In mente le era venuto un episodio d'anni addietro, quando suo padre l’aveva accolta tra le braccia e l’aveva resa unica davanti a tutti.

-Sei il mio cuore. – gli aveva detto in un momento di totale relax.

Si, era successo proprio in quella casa dove si trovava ora, in quell’occasione suo padre aveva dimostrato ai parenti, e ancor di più a sua zia Letizia, quanto era grande l’affetto per i figli. Facendo, ora, spazio alla mente, in quella circostanza, la zia si era fatta di spalle e subito dopo era andata via nervosa e insolente e pensandoci adesso, avrebbe potuto dire; -Come sempre. –

La gelosia la divorava, lei non aveva mai fatto un gesto simile, per nessuno.

Di nuovo a tavola a sorseggiare la tisana, Andrea aveva guardato suo cugino e si era dispiaciuta di aver usato tanto nervosismo proprio con lui.

-Perché non ne bevi anche tu, così, con te diventerà più bello berne tanta. –

Patrizio aveva accolto la sua proposta con simpatia e non si era fatto ripetere due volte l’offerta dalla cugina. Filiph era rimasto ignaro del loro dire e dopo aver finito di sorseggiare, si era congedato, proponendo di fare un altro raccoglimento così interessante. Quel ragazzo era strano, come lo mettevi stava e poi, aveva sempre l’aria stanca, come se tutto il lavoro del mondo lo facesse lui.

-Una bella dormita mi rigenererà. – e così dicendo era andato via.

Patrizio per riprendere la solita intesa che c’era sempre stata tra loro, aveva scherzato un po’ sui suoi modi “mollaccioni” che aveva e azzardando un po’, si era immaginato come avrebbe mai potuto fare l’amore uno così. Andrea era rimasta colpita dalla sua invadenza spudorata, ma aveva pensato che l’arte dell’amore non fosse indifferente a nessuno.

-Basta rimanere ferma come un sasso, fa tutto lui e non senti nulla. – aveva ironizzato così.

In effetti, si erano fatti una bella risata ed avevano ripreso la vecchia abitudine di parlare di tutto.

Era ritornato come prima, tante risate, abbracci e baci e tutte le confidenze belle, ma nella solitudine del suo animo, lei provava un sentimento forte, quasi sconosciuto, che le accelerava il battito del cuore, com’era potuto accadere?

Seduta ai piedi del letto, tra le lenzuola bianche di seta, Andrea si sentiva vuota e non riusciva a capire cosa la inibiva così tanto, di fronte quell’assenza che non voleva ammettere le pesava. Le era venuto in mente che, forse, si era legata a David per compensare delle cose più grandi di lei, come la morte dei genitori. Dentro era confusa e per sviare ai tanti problemi, spesso sognava ad occhi aperti di avere una vera storia con suo cugino, l’immaginazione vista da fuori del suo corpo, sembrava reale veramente, e non era tanto male guardarsi, mentre, scambiava con lui una carezza o un bacio appassionato. Quando apriva bene gli occhi alla realtà, però, si rendeva conto di quanto fosse meschina e un po’ ingenua, angustiarsi per una cosa che non poteva mai esistere nella vita vera?

Se solo avesse saputo David, avrebbe riso di lei e l’avrebbe ridicolizzata davanti a tutti, quell’arrogante, disponeva dei peggiori difetti del mondo, spudorato, assente, menefreghista, ma una sola parola di lui, aveva un significato enorme, non lasciava mai nulla al caso.

In quei giorni troppo enigmatici, Andrea aveva finalmente ricevuto risposta da Alfredo ed era stato, come sempre, un piacere ricevere sue notizie. Da quelle righe, però, aveva letto un legame che non comprendeva per nulla e aveva cominciato a rendersi conto di tutto quello che c’era di doloroso, forse, anche di segretamente inappagato in fondo alla dolcezza di quelle frasi, ma non ne poteva soffrire senza saperne prima il motivo. Erano una decina di lettere indirizzate a suo padre, con il mittente “signor Della Noce”. Queste buste, Alfredo l’aveva raccolte in un’unica busta lettera gigante e gliele aveva spedite con cura. Erano messe in ordine di data e, con precisione, lui, n'aveva evidenziato il giorno. Le date, in effetti, risalivano a poco prima della sua morte e il significato non era del tutto chiaro. Aveva atteso un po’ per leggerle tutte, voleva stare tranquilla e prima di agitarsi doveva capire cosa la preoccupava. In un momento che non aveva davvero niente da fare, n'aveva approfittato per passare qualche giorno alla casa al mare dei nonni materni dei suoi cugini. Si stava avvicinando l’estate e le giornate sembravano offrire un buon tempo. Senza dare troppe spiegazioni, un sabato e una domenica, si era rintanata lì, portandosi dietro solo due costumi e un plaid per la sera. Era di sentimenti semplici lei e il troppo, stroppiava sempre. Descrivere l’ambiente che l’aveva circondata per due giorni, non era semplice, la casa, posta in un luogo isolato, affacciava direttamente sul mare, proponendo alla vista innumerevoli sfaccettature, per godere di tutto ciò che la natura offriva. La spiaggia era di piccole dimensioni, la sabbia aveva un colore giallastro e al tatto sembrava farina per il pane. Adiacente al mare, c’era lo spettacolo più inaspettato, l’erba verde e un po’ gialla, faceva da tappeto agli alberi sempre verdi e altissimi. Dietro tutto ciò, spuntavano le montagne spoglie e rocciose. C’era tutto, l’estate, la primavera, l’autunno e l’inverno, le quattro stagioni al completo, solo per lei.

Il primo giorno, Andrea aveva fatto il bagno e aveva goduto del sole che, un po’, la beneficiava dai suoi romanismi cronici. Non aveva voluto nessun'interferenza, soprattutto da Filiph che la distraeva per fare l’amore. La sera, sfinita dai suoi tanti ragionamenti che si era fatta in testa, si era rintanata in casa e sdraiandosi sul primo letto che le era venuto davanti, con le lenzuola a righe, aveva finalmente aperto quelle lettere.

“E se poi? Non voglio sapere nulla di brutto! Non so cosa fare”, questi tutti i suoi dubbi, ma la verità, era che le bruciava troppo riprendere il dolore che le aveva provocato la morte dei suoi genitori. La facciata era niente male la sera, dalle vetrate sempre aperte, si vedevano gli alberi ondeggiare dal vento e il mare provocare un rumore che si udiva fino a dentro. La prima lettera era davvero del signor Della Noce e le parole erano state brevi e formali.

“Spett.

Signor Amato,

Vi prego di correre qui, la situazione è degenerata e solo lei può prendere riparo a tutto. Aspetto sua risposta.

Distinti saluti.”

Più che una lettera, era sembrato un telegramma, ma Andrea aveva capito subito. Lo conosceva troppo bene suo padre, negli affari era troppo istintivo e a volte aveva sbagliato anche lui. Si era così preoccupata per niente e le era venuto quasi da ridere per tutto quello che aveva pensato prima di leggere. Alfredo aveva esagerato come sempre, era un uomo scrupoloso e la troppa devozione per la sua famiglia, l’aveva fatto diventare sospettoso e indulgente. Fino alla quinta lettera aveva usato poca cura nella lettura, però, andando avanti e non sapendo veramente che fare in quella serata di solitudine, aveva deciso di metterci più attenzione, almeno, per fare qualcosa che le conciliasse il sonno. C’era un particolare che le sfuggiva verso la fine, cosa centrava David?

In una di quelle lettere, numerata 9, il signor Della Noce diceva: “Spett.

Signor Amato,

Lei non mi ha dato risposta, ma l’avverto che non riesco più a tenere a bada suo nipote, David ha brutte intenzioni e io non so come parlargli. Lei, però, è suo zio e magari, potrebbe anche capire. Non m'ignori e corra qui al più presto, la prego.”

-Oh Dio. – Andrea aveva esclamato sentendosi ancora più stupida.

Ma si, sua zia aveva una relazione con il signor Della Noce e David l’aveva scoperto in modo angusto, sconvolgendogli il suo rapporto con la figlia di Della Noce. Guardando per un po’ fissa la luce che emanava la lampada, le era solo venuto in mente suo padre e il gran cuore che aveva avuto nell’occuparsi di tutto. Non solo aveva provveduto al suo mantenimento e quello della madre, ma si era preso anche carico dei drammi della cognata e suo nipote. Lui non aveva mai sopportato i disguidi e i malumori in famiglia, secondo i suoi principi, la serenità e il rispetto venivano prima d'ogni cosa.

Ma chi non aveva avuto l’onore di conoscere quest’uomo? Tanto rigido, ma tanto generoso. Se qualcuno avesse avuto ancora queste virtù, lei gli avrebbe ceduto il suo cuore e il rispetto per sempre. Le veniva troppo da sorridere in quel momento e tutta la sua tensione si era trasformata in buon umore. Di sua zia non n'era delusa, certe cose già le sapeva e non se ne faceva più meraviglia, forse, per lei quell’uomo non era stato il primo, ma il primo di una lunga serie. Di ciò non le importava davvero e cosa più importante era, soprattutto, avvisare Alfredo dell’accaduto, per tranquillizzarlo, almeno lui, caro e devoto amico di famiglia. In un attimo, aveva buttato giù due righe, usando delle parole un po’ ironiche e dei discorsi seri che solo lui capiva. Erano attimi intensissimi per lei quelli e presa dalla foga, si era spogliata dei suoi panni e aveva fatto una corsa verso il mare per tuffarsi. L’atmosfera era tetra, ma la paura non le era stata insegnata. Suo padre era sempre stato chiaro, gli aveva sempre detto che quando una persona sa veramente chi è e cosa vuole, non può mai aver paura.

“Sono gli altri che avranno paura di te e della tua sicurezza.”. Diceva.

Quella contentezza che aveva provato nello stare lì da sola, le aveva provocato un piacere libidinoso, era stato un misto di serenità e di voglia di essere soddisfatta. Voleva chiamare Filiph per godere con lui della sua scoperta, ma non l’avrebbe capita e magari l’avrebbe anche fraintesa. Non era mai stata così, si sentiva un senso d'onnipotenza, come se il mondo, finalmente, gli avesse dato le risposte giuste per le sue infinite domande. Tutto in quella notte, aveva deciso cosa fare dei suoi soldi, voleva aprire una catena di negozi, chiaramente dopo la laurea all’università Trinità college of Dublin, che stava cercando di portare a termine. Era sempre stata diligente, finché suo padre era stato in vita, solo ora, forse, un po’ aveva allentato quei ritmi tutta casa e studio. In realtà, voleva arrivare già al sodo e il fatto che mancavano ancora troppi anni per laurearsi, la mettevano in ansia. No, non avrebbe mai dimenticato il volere del padre, lui aveva sempre lottato per darle una buona istruzione, era sempre stato il suo obbiettivo, farla studiare, per garantirle, poi, una buona posizione nel mondo del lavoro. Andrea da sola si era compiaciuta di sé per essere diligente e aveva fatto un piccolo sorriso, come per dire: “concesso”.

C’erano delle priorità nella sua vita e prima di tutti, la parola data. Le cose le erano capitate inaspettatamente, era come se fosse cresciuta da un giorno all’altro, una settimana prima, avrebbe fatto carte false per non sentirsi addosso le responsabilità di una vita finita in tragedia, e ora, si sentiva improvvisamente pronta a prendere le redini del suo patrimonio e tutto quello che ne comportava. Era come se gli anni fossero passati tutti in quel momento, ora, che lei aveva guardato la realtà in faccia. In verità, era rimasta orgogliosa delle gesta del padre, non capiva da dove aveva sempre preso la sua forza e generosità e ne voleva provare le sensazioni. Le era venuto in mente, ora che ci pensava bene, che quella volta che era scappato in Irlanda nella notte, la sua preoccupazione era stata forte e non aveva esitato un attimo nel correre in aiuto. Nel frastuono di decidere in fretta cosa portare, aveva raccolto tutte le sue forze e non aveva mai dimenticato di salutare sua moglie con un bacio affettuoso e pieno di calore. I suoi genitori erano sempre stimati e rispettati, mai una lite violenta, una discussione troppo accesa, un muso tenuto troppo a lungo.

Perché era toccato a loro morire?

Andrea non faceva altro che pensarci e non ne trovava la motivazione, due genitori non glieli poteva dare più nessuno, ormai, e quelli che aveva in adozione, non erano un gran che. Sua zia era diventata sempre più oscena, era un periodo che parlava poco ed usciva di più. Quando Andrea era tornata dal mare, lei non aveva battuto ciglio e in verità, non n'aveva sentito la mancanza. Con piccoli gesti le aveva fatto capire che se voleva andare via per sempre, poteva anche farlo. A volte, quando si ritrovavano a pranzo insieme, anche in presenza di Filiph, Letizia aveva alluso ad una loro convivenza, magari, in una casa lontana dall’Irlanda. Andrea n’era stanca del suo comportamento, la vita spudorata della zia, la ripagava, sempre, di qualcos’altro e lei. La ragazza senza macchia, pronta ad aiutare tutti, era l’unica che soffriva. Le cose non quadravano, chi faceva del male, tutti la rispettavano, chi faceva del bene, non era mai considerata. Che legge strana regnava in quella casa, Andrea era andata in confusione e nonostante i suoi buoni propositi per il futuro, aveva insinuato nel suo cervello un nuovo dilemma.

Come si deve essere per ricevere amore?

Era una situazione che non tollerava più in casa e per quanto avesse cercato di ingoiare l’ira che l’assorbiva tutta, ora, n'aveva le tasche piene. Non la tratteneva veramente più nulla in Irlanda, la maggiore età l’aveva superata, David era partito per sempre e gli studi poteva benissimo riprenderli in Italia. Aveva paura di esporsi in questo modo, erano passati tanti anni e aveva un po’ di timore ad affrontare i posti della tragedia. Glielo aveva scritto ad Alfredo che sarebbe tornata e lui non aveva esitato ad esprimergli la sua gioia nel riaverla a casa, ma era anche preoccupato per il suo futuro, stare in Irlanda, forse, l’avrebbe allontanata da quei pensieri oscuri che la riportavano al passato. Una mattina Andrea n'aveva discusso con Patrizio, non ce la faceva più a tenere tutto dentro, se ci fosse stato almeno David, avrebbe potuto liberarsi del suo peso. Essendo una giornata molto calda, i due si erano seduti in veranda e sorseggiando una bella tisana calda, Andrea aveva buttato giù il male che aveva dentro.

-Tua madre, a volte, non si rende conto di quello che dice. –

Patrizio l’aveva guardata smarrito e con il musetto messo tutto verso avanti, aveva dovuto adeguarsi all’argomento.

-E’ estrosa è artistica. La vedo sai? Ma è mamma. – l’aveva giustificata.

Andrea non voleva risultare troppo aggressiva e per non deludere il cugino, aveva cercato di usare parole caute e discrete. Il venticello caldo che arrivava fin dove loro erano seduti, dava un certo senso di soffocamento, l’aria era appiccicosa e umidiccia.

-Ho l’impressione che non mi ascolta. – aveva iniziato a dire.

Patrizio non era d’accordo, ma, forse, non ci aveva mai fatto caso.

-Dai, non credo!Ma tu? Tu le hai mai parlato veramente? –

La ragazza si era sentita offesa, lo sapeva lei, alla fine la colpa era anche sua.

-Per dirla tutta…. – aveva esitato un attimo, ma poi, si era subito pentita e aveva parlato.

-Penso proprio che lei mi odi. Capisci? Mi odia. –

L’aria era diventata insulsa, quel discorso era incomprensibile per Patrizio che ascoltava.

-Se ti riferisci a quello che ha detto sulla convivenza tra te e Filiph, era solo per il tuo bene. – si era sentito così di giustificarla.

Andrea non aveva mai notato quel lato del carattere del cugino, stava dimostrando una certa intolleranza in quel dialogo e non permetteva che si pensasse qualcosa di diverso dalla sua posizione.

-Però, l’hai notata la sua ironia nel dirmi quelle parole, altrimenti non avresti aperto quest'argomento a cui io non mi ero minimamente riferita. –

-Ho Dio, come sei diventata polemica. – l’aveva accusata lui.

Non poteva credere alle sue orecchie, quel piccolo moccioso aveva deciso di uscire allo scoperto e aveva finalmente aperto bocca esprimendo ciò che veramente pensava.

-Non capisci vero? – le era venuto spontaneo domandargli.

Patrizio era tornato in sé e si era reso conto anche lui di non capire cosa sua cugina stava dicendo. Guardandola negli occhi, si era accorto che dentro aveva qualcosa che la faceva stare male, ma cosa? Non comprendeva.

-Ti trovi proprio male con noi? – poi aveva chiesto.

Se ci fosse stato David, forse, qualcosa l’avrebbe compresa, non era facile esprimere quelle sensazioni profonde che l’affliggevano, non era solo un pensiero, ma il percorso di una vita reale che l’aveva privata degli affetti più profondi.

Come poteva dirglielo a Patrizio?

Dopo cinque anni dalla morte dei genitori, come poteva dirgli che sentiva ancora in modo profondo la loro assenza? L’avrebbe voluto mettere di fronte le differenze che li dividevano, voleva dirgli che lui non aveva mai provato l’affetto materno, voleva spiegargli che era bellissimo festeggiare il natale insieme, sentendo il calore di una famiglia affettuosa e presente o trovare il bucato lavato, profumato e riposto nei cassetti con dedizione, ma non lo fece. Lui era abituato alla sua vita e non c’era niente di male se suo padre non esprimeva mai un'opinione, se sua madre non cucinava mai un buon pranzetto per loro, se suo fratello era partito senza dare un recapito dove farsi trovare. La tisana era finita e anche le parole, tanto che tra loro si era creato un imbarazzo pesante e Andrea si era buttata nella sua spontaneità disarmante.

-Ohi bò. – le era venuto dire per sfuggire a quel dialogo senza via d’uscita.

-Ma i tuoi erano perfetti? – gli era venuto di fare sentenza sui suoi affari privati.

Andrea non ci aveva visto più, giudicare in quel modo senza conoscere i fatti non le sembrava giusto ed era pesantissimo per lei ascoltarlo ancora.

-Potranno dirtelo i tuoi genitori, loro li hanno conosciuti e se hai tempo, chiedigli quante volte papà è corso in Irlanda per risolvere i vostri guai. –

Patrizio aveva riflettuto per un tempo illimitato e si era chiesto di quali problemi stesse parlando. Nel suo mutismo che aveva mantenuto, aveva messo una barriera elevatissima, non aveva più il coraggio di andare avanti e chiedere spiegazioni. Era imbarazzante la timidezza che l’aveva avvolto e in quel momento avrebbe solo voluto tapparsi le orecchie per non udire più nulla e soprattutto la verità del suo giudizio che era insopportabile. Senza, infatti, dire più nulla, si era alzato dalla panca e prendendo dalle mani anche la tazza vuota d'Andrea, era rientrato dentro. Parlare dei risentimenti custoditi nel cuore, non era facile, entrambi avevano avuto paura di ferire l’altro, era troppo l’affetto che l’aveva uniti e ora trovarsi faccia a faccia a discutere seriamente, era stato un colpo basso. Nella vita, ognuno vedeva ciò che la sua vista voleva vedere, i difetti o i pregi erano registrati dal cervello secondo la propria visione dell’esistenza. Patrizio aveva dovuto rimuovere la maggior parte degli eventi che l’avevano afflitto, la sua bontà eccessiva, aveva sempre sotterrato la sua voglia di dire la verità.

Possibile che era sempre stato felice?

Andrea ci aveva pensato bene, non era più una ragazzina e voleva affrontare sua zia faccia a faccia, doveva parlarle e avere il coraggio di dirle brutalmente tutto quello che pensava. Sfogarsi con Patrizio non sarebbe servito a nulla, lui era capace di ascoltare si, ma non aveva abbastanza fegato da esporsi. Ecco qual era la differenza tra i due fratelli, Patrizio era premuroso, dolce, disponibile, ma tutto questo finché si trattava di mantenere un segreto o di consolare qualcuno. David, invece, era arrogante, assente, vanitoso, ma quando c’era da agire o da esporsi, era il primo battagliero.

Che cosa poteva preferire Andrea? L’appoggio morale o quello pratico e reale?

Era stata costretta a porsi questo gran dilemma, in quella casa esisteva realmente una divisione netta, c’erano i buoni e i cattivi, i falsi e i veri, gli onesti e i disonesti. Armarsi di coraggio per lei non era stato facile, si era decisa nell’attimo in cui aveva preso coscienza, voleva tornare in Italia, ma voleva andarsene chiarendo prima la sua posizione. Quella stessa sera, si era fatta trovare da sua zia nell’atrio della casa e la sua intenzione non era delle migliori. Si, non ci avrebbe perso nulla e le avrebbe detto apertamente il risentimento che aveva per lei.

“Sei una donna indegna, una volgare borghesoccia, che si è arricchita con il lavoro degli altri.”. “La vita ti restituirà tutto il male che hai fatto ai tuoi figli, li hai abbandonati a loro stessi, non li hai curati ed assistiti, sei stata egoista e opportunista. Non ti avrei mai voluto come madre.”

Nell’attesa che lei rientrava, n’aveva pensate cose da dire, aveva accumulato abbastanza risentimento e rabbia. Certo, la odiava per la sua volgarità e non l’avrebbe più nascosto a nessuno. Una chiave si era inserita nella serratura e il rumore che aveva fatto girandola per aprire la porta, aveva provocato in Andrea un dramma ormai vicino. Era lei, tutta agghindata da capo a piedi, si era dovuta fare la piega ai capelli da poco, tanto che la loro forma, avevano un andamento perfetto. Il colore era di un rosso intenso e s'intonava perfettamente al rossetto che aveva sulla bocca carnosa. Era sicuramente una bella donna, ma troppo spudorata per i suoi gusti. Aveva un abito blu a fiori lillà chiuso a portafogli, il che lasciava intravedere quel seno prosperoso, forse, ritoccato dalla chirurgia estetica e i suoi tacchi altissimi di Manolo, le davano un'aria imponente. Appena aveva superato l’uscio di casa, aveva riposto il suo mazzo di chiave nella borsa di pelle firmata Gucci e nel vedere sua nipote rannicchiata in un angolo, aveva sussultato dallo spavento.

-Ma sei matta? Cosa ci fai lì seduta? – aveva subito parlato con il suo fare scontroso e prepotente.

Andrea l’aveva guardata da testa a piedi e n'aveva riconosciuto una perfezione sublime, com’era austera quella donna, com’era sicura di sé. Le era venuto improvvisamente un respiro pesante, e tutte le cose che aveva da dire, le aveva dimenticate.

Possibile aveva tanta paura di lei?

Patrizio e David dovevano sentirsi proprio così, succube di una donna imprevedibile e capricciosa.

-Vado in camera, ho sonno. – e così dicendo se n’era veramente andata mordendosi la lingua.

Era diventata codarda o, forse, lo era sempre stata, ma questo suo gesto non se lo sarebbe perdonato per tutta la vita. Ora, ricordava perfettamente cosa suo padre voleva intendere, quando diceva: -Non aver mai paura, se sai quello che vuoi. – Ma ora, che la paura le aveva bussato alla porta e lei non aveva avuto il coraggio di aprire per affrontarla, essa, sarebbe rimasta per sempre.

QUINTO CAPITOLO

La paura era stato il suo primo rimorso e vedendo, ora, tutta quella gente riunita intorno ad un solo uomo, le aveva provocato un senso di vertigine che non riusciva a controllare. Andrea si era finalmente resa conto di ciò che le stava capitando, le sue mani tremavano dinnanzi al potere degli altri. Non voleva ancora ammetterlo, ma si rendeva conto d'essere sola e di aver accantonato per troppo tempo, il torpore delle domande rimaste senza risposta.

Chi piangeva quell’uomo?

Nella sala luminosa, la bara era posta al centro e lei sentendosi veramente triste per quella scomparsa, non era riuscita ad avvicinarsi per dare un saluto degno a suo zio. C’era gente che entrava ed usciva, tutti rigorosamente vestiti in abito scuro, ma le lacrime dov’erano?

Quand’erano morti i suoi genitori, si ricordava pianti interminabili, urla di dolore e preghiere infinite. Lo zio Alfonso era stato un uomo strano, in casa non aveva mai parlato, aveva solo lavorato duramente per accertare ogni lusso ai suoi familiari, per cosa poi? Chi lo aveva mai amato?

Andrea doveva trovare il coraggio di decidere, non poteva più vivere con il dilemma di quelle domande irrisolte. Dopo la sepoltura raffinata, zia Letizia aveva organizzato una festicciola d’addio, con caviale e champagne, tutto elegante per non fare brutta figura. In quell’istante Andrea aveva deciso e con il viso coperto di lacrime, era corsa alla villa del signor Della Noce. Tra i due c’era stato un dialogo informale, quell’uomo sembrava freddo e calcolatore e la forma era più importante di una parola detta con il cuore. Lei non aveva mai smesso di piangere e con voce stridula gli aveva detto: -Venga al funerale. –

Lui l’aveva guardata appena e sorseggiando il suo brandy e dando una boccata ogni tanto al sigaro, puro cubano, aveva chiesto una spiegazione. La ragazza stava tremando, aveva paura di essere querelata, ma non si era trattenuta. Voleva riscattare in qualche modo la morte dei suoi genitori, mettendo a nudo la verità dei fatti. Lo zio doveva avere un funerale dignitoso e smascherare Letizia, dalla sua meschinità, lo riscattava da una vita vissuta con inganni e tradimenti.

-Lei deve venire al funerale per porre fine alla sua falsità. – aveva detto.

-Lei chi? – aveva solo risposto lui non capendo il suo intento.

Andrea si era accorta veramente di avercela con sua zia, se era arrivata al punto di pregare uno sconosciuto, umiliandosi e facendosi deridere alle spalle, qualcosa doveva significare. Era diventata avida di vendetta e guardandosi ora, non se ne capacitava. Il suo dolore era rimasto bloccato da qualche parte e aspettava solo di essere espletato.

-Figlio, ma io…. – non aveva fatto in tempo a finire che lei era già corsa via.

Quando finalmente era riuscita ad avvicinarsi al morto, aveva sperato che il suo coraggio l’avrebbe ripagata di tutto.

“Lui verrà” si era detta, ma il signor Della Noce non si era presentato e la ragazza aveva accolto il gesto come un atto di vigliaccheria. Ecco cosa intendeva per paura, quel risentimento mai dichiarato dava l’idea di un collettivismo smarrito e ipocrita. L’arroganza della zia, spaventava tutti e la sua spavalderia rendeva tutti dei minuscoli animaletti che si potevano schiacciare con il dito piccolo della mano. Andrea attendeva solo l’arrivo di David, Patrizio l’aveva avvisata che sarebbe tornato appena possibile e l’aveva messa anche in guardia su quei discorsi strani che ogni tanto tirava fuori. Quando aveva parlato, le sue spalle minute si erano ristrette ancora di più e la sua giacca a quadretti aderente, l’aveva reso un bimbo con la voce da adulto.

-E’ il funerale di mio padre, non farti prendere dai tuoi isterismi e non tirar fuori il dolore per la morte dei tuoi genitori. L’aveva detto tutto di un fiato e con voce decisa e i suoi occhietti rossi, lo facevano sembrare un diavoletto appena dichiarato.

Lei era rimasta smarrita e l’aveva scrutato per un po’. Patrizio, ora, aveva le braccia conserte per proteggersi da un brivido di freddo che l’aveva colpito d’improvviso.

Qual’era il suo scopo?

Per la prima volta, Andrea si era riconosciuta in se stessa, ossia, si era resa conto che chiunque poteva giudicarla. Da quando erano morti i suoi genitori, aveva veramente creduto di possedere una corazza impenetrabile, nessuno poteva offenderla o giudicarla prima di conoscerla. Patrizio, però, che l’aveva conosciuta a fondo, forse, se n’era fatto una concezione e gli aveva risposto a tono pensando di togliersi per sempre un peso. Rivoltando la frittata, anche lei si era fatta dei brutti giudizi su suo cugino, ma non per questo aveva sputato veleno su di lui. Si, se n’aveva avuto di nuovo l’occasione, gliene avrebbe detto anche lei di tutti i colori. Ora, però, che il ragazzo era ancora di fronte a lei, il coraggio le mancava e quel visetto smarrito ma indispettito, le faceva quasi tenerezza. In verità, si era resa conto che rivedersi con David, la innervosisse più del previsto, rendendola irascibile e impulsiva con gli altri, non era del tutto facile affrontarlo. Con la mente aveva già creato l’incontro e al solo pensiero di averlo di nuovo vicino, le mancava il fiato. Quel ragazzo le procurava delle vampe incontrollabili e improvvise e il tremar delle mani, l’avrebbe scoperta al primo movimento dell’arto. In quei tre anni che non l’aveva più visto, la questione era diventata più complicata, restando così lontana da lui, aveva scoperto tante cose che lo riguardavano. Il fatto che suo padre l’avesse aiutato in un momento, forse, difficile prima di morire, la legava a suo cugino in un modo viscerale. Nella sua testolina minuta, aveva ricostruito tutto e aveva immaginato David seduto di fronte lo zio, con l’anima e gli occhi di chi ha bisogno d’aiuto. Si, sicuramente in quei momenti aveva abbandonato la sua corazza da uomo duro e si era lasciato andare ad un sentimentalismo devoto e pieno di gratitudine. Non sapeva più come uscire da quei suoi ricordi troppo vivi per lei e nel frastuono delle fantasie aveva sentito un’auto che era arrivata a gran velocità. Affacciandosi dalla finestra della sua camera, aveva fatto una panoramica sul vialetto che le veniva dinnanzi, era estate e l’aria si era mantenuta fresca e il via vai della gente faceva pensare ad una di quelle feste magnifiche che si fanno solo in quella stagione. Il ritorno di David era stato un evento speciale e Andrea avrebbe giurato che quello non era il funerale di suo zio. David era sceso dalla macchina e non aveva nemmeno alzato lo sguardo per salutare sua cugina. Con la coda dell’occhio l’aveva dovuta vedere, ma non n’aveva dovuto avere la forza per fare un solo gesto di cortesia. Dall’aspetto era sempre trasandato e non aveva nemmeno mai tagliato quel suo ciuffo lungo da dannato. Portava dei jeans blu scoloriti e una t-shirt bianca, grande almeno quattro tagli più della sua. In mano portava solo una valigetta ventiquattro ore e il suo passo era come uno che aveva da risolvere un sacco di cose. Quando Andrea era scesa finalmente per salutarlo, aveva visto David che era andato incontro a sua madre e senza baciare neanche suo fratello, se l’era portata nello studio trascinandola per un braccio. Letizia aveva fatto un movimento come per sistemarsi la scarpa che le stava scivolando dal piede e spostandosi tutta in avanti, aveva mostrato involontariamente il suo petto prosperoso. Era affascinante e sensuale e quasi n'era gelosa come una fidanzata che vedeva il suo uomo con un’altra. Andrea insospettita e un po’ meravigliata, si era avvicinata a Patrizio e facendo uscire in lei quel diavoletto che tutti volevano vedere, gli aveva detto: -Ma non ti ha salutato? – però si era pentita subito, come al solito.

Il ragazzo era diventato piccolo e rosso in faccia, era stato un colpo basso il suo e ora doveva giustificarsi senza averne nessuna voglia. Patrizio era davvero un giovanotto perbene e somigliava molto a sua cugina nei comportamenti, erano docili, apprensivi, sensibili e per questo motivo, forse, avevano preso a stuzzicarsi, per non passare per bonaccioni e sciocchi.

-Tutto ha un suo tempo. – gli era venuto da rispondere dopo un’acuta riflessione.

-Già. – aveva accordato lei.

Quel via vai in casa, non finiva mai e per giunta, Letizia non aveva dispensato nessuno dalle visite. Quel lutto era arrivato per togliere la pace a tutti.

Era contenta si, che David fosse tornato, ma l’effetto che le procurava, la faceva arrivare alla conclusione che era meglio stargli lontana.

Quale vantaggio poteva trarne dalla sua presenza?

Era suo cugino e non sarebbe mai potuto diventare il suo amante e compagno, lui non l’aveva mai vista come donna e avendolo vicino, avrebbe solo sofferto di più, fino ad impazzire. In quei giorni, infatti, non aveva telefonato a Filiph e non aveva nemmeno fatto l’amore con lui. Era diventata scettica sul concetto del “rapporto per sempre”, se non poteva avere ciò che era chiaro che voleva, che senso aveva amare ancora?

Filiph per fortuna era un ragazzo comprensivo e quieto, non faceva mai rumore e ciò che andava bene ad Andrea, andava bene anche per lui.

Quando era finalmente rimasta di fronte a David, aveva per forza dato un esito positivo al suo pensiero contorto. C’era di nuovo distacco tra loro e suo cugino dimostrava al cento per cento la sua indifferenza, la doveva odiare anche lui, come sua madre. Andrea ascoltava il suo ritornello di saluto, forse, obbligatorio, aveva fatto il gesto di sistemarsi i capelli per mettersi un po’ in ordine, ma niente, lui non l’aveva notata e l’aveva solo guardata stupito non comprendendo i suoi gesti troppo espansivi. Era un susseguirsi di pensieri per lei, non capiva bene perché si sentiva sola nel bel mezzo del mondo che la circondava. Sembrava che tutti scappassero dalla sua vita per motivi ignoti, intriganti e oscuri. Avevano iniziato i suoi genitori con il morire in un momento delicato per lei, l’adolescenza. Poi David che era partito per ben tre anni, proprio, quando sembravano avvicinarsi, e ora, anche Patrizio che non la capiva e l’allontanava con le sue paroline taglienti. Aimè, si era accorta di amare veramente suo cugino e non poterlo esprimere, per la ridicolaggine che avrebbe dimostrato, la reprimeva facendole accumulare brutte figure e una sensibilità particolare che dava l’idea di una codarda impaurita. Non c’era gesto che la salvava da se stessa, aveva dato un’impressione sbagliata a tutti e quella era rimasta. Nella sua introversione, però, aveva trovato il modo di agire sotto sotto, con discrezione e meraviglia.

Non era mica stupida o ritardata?

Conoscendola bene, aveva un coraggio da leone e se voleva, poteva mangiarsi il mondo con un solo boccone. Anche ora, che David la guardava ancora stupito e incredulo del suo fare, lei aveva rimosso la testa per sistemarsi i capelli che le cadevano in faccia, ma l’aveva fatto stavolta con più forza e arroganza, quell’arroganza femminile che nessun uomo poteva resistere.

-Ohi bò. – aveva, però, detto tornando in ordine e questo aveva fatto di nuovo sorridere David.

Era un periodo oscuro per Andrea e per una strana ragione, aveva cominciato a sentirsi la ragazza senza volto. In quel posto lontano da casa, le mancava l’amore, quello vero, quello tangibile e meraviglioso. Da quando David era tornato, non aveva fatto altro che starsene rinchiuso nell’ufficio a discutere con sua madre, quei due erano diventati inseparabili, ma in modo strano. Il più delle volte urlavano di santa ragione e usavano un linguaggio che non era tanto comprensibile per che li ascoltava. Parlavano in segreto soffocando qualsiasi emozione davanti agli altri. Andrea per attirare un po’ la sua attenzione su di lei, aveva tirato fuori l’argomento delle lettere. Doveva darsi un tono e a tutti i costi doveva riprendersi da quell’atteggiamento da idiota che stava dimostrando. Aveva capito che David aveva bisogno di parlare apertamente, di fidarsi del suo interlocutore, ma per farlo, dinnanzi doveva trovarsi una persona adulta e intelligente. La sua estroversione e stravaganza assoluta, lo rendevano un ragazzo superiore e sicuro di sé. Sapeva interagire con gli altri e sapeva ben selezionare con chi discutere e chi no. Ecco, se lei fosse riuscita a farci un buon dialogo, come quelle mattine in cui parlavano davanti una tisana fumante, Allora avrebbe raggiunto un buon traguardo e più stima di se stessa.

Ma possibile che per avere più stima di sé doveva per forza avere un buon dialogo con lui? Solo con lui?

Era deludente si, ma era proprio così.

-Ho ricevuto delle lettere da Alfredo. – si era finalmente aperta esplorando in mente il suo piano diabolico.

-Ancora avete voglia di scrivervi con quello li. – gli era venuto subito da dire con il suo atteggiamento superiore.

Andrea voleva scaldare il suo cuore e voleva farlo d’improvviso, lasciandolo senza parole. Avrebbe dovuto guardarla aprendo gli occhi in un modo di chi fa una grande scoperta e n'è felice.

-So tutto. – aveva osato.

Lui si era mordicchiato il labbro con il dente laterale e aveva fatto una smorfia con il naso aspirando qualcosa che nell’aria non si vedeva.

-Sei una piccola insolente. –

Lei si era spaventata e aveva capito che di certe cose non voleva parlarne così apertamente, senza una motivazione.

-No, ascolta, è stato Alfredo a spedirmi quelle lettere, è stato lui. – e per togliersi il peso dal cuore che le aveva provocato quelle parole, aveva scaricato la colpa su Alfredo, come una codarda.

-Non so di cosa parli. – poi si era dato un tono lui per non cadere nei suoi soliti giochetti a doppio senso.

-Tua madre, che donnaccia. Ora lo sai di che cosa parlo? – e così dicendo gli aveva raccontato filo e per segno il contenuto delle lettere, dalla prima all’ultima.

Le era sembrato ad Andrea di averlo stupito abbastanza, i suoi argomenti erano stati finalmente sensati e con prove sicure e inconfutabili. David, in realtà, aveva reagito male e come al solito non aveva capito bene cosa lei voleva dire. Se avesse saputo veramente tutto, lui ora non sarebbe stato di fronte a lei a discutere. Una cosa allora era chiara, Andrea era ingenua e per capire le cose faceva una fatica insormontabile.

-Perché fai così? Ti sto dicendo cose che, forse, già sapevi, no? –

Lui aveva cercato in tutti i modi di nascondere l'ira verso sua cugina e per darsi di nuovo un tono decente, aveva detto: -Sono cose che mi fanno male e vorrei solo cancellarle. –

Ecco, finalmente David si era lasciato andare al suo volere e così facendo aveva permesso a lei di conversare con più tranquillità e confidenza.

-Io penso a mio padre. – aveva ripreso Andrea. –Tu non sai con quanta discrezione ha affrontato la situazione. –

-Ora che ci penso, mi ricordo di quel periodo e facendo bene i conti, capisco tutto. –

Si era fermata emozionata, poi, aveva ripreso.

-Mio padre ha sempre cercato di aiutarvi e in qualche modo ha risolto la situazione tra tua madre e il signor Della Noce. – Parlava a raffica elogiando in tutti i modi quella figura paterna che le mancava più della sua vita stessa.

-Mio padre non ci ha mai fatto capire nulla per non umiliarvi e se ben ricordi, con i suoi affari ti ha risanato i tuoi problemi finanziari e quelli della donnaccia. –

“Donnaccia era riferita a sua zia Letizia”.

-Quell’uomo che non avete mai pianto, è mio padre e io sono sangue del suo sangue. –

Alla fine si era persa in cose troppo personali per lei e quasi aveva dato riscatto al poco affetto che tutti avevano dimostrato per lei e per la famiglia defunta.

David si era messo l’anima in pace e aveva accettato tutto quello che sua cugina sapeva. Non poteva difendere sua madre e non aveva argomentazioni per giustificare anche lui la sua famiglia con onestà e coraggio. Quella ragazza che gli stava di fronte, aveva l’aria di una guerriera coraggiosa piena di valori e sicurezza. Era splendida, mentre elogiava suo padre in quel modo affannato e dolce, i suoi saldi principi la trasformavano da ranocchietta a regina, eppure, la sua ingenuità non le faceva comprendere la verità della medaglia a due facce.

Cos’è che li divideva a tal puntola farli discutere animatamente?

C’era un punto in comune che li scansava da loro stessi e dall’amore che provavano l’uno per l’altro, era Letizia che con i suoi atteggiamenti spudorati, non li faceva arrivare ad un accordo preciso. Andrea la criticava per la vita che aveva vissuto in passato e che ancora si trascinava con sé dandone prova al funerale di suo marito, e David la giustificava usando l’arma del “nessuno è perfetto”, così fino a giustificare se stesso.

Come sarebbero mai potuti andare d’accordo?

Suo cugino era comprensivo con quella donna, ma l’odio che veramente provava, era li lì per essere rivelato, dal suo sguardo, dai suoi gesti, dalle sue mezze parole.

Letizia dopo i tre giorni richiesti per i funerali, aveva ripreso alla grande la sua vita sfarzosa e non si era per niente guardata dai giudizi degli altri. Andrea nel suo intimo aveva sospettato ancora in una relazione tra lei e il signor Della Noce, ma niente aveva potuto indurla verso quella direzione. Quell’uomo, da quando lei era in Irlanda, non si era mai intromesso nella loro vita e ancora di più non si era mai fatto vedere vicino casa loro, eppure, non abitavano distanti, anzi.

Chissà come l’aveva ridotto la donnaccia, nell’animo intendeva. Lei ne sapeva qualcosa dell’amore passionale e segreto e soffriva per lui. Il più delle volte, Letizia organizzava delle cene sfarzose con i figli, gli amici e conoscenze sporadiche. Sempre aveva insistito sulla presenza di Filiph, Spingendo ad Andrea d’invitarlo con loro. David dopo più di una volta che l’aveva incontrato, aveva capito che c’era qualcosa d'intimo tra lui e la cugina e se n’era meravigliato abbastanza. Non che Andrea ostentasse la sua dolcezza su quel ragazzo, ma qualcosa li faceva apparire una coppia. Filiph, per esempio, nei suoi movimenti nella sala, tendeva sempre un braccio verso dietro, come per prendere la mano di qualcuno e guarda caso, dietro di lui c’era sempre Andrea. Quando questa storia si era propagata per un tempo abbastanza lungo, lui aveva dimostrato una certa gelosia che l’aveva indotto in guerriglie mai dichiarate tali e in discussioni poco diplomatiche. Lui non aveva mai una donna fissa e andava dicendo in giro che il sesso lo ripagava di tutto l’amore che non aveva mai provato. Era sprezzante verso certi sentimenti e ancor di più lo diventava, quando si trovava dinnanzi Andrea e Filiph. Era troppo nervoso da quando era tornato e lo dimostrava senza pudore o vergogna. Un giorno, per scansarsi dai suoi gesti d’ira impaziente, si era introdotto nella stanza della cugina, quando lei era uscita per raggiungere il suo amato e aveva frugato nei cassetti per trovare quelle lettere di cui gli aveva parlato con tanto ardore. Voleva essere sicuro di quanto lei aveva letto e solo allora, avrebbe riposto le armi, non c’era altro pericolo. Per Andrea, invece, si stava creando una situazione strana, da una parte c’era l’amore sempre più arduo che stava crescendo per suo cugino, dall’altra c’era il timore che provava alla presenza della zia. Quando era lì per esprimere i suoi sentimenti trattenuti troppo a lungo nel cuore, c’era quella donna imponente che le faceva tornare alla mente la sua dignità.

Con quale coraggio avrebbe potuto affrontarla sapendo il terrore che le provocava? L’avrebbe solo resa ridicola davanti a tutti e, forse, ancor di più avrebbe infangato il nome di suo padre per l’insegnamento meschino che le aveva impartito. No, avrebbe taciuto per sempre i suoi sentimenti a costo di rimanere infelice nell’animo e nel cuore. Così facendo, però, soffriva in maniera esagerata e più si diceva che era giusto ragionare in quel modo, e più andava cadendo in un baratro senza fondo. Quando David era andato frugando tra le sue lettere, lei, per pura coincidenza era rientrata per riprendere la borsa che aveva dimenticato e l’aveva sorpreso lì, seduto sul suo letto a leggere tra le carte con ingordigia. Per non scatenare altri litigi inutili, si era nascosta per non farsi vedere e dall’angolo buio, adiacente alla camera di Patrizio, l’aveva scrutato nei suoi modi frettolosi che stava usando nel leggere per non essere scoperto. Andrea era tranquilla perché il contenuto dei fogli gli era già stato detto e non c’era una parola di più, che l’avrebbe resa bugiarda.

Era strana però quella sua intrusione, cosa voleva significare?

Per un po’ aveva fantasticato ad occhi aperti e tra un pensiero positivo e uno negativo, si era voluta regalare una motivazione tutta sua.

Possibile che anche David provava dei sentimenti per lei?

Giustificare il suo cuore era diventato difficile, era il tremolio alle gambe che l’ingannava, quelle frasi dette con il groppo alla gola. Non riusciva più ad uscire da se stessa e l’idea che suo padre avrebbe potuto guardarla da lassù, la inibiva come non mai. David le provocava una sorta di desiderio assoluto, una voglia di far l’amore bruscamente, senza riguardo. Tutte le volte che era seduta al tavolo con i parenti, doveva bere ogni minuto un sorso d’acqua per non restare a bocca asciutta e non far trasparire l’emozione pura che provava ad avere il cugino più grande di fronte. Patrizio, pur conoscendo Andrea non aveva intuito nulla e per dirla tutta, sembrava vivesse nel mondo dei sogni. Aveva ripreso ad assumere quell’atteggiamento freddo di chi si difende per non essere attaccato, ma era la paura la sua, la stessa che provava lei dinnanzi zia Letizia.

Quando era tornata la sera tardi, Andrea aveva colto l’occasione per farsi una tisana calda per scaricare ogni tensione che la rendeva nervosa. Dopo che aveva fatto una doccia veloce e si era vestita dei suoi panni da notte, aveva dedicato un po’ di tempo a sé, senza fretta. Quasi come un presentimento, aveva raccolto tutte le lettere dal cassetto e le aveva sparse sul tavolo in bella vista. Poi, aveva acceso i fornelli e aveva messo a bollire l’acqua. Nell’attesa, aveva riletto qualche pagina e senza saperne il motivo, aveva provato un dolore forte allo stomaco, come un brutto presagio che aleggiava nell’aria.

In quello stesso istante, come previsto, David era entrato in cucina e aveva fatto un cenno di saluto come se stesse per uscire di nuovo, ma qualcosa che le era venuto subito alla vista, l’aveva ancora trattenuto.

Cosa ci facevano quelle lettere sparse in quel modo sul tavolo?

Andrea aveva notato subito quel suo ripensamento e per una volta si era sentita furba e astuta, tanto da esserne fiera.

-Scusa il disordine. – così aveva detto dandogli, poi, le spalle.

-Ancora con queste lettere? – aveva ribadito lui ormai sicuro del contenuto.

-Perché ancora, ti hanno, forse, stancato? –

-Non le ho nemmeno lette, figurati se possono stancarmi, era così per dire. –

Andrea si sentiva di averlo in pugno e aveva voluto osare. Senza vergogna, finalmente, aveva richiesto il motivo per cui il signor Della Noce aveva dovuto chiamare suo padre per i loro affari, che a lui non riguardavano per niente. David non si era meravigliato della domanda e le aveva spiegato con pazienza che in quel periodo la situazione era degenerata.

-Ero innamorato della figlia del signor Della Noce e quando ho saputo che mia madre era l’amante del padre della mia donna, non ci ho capito più nulla e ho perso la testa, ero furioso. –

-Il signor Della Noce mi temeva ed è stato lui a farmi lasciare la figlia, per il suo egoismo, quindi…. – si era fermato per prendere fiato, poi, aveva ripreso. –Forse, non potendo parlare con nessun altro, ha pensato di chiedere aiuto a tuo padre, magari per scaricarsi la coscienza, tutto qui. – e facendo un sospiro di sollievo per il lieto fine, si era alzato dalla sedia dove si era accomodato per un attimo ed era uscito facendo un solo cenno di saluto.

Era stato diverso dalle altre volte, David in quell’occasione aveva usato un atteggiamento molleggiato e quando era andato via il suo passo mostrava un certo cedimento, come se fosse un passo falso. Nello stesso istante che aveva pensato questo, le era tornato alla mente suo padre che, quando, diceva una sana bugia, il labbro superiore gli si alzava leggermente, svelando ogni suo tentativo di occultare le prove. N'aveva sorriso da sola guardando ancora suo cugino che usava quella camminata strana.

Ecco perché l’amava, ma si era corretta subito e si era detta che era da stupidi continuare a perseverare con quel chiodo fisso. Ora, che era finalmente tornato dopo tre anni d'assenza, non voleva buttare fuori altri argomenti che magari l’avrebbero scosso. D’istinto era corsa all’uscio di casa e afferrandolo per una spalla l’aveva bloccato. Quando si erano trovati faccia a faccia, lei si era domandata come faceva a trovarsi in quella posizione se un attimo prima aveva deciso di non fare sciocchezze.

-Che cosa c’è? – si era voltato lui quando la porta era già aperta e facendo un movimento rotatorio aveva rovesciato il ciuffo da dannato sugli occhi, rendendolo tutto capelli.

Andrea ancora per istinto aveva alzato la mano destra per metterglielo al posto e guardare di nuovo i suoi occhi penetranti.

-Lascia stare. – aveva reagito lui innervosendosi.

Come tutte le donne, lei si era chiusa nel suo guscio e aveva tirato fuori una sensibilità disarmante, non sapeva più come reagire. Poi, per chissà quale santo protettore, aveva ripreso a parlare, rendendosi ancora più ridicola.

-Ohi bo. -. Aveva tirato fuori dalle sue corde vocali ormai scordate.

David aveva riso di lei e aveva continuato il suo passo come se non avesse mai udito nulla, non voleva metterla in imbarazzo. Era di un’arroganza assoluta, come sua madre d’altronde e l’avrebbe pagata cara. Odiava quella famiglia per il male interiore che le provocava senza accorgersene, erano troppo indifferenti, mai una parola giusta, un dialogo concreto, una formalità qualunque, la più piccola. Con il loro carattere chiuso, Andrea aveva avuto poche occasioni di crearsi una vita vera, tranne Filiph che l’adorava, non aveva mai avuto contatti con nessuno, nessuna amicizia di cui ne valesse la pena parlarne. In tutti quegli anni si era quasi abituata a quella solitudine forzata, tra balli e cene che aveva fatto, non c’era una persona degna d'attenzioni. Ma anche Letizia che era così aperta e sofisticata, non intratteneva amicizie uguali nell’arco del tempo che passava. Ogni volta, entravano in quella casa personaggi diversi, tra avvocati, magistrati e donne profumate, il contatto umano era minimo, o forse, assente del tutto. Il più delle volte Andrea si era sentita confusa e aveva provato quasi un senso di rigetto per quello strano modo di vivere, lei c’era, ma non se ne capacitava, non se ne faceva una ragione. Era aspro quell’odore che incominciava a sentire con il suo nasino all’insù come i francesi. L’ambiente ricco e sfarzoso della casa, era diventato improvvisamente un luogo misterioso e carico di discussioni. C’era stato, in effetti, un movimento d'azioni poco comprensibile, tra le parti s’era creato un disguido che non riusciva più a prendere accordo. Letizia, per un lungo periodo, si era chiusa in uno strano silenzio e David aveva aumentato il suo nervosismo prendendosela, indifferentemente, con chi gli capitava davanti. Il più delle volte, mostrava degli occhi spalancati, come uno che si è fatto meraviglia di qualcosa, ma il suo guardare e non vedere, faceva paura. Quando tutti e due si trovavano insieme, lei urlava insistendo su qualcosa che le premeva molto e lui con presunzione e a mezze parole, diceva di avere ragione. Patrizio, sembrava un pupazzo animato, senza orgoglio e senza più voce in capitolo. Sua madre lo ignorava completamente e se avesse dovuto dire qualcosa, si rivolgeva solo verso David, forse, suo figlio prediletto.

-Mi hanno telefonato questa mattina, dov’eri? Ti ho chiamato, ma il tuo cellulare era spento, mi vuoi fare impazzire? – aveva parlato Letizia una sera che erano tutti a tavola.

In quell’occasione David era tornato tardi e vedendo apparecchiato anche per lui, si era seduto per fare bella presenza. Aveva alzato il piatto coperto e non gradendo quello che era stato cucinato, aveva riposto tutto com’era prima ed era stato allora che sua madre aveva urlato.

-Che cazzo vuoi? I problemi sono forse i tuoi? – aveva risposto agitandosi più di lei.

Letizia si era morsa la mano per stare zitta, ma le sue parole non dette, per David erano state più significative di un lungo discorso. Andrea aveva udito in silenzio e dando ogni tanto un’occhiata a Patrizio, aveva fatto delle smorfie come per dare ad intendere che non ne capisse la motivazione.

I due, invece, rendendosi conto dello scompiglio che avevano creato in casa, si erano appartati nell’ufficio per una buona mezz’ora. Quando erano tornati, avevano trovato i ragazzi seduti sul divano e la presenza improvvisa di Filiph, li aveva colti di sorpresa.

-Ah bene, c’è anche il fidanzatino. – gli era venuto di dire a David vedendolo comodo come se fosse stato a casa sua.

Andrea si era alquanto infastidita e per dargli ancora adito di parlare, aveva cominciato a baciarlo con ardore, Filiph, invece, non aveva nemmeno capito l’ironia che aveva usato nel suo tono. Nel frattempo, il cugino maggiore si era riempito un bicchiere di wisky e sedendosi tra i due, aveva chiesto al ragazzo se ne gradiva anche lui un bicchiere.

-No, sono astemio. – aveva risposto.

-Ci scommettevo. –

Andrea, ancora più indispettita, aveva deciso di mettere in piazza tutti i bei pregi del fidanzato e aveva cominciato ad elogiarlo.

-Lo sapevi che è un bravissimo archeologo? – aveva così cominciato.

David aveva fatto un mezzo sorriso, come se avesse di meglio a cui pensare, ma per far contenta sua cugina, aveva chiesto nello specifico del suo mestiere.

Filiph, orgoglioso di ciò che faceva, aveva incominciato a spiegare in cosa consisteva la sua disciplina.

-L’archeologia è bella perché studia le civiltà e le culture umane e tutte le loro relazioni con l’ambiente circostante, mediante la documentazione e l’analisi delle tracce materiali che hanno lasciato. –

-Interessante. – aveva detto David sorseggiando il suo liquore che l’aveva un po’ stordito.

-Sono una serie di studi che ti appassionano sempre di più, io non saprei fare altro. – gli era venuto di dire ancora con gli occhi splendenti.

Patrizio ascoltava senza dir nulla e Letizia si era accesa una sigaretta per passare anche lei il tempo e per calmare anche il nervosismo che aveva in corpo.

-Mi ricordo qualcosa che ha a che fare con il carbonio 14, sai, questa materia ce l’ho nel sangue anch’io. – David aveva continuato a parlare come una presa in giro per il suo mestiere, ma Filiph, stanco o troppo preso per capirne l’ironia, aveva continuato a spiegare il suo sapere.

-Bravo, quello che dici tu, è un metodo che si usa per datare degli oggetti trovati e riguarda nello specifico i materiali organici. Poi, c’è la dendrocronologia che è per il legno, la termoluminescenza e l’archeomagnetismo che sono per ceramiche, laterizi e terre di fusione ecc. –

-Te lo devi sposare questo. – aveva detto poi rivolgendosi alla cugina, con il solito sorriso da presa in giro.

-Raccontagli tu, invece che cosa fai. – l’aveva provocato la ragazza, infastidendosi del suo umorismo che non faceva ridere nessuno.

-Oh si, gioco a hurling. –

-Non ci sono mai riuscito io, ma so che è uno sport d'origine antichissima, il più antico gioco Europeo. –

-Ah si? E scommetto che sai tutta la sua storia. –

-Per quel che ho letto da qualche parte, so che è stato portato in Irlanda dai Celti, ma dopo l’invasione dei Normanni, nel secolo…- aveva fatto una pausa per ricordare bene, ma lo sapeva sicuramente.

-Pensaci bene, mi raccomando. – lo prendeva in giro ancora lui.

-Nel XII secolo, è stato proibito dalla corona Inglese. –

Andrea a quel punto si era alzata dalla poltrona e avendo capito che suo cugino non era per niente fiero del ragazzo, aveva dato la buona notte e si era congedata.

David, in qualche modo, si era pentito del suo atteggiamento troppo arrogante e aveva iniziato a parlare con più calma.

-Sei un bravo ragazzo, sai? – aveva detto ad alta voce per far udire il suo improvviso buonismo anche ad Andrea che era quasi sull’uscio della sala.

-E tu, non mi dire che nella vita giochi solo a hurling? – finalmente si era svegliato.

David era diventato serio e bevendo l’ultimo sorso di wisky, aveva fatto una pausa lunga per rispondere. Andrea era ancora lì, nell'attesa di sentire una sua parola concreta, che raccontava veramente la sua vita e ciò che lei ancora non sapeva di lui.

-Io insegnavo equitazione. – aveva sospirato profondo prima di parlare e nel dirlo aveva guardato la madre che stava lì, immobile nel suo abito di raso blu scollato, senza aprir bocca.

Andrea in quel momento aveva chiuso gli occhi e l’aveva immaginato cavalcare i suoi cavalli che da quando c’era lei, lui non aveva mai toccato.

-Ora non lo fai più? – aveva chiesto Filiph interessato davvero.

A quel punto, Letizia si era agitata e senza dare spiegazioni, si era rivolta a suo figlio grande e aveva detto: -Io vado a letto, mi raccomando a te. – e usando uno sguardo cattivo, si era congedata sul serio.

-Quando partivi ogni volta senza lasciare tracce, dove andavi? – si era intromessa finalmente Andrea facendo una domanda che le stava veramente a cuore.

Patrizio aveva seguito sua madre e per un po’, si era lasciato coccolare da lei.

-Lasciata la capitale, mi dirigevo verso sud in una cittadina chiamata Kildare, famosa per la cattedrale di S.Brigida, la conosci? –

Filiph aveva fatto cenno di no e l’aveva pregato di continuare.

-Nelle vicinanze, si trova la scuderia nazionale, il più famoso allevamento di cavalli puro sangue Irlandesi, è lì che passavo le mie giornate, contenta? – si era rivolto a sua cugina con un certo ardore.

Lei era rimasta impallidita perché in tutti quegli anni che era mancato, chissà cosa aveva creduto che faceva. Il più delle volte lo aveva immaginato in un bordello a fumare e a bere, e con questa e con quella, a fottere come un dannato. Si odiava per questo, giudicava prima di sapere e nella sua testa si creava dei film incredibili che solo lei poteva fare. La loro vita, in fin dei conti era semplice e non c’erano grandi scheletri nell’armadio da dover scoprire, tutto ciò che sembrava misterioso, si riduceva poi, a delle abitudini comuni, come chiunque.

David, però, per essere sincero del tutto, in quell’occasione aveva annunciato la sua nuova partenza, e guardando negli occhi sua cugina, aveva detto che non aveva scelta.

Andrea era rimasta allibita pensando che fosse tornato per restare e, invece, quella notizia, l’aveva resa di nuovo vulnerabile. Non era riuscita a dir nulla e neanche David, che aveva notato la sua fragilità nell’ascoltarlo.

-Buona fortuna. – si era sentito così di dire Filiph, che non era coinvolto affatto.

Andrea questa volta aveva dato la buona notte ed era andata davvero via, lontano da quelle parole che l’avevano sconvolta più di una vera pugnalata.

SESTO CAPITOLO

David era preso ad organizzare la sua partenza, e questa volta, non sarebbe più tornato. Non aveva preparato, in realtà, nessuna valigia pesante ma, due robe, così, prese a caso. In quegli ultimi giorni, era diventato più triste e di rado aveva spiccato una parola, nemmeno con sua madre. Aveva qualche pensiero troppo grande per lui e si notava subito, bastava guardarlo negli occhi per capire la sua disperazione.

Perché si faceva carico di tale bagaglio?

I suoi ormai venticinque anni erano pochi per il suo stato mentale, che andava oltre il normale pensare comune, lui pretendeva tutto e il mondo doveva stare ai suoi piedi, come un re. Era il quattro agosto del 1999, l’anno più brutto della sua vita. Aveva poco tempo per organizzare i suoi affari, doveva decidere dove andare e il tempo a disposizione era poco. Il più delle volte stava al telefono a discutere di qualcosa che non si capiva bene, parlava con persone mai sentite nominare prima e se Andrea gli chiedeva chi fosse, lui diventava evasivo e scorbutico. Per più di una volta, aveva pensato seriamente che l’avesse con lei, non poteva essere un equivoco, i suoi atteggiamenti parlavano da soli. Andrea per attirare ancora la sua attenzione, aveva deciso di metterci una pietra sopra e per dare una tregua, lo aveva invitato ad andare con lei al Dublin Fringe Festival.

-Ho molte cose da fare. – aveva solo saputo rispondere lui alla sua gentilezza.

-Fammi un regalo prima di partire. – l’aveva pregato lei per l’ultima volta.

-Ci penso, ora lasciami in pace. – e non aveva aggiunto altro.

Era impegnativo il Festival, ma era per lei un’occasione da non perdere, venti giorni e venti notti d'eventi teatrali, spettacoli di compagnie Irlandesi e non solo, quale migliore possibilità di sistemare il loro rapporto deteriorato?

David aveva provato tenerezza per quella proposta un po’ equivoca, con il suo atteggiamento si era prostrata ai suoi piedi, però, nello stesso tempo gli aveva dato la possibilità di decidere cosa fare.

Perché pensava a lei in un altro modo?

Lui non aveva più una donna da chissà quanto tempo, si era quasi dimenticato dell’emozione che si poteva provare nel sentire il solo odore femminile, e ora, stare vicino ad Andrea era diventato un tormento, che cosa aveva fatto di male per meritare tutto ciò?

In quei giorni ci aveva anche pensato al suo invito, ma nessuno lo poteva più smuovere dalla sua decisione, doveva partire assolutamente, anche se, in realtà, non aveva scelta. Tutta una vita, l’aveva sprecata con dei rancori troppo forti per la sua età, non era più lo stesso da allora, sembrava tutto un sogno, ma la verità lo rincorreva creandogli degli incubi spaventosi. Spesso, nella notte lo sentivano lamentarsi, un po’ urlava, un po’ piangeva, ma le parole erano sempre soffocate come dei gemiti di un animale che veniva squartato in due.

Era tanto tempo che non si lasciava andare, nonostante l’apparenza facesse credere il contrario e in cuor suo, aveva bisogno di dire si, all’abbandono totale. L’insostenibile leggerezza dell’essere aleggiava nelle parole e nei gesti dei componenti della casa, l’aria rimaneva viziosa fino in fondo e oltre il pensiero d'ogni uno. David che sembrava il più matto di tutti, aveva, finalmente, assunto un atteggiamento cauto, nascosto, quasi clandestino.

Una mattina, di buon ora, aveva sentito dei rumori in cucina e intendendo chi poteva esserci, si era alzato per controllare. Erano appena le sei e come se il suo fiuto fosse infallibile, aveva trovato chi desiderava trovare. David quella volta, aveva un aspetto diverso, la sua umiltà improvvisa traspariva ad occhi chiusi, il suo andamento non era più molliccio, anzi, la sua postura raccontava la storia di un ragazzo per bene, che aveva compreso e si era assunto le responsabilità della vita. Il ciuffo lungo continuava a cadergli sul viso scarnito e sciupato, ma la sua espressione era finalmente di una persona comprensiva.

Cos’era successo tutto d’un colpo?

Andrea aveva sussultato vedendolo arrivare, da quando era tornato, ci aveva messo una pietra sopra e aveva abbandonato l’idea di conquistare suo cugino. L’aria sonnecchiata che aveva, le dava l’aspetto di una bambina piccola e la vestaglia bianca con i merletti, la rendeva candida e pura. Tutto poteva succedere quella mattina, anche una riconciliazione saggia. David, aveva cominciato a parlare, a voce bassa e tra uno sbadiglio e l’altro, non sapeva, in realtà, come aprire il discorso lasciato a metà, voleva dirle che per il Dublin Fringe Festival andava bene, accettava la sua proposta a condizione di non tornare a fare discorsi vecchi che ormai sapevano a memoria.

-Venti giorni e venti notti? Sei sicura di volerli trascorrere con me? – aveva chiesto.

Andrea non credeva alle sue orecchie e come per esserne sicura di aver udito bene, si era avvicinata a lui con aria sospettosa.

-Non te ne pentirai. – poi aveva detto capendo che quello di suo cugino era stato un gesto grande per le sue possibilità.

Non era tanto il caratterino brusco che la infastidiva, ma il suo protrarsi verso un non so che di misterioso che lo celava e lo faceva apparire, in un certo senso, in una persona ignobile e segreta.

Anche lei, a volte, si riservava delle cose tutte per sé, ma usava un comportamento meno contorto, senza troppi sottorifugi.

Erano, poi, andati al festival e l’approccio tra loro era stato come quello di due persone che trascorrono per l’ultima volta una giornata insieme. Andrea si era arrovellata il cervello per comprendere i suoi malesseri, David era sempre smanioso di fare, ma il tempo non gli bastava a sufficienza. La prima notte avevano assistito al concerto degli U2 e nonostante la folla quasi soffocante che si spingeva l’una contro l’altra, l’atmosfera si era mantenuta romantica, come ad un concerto classico di J.Field.

-Ohi bo, one…è la mia canzone preferita. – aveva urlato lei folgorata dalla bravura di Bono e dall’emozione che provava in quel momento a stare pelle a pelle con David.

Filiph aveva accettato anche lui di andare e per non far rimanere male nessuno, avevano spinto anche Patrizio, che non amava per niente questi eventi, ad andare con loro.

Non era ben decifrabile la sensazione che provava lei in quel momento, era un misto d'euforia e di paura di perdere per sempre quell’unico momento d'intimità, aveva provato più passione quella prima sera al festival che, quando faceva l’amore fisico con Filiph. Non era qualcosa che si poteva spiegare realmente e piano piano, stava crescendo senza più controllo o razionalità.

Quando aveva suonato per dodici minuti la sua canzone preferita, lei n’aveva approfittato e trovandosi il cugino al fianco, gli aveva preso la mano e alzando il braccio verso l’alto, erano stati così, stringendosi con forza. Lui mostrava le dita lunghe e affusolate, lei, invece, donava la sua mano molto piccola e sudata, che avrebbe pagato oro per restare ancora in quel modo.

Com’era potuto succedere? Non finiva mai di domandarselo.

Tra tanti ragazzi Irlandesi, che spassavano in giro dalla mattina alla sera, proprio di lui doveva invaghirsi? Suo cugino, sangue del suo sangue.

Filiph con il suo solito impermeabile beige che lo manteneva fresco anche d’estate, non aveva dato adito ai pettegolezzi, non si era accorto di nulla e non aveva mai notato l’indifferenza che Andrea gli mostrava. Era una sorta di sortilegio, una magia intrinseca che nascondeva una verità troppo evidente.

I quattro ragazzi, forse, stavano vivendo l’unico primo contatto umano, erano uniti come non mai, ed era come se fossero tornati adolescenti, come quando Gregorio, il padre d'Andrea, riuniva la famiglia, con cugini, nipoti, ecc, e creava l’ambiente giusto per stare in armonia.

“Oh, papà”, aveva guardato lei il cielo quella notte pensando all’unico suo sentimento importante che aveva avuto nella vita.

Suo padre, suo unico conforto, una spalla forte dove appoggiasi nei momenti di fragilità.

Chi poteva donarle ancora quella sicurezza che solo lui gli aveva dato?

Non esistevano più i ragazzi di una volta, quegli uomini sazi di galanteria, pronti a tutto per costruire famiglia e garantire un futuro ai figli. Gregorio era stato bloccato nel fior fiore degli anni, proprio quando, i suoi sentimenti erano rafforzati dall’amore di lei e Marianna. Quaranta otto anni perduti per un incidente di cui non era nemmeno responsabile, una sparatoria che, forse, era destinata a qualcun altro. Il destino era stato scontroso e alquanto dispettoso, perché non l’aveva avvisata prima?

Se qualcuno l’avesse preparata, lei avrebbe provveduto a dovere, avrebbe fatto da scudo o per lo meno, avrebbe ceduto la sua vita per quella dei genitori.

Ora, era tutto diverso, l’amore non voleva arrivare e l’affetto che provava per i suoi cugini, non era ricambiato del tutto. Anche Letizia, devota solo ai suoi gioielli, abiti firmati e cibi prelibati, non si era accorta di nulla, non si era accorta della morte dei parenti, della solitudine d'Andrea e della pericolosità che mostrava David nel suo comportamento ambiguo.

Chi li avrebbe salvati dal loro destino? Erano, forse, protetti da un forza superiore più grande di loro?

Gli U2 avevano smesso di suonare e con loro era finita tutta la magia. Andrea n’aveva approfittato per fare un giro tra la folla e per rinfrescarsi un po’ quella bocca arida che si ritrovava dopo aver gridato come una matta: -Bono sei il migliore. –

Filiph era già andato avanti da una buona mezz’ora e quando lei stava per avviarsi, lui tornava del tutto sbronzo. David che gli stava dietro, sorrideva con malizia e guardandola fissa negli occhi, aveva detto urlando per la confusione che c’era: -Te l’ho riportato, anche se così malandato io non me ne farei niente. –

Andrea si era offesa perché le dava fastidio il suo comportamento da “uomo superiore” e gridando anche lei a squarcia gola aveva risposto a tono: -Ohi bo, stai rovinando tutto. – ed era corsa via verso le toilette.

La fila non finiva mai e per arrivare al suo turno, aveva dovuto aspettare una buona mezz’ora. Era a suo agio nei panni che aveva indosso, era limpida nel viso e nello sguardo. Aveva messo una canotta nera aderente a bretelle sottili, una minigonna di jeans che le copriva appena il sedere e degli orecchini d’argento con le pietre azzurre che la rendevano sofisticata.

Sentiva nel petto un ansimo che la spingeva a dirgli tutto, suo cugino, in effetti, l’aveva pronunciato chiaramente, senza usare un doppio senso.

-Godi adesso della mia tranquillità, maledizione alla vita mia. – e come al solito aveva soffocato il resto delle parole che si erano perdute nell’aria, lasciando, però, un non so che di traducibile.

-Ho ben altro da fare che stare qui con voi. – sembrava dicesse in realtà.

Mentre si dirigeva di nuovo verso i compagni, Andrea aveva notato la trasformazione di quel viso disteso che aveva assunto fin ora David. Era troppo frenetico quel pensare che faceva, un momento era contenta di averlo vicino, l’altro, si pentiva di aver tanto insistito a trascorrere due giorni senza lasciarsi mai.

Qual’era la prerogativa primaria per quella ragazza buttata così, in una vita nuova, tutta da scoprire e da accettare?

David l’aveva raggiunta fino al cuore e trovandolo ancora al suo fianco, aveva avuto davvero paura. Una paura incontrollabile, sazia d'emozioni esplosive e nello stesso tempo degradanti. Si sentiva umiliata e sporca per quell’amore forte che provava per il cugino. Pensando ad una figura maschile per eccellenza, le veniva davanti suo padre e la costanza che aveva avuto nell’amare una sola donna per tutta la vita. In questo non transigeva, lui era convinto veramente dei suoi valori e andava contro tutti pur di mantenerli vivi.

Nella sua crescita interiore, si era accorta che l’amore non era ciò che visibilmente le appariva bello, ma essa si presentava nei modi più imprevisti possibili, senza tener conto dell’età, della parentela, dell’aspetto fisico ecc.

Ora, che tra tutta quella folla, lei scrutava di nascosto quel viso scarnito e deperito da qualcosa d'oscuro, si rendeva conto che non poteva in nessun modo controllare quelle sensazioni insidiose e meravigliose che provava.

Tutta la gente spensierata che saltellava a ritmo di musica, la rendeva sola e sconclusionata.

Qual’era il suo vero posto?

Mentre teneva anche lei le mani in alto per non sembrare diversa, si era domandata cosa ci faceva ancora li, nel bel mezzo di una crisi emotiva.

Nel trambusto era tentata di scappare via e quando David, si era lasciato andare ad un contatto fisico con una sconosciuta che le stava vicino, lei se n’era davvero andata via senza dire nulla.

Filiph non si era accorto di niente perché per tutto il tempo era stato sdraiato su una poltrona, sfiorando il patetico e Patrizio, non sapendo cosa fare, l’aveva seguito e aveva bevuto un succo di frutta dopo l’altro.

Doveva essere la serata più bella della loro vita e invece, si stava trasformando in qualcos’altro di strabiliante, un motivo inconcepibile da sopportare.

Aveva attraversato la città da sola, nell’attesa di una risposta precisa, si sentiva l’inguaribile ragazzina che perdeva tutto ciò che toccava. Non trovava pace nelle sue parole e nelle azioni che compiva, ogni movimento era reso ridicolo dal suo modo di fare impaurito, le mancava un pezzo della vita e in Irlanda non aveva trovato altro che incomprensioni e indifferenza.

Non la inseguiva nessuno in quella serata folle, lei aveva organizzato l'uscita per darsi un’occasione e invece, la possibilità di agire se l’erano creati solo gli altri. Era notte, notte profonda e per le strade aleggiava la tranquillità, in giro non c’era nemmeno un cane e il vento leggero frusciava tra le foglie di quegli arbusti estivi. Per qualche minuto si era seduta sul muretto della fontana che incentrava la piazza, doveva prendere il primo tram e partire per sempre. Come aveva potuto basare la sua vita su motivi impalpabili, David era un'utopia fantastica e niente avrebbe potuto realizzare la sua esistenza.

Quand’era piccola Gregorio gli aveva dimostrato la semplicità degli affetti, un lontano pomeriggio di novembre, lui aveva portato sua figlia in una delle gioiellerie più rinomate del paese e attenendosi ad un suo giudizio personale, aveva acquistato uno smeraldo favoloso.

-Non c’è nulla di più bello per una donna. – aveva detto pensando al suo grande amore.

Andrea n'era rimasta affascinata e aveva pensato che anche lei avrebbe voluto quel tipo di rapporto, per sempre.

Ora, però, che si trovava da sola nel bel mezzo della città, tutto le sembrava incredibile e irrealizzabile.

Nell’inquietudine dei suoi pensieri, un’ombra gigantesca l’aveva spaventata. La luce che emanava il lampione adiacente alla fontana, smascherava quel corpo immobile all’angolo della strada. Le gambe arrivavano fin su l’acqua e il resto del fisico percorreva tutta la via frontale alla piscina.

Non aveva dubbi e segnando con l’occhio l’ombra per intero, aveva riconosciuto il cugino nei suoi movimenti da psicopatico. Guardava dallo spigolo del muretto e si ritraeva subito dopo per non farsi vedere.

Lei aveva fatto un sospiro risolutivo ed era contenta di aver avuto per una volta ragione. Il cuore sorrideva per quell’evento, ma la mente si dibatteva per trovare le parole giuste per affrontarlo.

Come doveva comportarsi? Si sentiva in imbarazzo e mentre lui si avvicinava a passi lenti, aveva davvero creduto di svenire. Stava lì, immobile seduta sul bordo della fontana, manteneva lo sguardo basso e toccando l’acqua con la mano destra, si ripeteva che era una situazione assurda e strana da vivere.

Cresceva nel dilemma dell’azione giusta, riponendo ogni speranza sugli altri. Sarebbe stata felice se David l’avesse considerata nel suo essere donna e si dispiaceva se sua zia le trasmetteva solo timore e paura di esprimere il proprio giudizio.

Non era una cosa tangibile quel suo pensare, tutto era intrinseco ad una serie di fattori sconosciuti, la prime tra tutte, la mente umana. Non aveva mai ragionato così tanto in vita sua, in ogni parola o situazione vedeva l’oscuro, l’ignoto che non riusciva a concepire. Quando David gli aveva detto, avvicinandosi alla fontana dove lei stava seduta, “devo fare prima una telefonata importante, poi parliamo”, Andrea si era scombussolata.

Che cosa aveva la priorità sul loro chiarimento che durava da troppo tempo?

Mentre lui si dibatteva animandosi in una discussione piuttosto accesa, lei si chiedeva da dove partiva il sotto rifugio, qual’era la parte più nascosta che suo cugino celava tra le mezze parole che usava?

Quando aveva terminato la sua conversazione, dopo più di venti minuti, lui si era avvicinato di nuovo con un fare aggressivo.

-Era importante? – aveva chiesto Andrea cercando di scoprire qualcosa di lui.

-Oh, se Dio mi desse un’altra possibilità. – gli era venuto di dire spontaneamente senza controllare le sue emozioni.

Andrea aveva sentito un brivido percorrerle la schiena e per un attimo aveva capito quale poteva essere il suo grande rammarico. Anche lui provava qualcosa per lei e si dispiaceva di essere legato ad Andrea da un patto di sangue che era la loro parentela. Si vergognava ad esprimergli tutto questo e se mai, lui n'avesse aperto l’argomento, lei ne sarebbe morta di vergogna.

-E’ tanto tempo che non parliamo più, non so perché non mi vuoi nella tua vita. – aveva ripreso il discorso con tono più amichevole.

David era sconvolto, parlava e piangeva nello stesso tempo, aveva addosso una disperazione che lo faceva ansimare di vergogna per quello stato che mostrava. Faceva caldo, ma quella leggera ebbrezza che soffiava su di loro, lo facevano tremare senza più controllo. Quando lui si era finalmente seduto vicino a lei con le braccia conserte, Andrea gli aveva riposto sulle spalle la giacca a vento che aveva preso in prestito da Patrizio e l’aveva consolato.

-Qualsiasi cosa ti tormenti, passerà, soprattutto, se si tratta di una donna. –

In qualche modo aveva preso a cuore l’argomento, visto che ormai, si sentiva del tutto coinvolta dei suoi malumori.

-E’ difficile prendere delle decisioni ma, qualsiasi cosa di terribile che sta pensando il tuo cervello, sparirà con la risoluzione del tuo cuore, ascoltalo e prosegui per quella via, fino in fondo. –

Lui l’aveva guardata stupito di sentirla parlare in quel modo convinto e maturo, che cosa le era successo? Era cresciuta tutta d’un tratto?

-Si può risolvere tutto. Si deve risolvere. –

Lui la guardava ancora smarrito e gli sembrava eccessiva quella positività che mostrava.

-Come? Allora, che faccio? – Aveva posto una domanda dopo l’altra, mentre si era alzato buttando la giacca per terra.

Andrea aveva paura di dargli un qualsiasi consenso, come avrebbe reagito se l’avesse baciata all’improvviso?

-Devi prenderti le tue responsabilità. – l’aveva posta in questo modo.

Lei aveva centrato il punto e per una ragione sconosciuta, lui si era stupito delle sue parole precise.

“Devi prenderti le tue responsabilità”, gli rimbombava in testa.

No, Andrea non poteva sapere cosa gli passava per la testa, era seduta ancora lì e parlava con lui in modo amorevole e amichevole.

-Sono un vigliacco, ecco cosa sono. –

-E io? – aveva ripreso Andrea. –Io che non sono ancora andata a trovare i miei genitori al cimitero, ti sembro migliore? –

La loro anima non conosceva le parole per nominare l’amore, comprendevano solo il dolore nelle sue espressioni più acute, la malinconia che li opprimeva in quel mondo chiuso senza i giusti preliminari. Era tutto buttato lì, all’improvviso senza mai un attimo di preavviso. La gioia di comunicare ancora, dava ad entrambi delle vertigini nella più ampia esaltazione, la noia nel suo spessore denso e opaco, stava scomparendo nel nulla. I sentimenti, forse, stavano attraversando l’anima senza dialogare con loro stessi? In quell’occasione, il cuore aveva delle ragioni che la ragione stessa non comprendeva, idee e pensieri che gli facevano affluire il sangue alla testa.

-Io ho abbandonato l’idea di combattere, mi vedi? Sono una vigliacca quanto te, forse, di più. – si era interrotta dall’emozione che provava nel nominare i genitori ormai morti.

-Io devo riprendere in mano la mia vita e scoprire tutto quello che è rimasto interrotto. Chi li ha uccisi? Chi gli voleva male? – lì, non ce l’aveva davvero fatta più ed era scoppiata in un pianto ininterrotto che si era accumulato da chissà quanto tempo.

David era rimasto smarrito e per tutto quel tempo non aveva mai pensato a quanto lei poteva soffrire di quella mancanza troppo grande per una bimba piccola e sola. Voleva sfogarsi con Andrea e parlarle di argomenti bellissimi pieni di speranza, ma nel suo cuore aveva solo il marcio e non una parola buona riusciva più ad uscire dalla sua bocca.

-Sono stati uccisi freddamente, con un colpo secco e chiunque sia stato, non può cavarsela, non può girovagare per le strade come se niente fosse, capisci? –

-Che figlia sono, un’ingrata che non si sa occupare delle uniche certezze che ha avuto dalla vita. –

David l’ascoltava smarrito nella sua solitudine più profonda, era disperato più di lei e si sentiva impotente e poco utile per lei.

-Non pensarci più. – gli era venuto da dire in un momento molto delicato ed era stato abbastanza distratto nelle sue affermazioni.

-Come fai a dirlo, se ti avessi ucciso tua madre o tuo padre, tu potresti pensare di vedermi a piede libero come se niente fosse? -

-Non volevo dire questo porco giuda. – si era alterato.

-Volevo dire che è inutile indagare dopo tutto questo tempo. –

Andrea si era offesa ancora di più e non accettava il suo dire sconclusionato.

-Ero una bambina, un’innocente che non ha capito subito la gravità della situazione, ma ora, non ho giustificazioni, ora no. –

David scuoteva la testa come per dire che stava sbagliando nel parlare e nell’esprimere il dolore evidentemente forte che provava. Lui con calma gli aveva spiegato che nessuno glieli avrebbe più portati indietro e che indagare le avrebbe solo procurato più male.

Lei non era d’accordo e a sua volta aveva dimostrato che per tutto quel suo da fare, ne valeva davvero la pena.

-Un uomo come Gregorio non esiste al mondo, io lo so, ma tu? Che ne sai dei valori della famiglia, dell’amore, dell’unione. – era stata offensiva, ma tutto le era uscito da una bocca che aveva taciuto per troppo tempo.

-Mia madre un solo errore ha fatto nella sua vita, ed è quello di mettere al mondo me. – e così dicendo aveva spiazzato la ragazza che non aveva avuto più la forza di continuare quel dialogo senza conclusione.

Alla fine di quel grande concerto che avrebbero dovuto ascoltare, se n’erano andati con un peso in più sulle spalle. Tutti e quattro camminavano uno dietro l’altro con un pensiero personale che aveva caratterizzato quelle giornate, non c’era più l’entusiasmo di quando erano arrivati e la tensione tra David e Andrea era troppo tangibile da non sentirla. Patrizio appena era arrivato a casa, si era buttato sul letto senza nemmeno svestirsi e si era anche un po’ scocciato di vedere quell’indifferenza del fratello nei suoi riguardi. Filiph aveva rifiutato l’invito di Andrea di dormire da lei ed aveva preferito tornare alla sua realtà meno complessa. Erano sempre loro due, i personaggi più scontenti, non andava mai niente bene ed era messo sempre tutto in discussione. Per fortuna, quando Andrea era rientrata nella sua stanza, era stata contenta di trovare quella lettera buttata sul suo comodino, sperava solo in buone notizie e sicuramente Alfredo l’avrebbe risollevata dai tanti pensieri maledetti.

Quella sera stessa, aveva ripreso a scrivere e come un treno in corsa, si era confidata con lui senza tralasciare nulla. Voleva sapere tutto ed era convinta più che mai di tornare in Italia, audace e forte come una roccia. Quella notte, aveva dormito con una speranza in più e stavolta, non avrebbe tralasciato nulla.

Dopo qualche giorno di silenzio assoluto, Alfredo si era rifatto sentire e a malincuore l’aveva messa al corrente di tutto quello che era successo fino allora. Non n'aveva mai parlato con lei perché non voleva implicarla in affari da grandi e Andrea, a prova contraria, era ancora una bambina da coccolare.

Alfredo aveva parlato stavolta apertamente coinvolgendo la ragazza sull’inchiesta che si era di nuovo aperta. Con parole delicate aveva scritto che il magistrato, alla luce di nuovi indizi, aveva voluto vederci chiaro e che, forse, i fatti stavano incominciando ad avere un senso.

Era uscito allo scoperto un indizio importante e questo lo preoccupava molto, fino a non farlo dormire la notte.

Andrea era eccitata e sconvolta nello stesso tempo, tutto quello che non aveva visto e sentito in quegli anni bui, lo stava assorbendo adesso e se ne sentiva davvero impotente.

Come avrebbe reagito trovandosi un estraneo responsabile dell’omicidio? Cosa gli avrebbe detto?

Dall’impazienza di sapere, aveva raccolto tutte le sue cose in un sacco inutile e aveva riposto il tutto vicino l’uscio di casa, per non perdere tempo.

Quella sera stessa, aveva riunito con impazienza i parenti della casa e li aveva pregati di ascoltarla fino in fondo, senza interromperla.

Il suo aspetto quella volta dava l’idea di una folle in fuga, aveva i capelli raccolti in disordine, con qualche ciocca che le cadeva davanti gli occhi e un fermaglio pendente da dietro. Addosso portava un pantalone della tuta stropicciato e per coprirsi le spalle, aveva usato una camicia di suo padre, grande per almeno tre taglie.

Letizia, che indossava, come al solito, il suo abito perfetto senza una grinza, la guardava inorridita agitando la testa a destra e a sinistra. Patrizio, abbracciava la madre nell'attesa di una sua parola e guardando uno per volta negli occhi, si mordicchiava le unghie nascondendosi dai presenti.

David era arrivato di corsa e attraversando la porta che li divideva, aveva riflettuto un attimo. La sera del concerto, forse, lei gli aveva già dato un accenno del discorso che stava per fare e in qualche modo era preparato.

Entrando, aveva guardato sua cugina e con un cenno del capo, aveva dato il consenso per incominciare a parlare.

Letizia, con la bocca, stava per interromperla ancora prima di cominciare, ma David gli aveva messo un suo braccio su quello di lei, per bloccarla.

Andrea aveva finalmente parlato.

-E’ passato tanto tempo, lo so. – si era interrotta subito anche lei.

-Tutto questo tempo, però, mi ha lasciato un vuoto incolmabile che non so spiegare bene e per me è arrivata l’ora di prendermi le mie responsabilità. – era fredda, stavolta.

-Tu lo sai David, che anche tu dovresti fare lo stesso, lo sai vero? –

Letizia aveva guardato suo figlio con un'occhiata malefica e Andrea aveva colto quel gesto insolito.

-Non sei d’accordo zia? – poi aveva detto verso di lei.

-Cosa vuoi dirci? – l’aveva posta di fronte ad un limite per arrivare direttamente al sodo.

-Sto partendo, torno a casa. – era solo riuscita a dire trovandosi addosso quello sguardo malefico della zia.

-Bene. – aveva ripreso Letizia. –Tutto qua? –

David era nervoso e frenetico e guardava sua madre dritta negli occhi.

-Sei tranquilla che tua nipote va via? – poi, gli aveva domandato con aggressività.

Letizia manteneva il suo rigore assoluto e non perdeva mai la calma, sfoggiava solamente la sua sicurezza nel trovare una soluzione adeguata.

-E’ un suo diritto tornare a casa e maggiorenne e io non posso più decidere per lei. –

Stavolta parlavano madre e figlio, come se il problema fosse solo loro.

Andrea per rassicurarli, gli aveva ancora spiegato che il suo ritorno a casa era dovuto a delle prove che erano uscite fuori all’improvviso e il suo dovere era quello di scavare a fondo sulla tragedia dei suoi genitori.

Stavolta Letizia si era seduta sul divano e aveva chiuso gli occhi per un attimo lunghissimo.

-Cosa ti hanno detto? – aveva, poi, domandato strofinandosi gli occhi dalla stanchezza.

-Non lo so ancora, ma devo sapere, lo capite? –

David era andato via di corsa e per tutta la sera non si era fatto vedere, solo verso le mattinate, aveva di nuovo attraversato l’uscio di casa. Entrando era inciampato sul sacco d'abiti preparato da Andrea e da li, aveva compreso cosa doveva fare per trattenerla ancora.

Era una decisione dura da prendere, ma la sua vita non poteva davvero andare a rotoli per un errore commesso senza un briciolo di lucidità. Verso le quattro del mattino, si era buttato sotto un getto d’acqua fredda e pulendosi dai suoi orrori che lo perseguitavano, si era profumato dalla cima dei capelli fino alle unghie dei piedi. Nel buio della casa, dove tutti dormivano a sonno pieno, lui era sgattaiolato nel corridoio lungo che portava verso le camere da letto e senza pensarci più, aveva aperto la porta della stanza d'Andrea.

Lei era bellissima tra le coperte di vero cashmere, morbide come la carezza di un bambino.

Quali sogni stava facendo in quel momento?

Il suo volto era disteso e sulla bocca aveva una specie di sorriso risolutivo, stava facendo di sicuro sogni dolci.

David si era infilato piano, senza fare rumore, nel suo letto e l’aveva abbracciata forte a se.

Andrea si era svegliata di colpo e aveva accennato un grido soffocato, lui gli aveva tappato la bocca.

-Sono io, non avere paura. –

Lei si era voltata ed era incredula di trovare suo cugino nel letto.

-Ohi bo. – le era uscito un suono strano come quando era in difficoltà e non sapeva quello che stava succedendo.

Lui aveva cominciato ad accarezzarla sulle braccia lunghe fino ad arrivare alla sua mano piccola, l’aveva, poi, afferrata con forza fino a stritolarle le dita. La ragazza aveva chiuso gli occhi e per un attimo non aveva capito più niente. Desiderava far l’amore con lui in una maniera che non poteva descrivere, voleva afferrarlo con potenza per appoggiarlo al suo piacere incompleto e, poi, voleva baciarlo per raffreddare le sue labbra troppo calde e impetuose. Il pensiero, però, di suo padre l’aveva riportata alla realtà, cosa avrebbe pensato di lei in quell’atteggiamento equivoco?

-Lo sai, papà mi diceva sempre che la dignità è un valore assoluto e non mi posso permettere di sbagliare. –

-Sei sicura che tuo padre predicava bene? – gli era scappato crudelmente.

-Cosa vuoi dire? – si era raffreddata del tutto lei.

-Ti amo, ti amo, ti amo. – l’aveva bloccata nel suo interloquire saggiamente.

-Cosa dici? Sei mio cugino, sangue del mio sangue. – Lei l’aveva provocato rendendosi conto che anche i suoi sentimenti erano come lui li esprimeva.

-Puoi per caso impedirmi di provare tutto questo? Sarò malato di mente o un perverso che non sa più dove aggrapparsi per trovare una soluzione a questo sentimento che cresce ogni giorno di più. – David piangeva di rabbia e consolazione.

-Vuoi andartene? Adesso che ho bisogno di te per salvarmi da questo maleficio che mi perseguita giorno e notte, fino a stordirmi d'incomprensioni che non riesco a risolvere se tu non sei qui, accanto a me, nella mia casa, nella mia cara Irlanda. –

Lei era rimasta smarrita e tutto ciò che lui diceva era una proiezione dei suoi veri sentimenti, anche lei lo amava più della sua vita e non avrebbe mai voluto lasciarlo, mai.

Tutta la notte erano rimasti lì a confidarsi ogni assurdità possibile, l’inconsapevolezza dei loro sentimenti d’amore era uscita fuori e non c’era cosa più bella che sentirsi corrisposta.

Nelle mattinate, però, quando la luce era cominciata ad entrare dalle persiane semi chiuse, lei era scivolata via da quel bel dire e tranquilla che quel loro amore si sarebbe potuto riprendere, aveva preso il primo aereo per risolvere ciò che per una vita intera era rimasto irrisolto.


SETTIMO CAPITOLO

Si erano trovati finalmente faccia a faccia, erano entrambi stanchi per il dolore, si vedeva che li aveva consumati fino all’osso, David era piegato dal rimorso che aveva dentro e la sua rabbia l’aveva allontanato da tutto ciò che poteva definirsi “amore”. Quella ragazza che le stava di fronte, ora, era la cugina, sangue del suo sangue, eppure, più la guardava e più la sua bocca le avrebbe voluto dire ciò che provava.

“Ti amo di un amore intenso e profondo”.

Ma dov’era andato a finire il suo coraggio da grand'uomo?

Non c’era soluzione, lui aveva avuto vergogna delle sue reazioni troppo impulsive, si era rassegnato al caratteraccio che aveva, si era chiarito l’anima e si era detto, che non c’era più strada per tornare indietro, impedendogli di provare quei sentimenti atroci e confusi.

Lei stava lì, con i suoi riccioli che le cadevano sulle spalle rendendola splendida e innocente. Entrambi avevano riflettuto a fondo e anche Andrea si era fatta un’idea di sé. Sarebbe rimasta sola con i suoi ricordi e non avrebbe più osato amare, a che pro?

Quand’era arrivata in Italia, non gli aveva chiamato, anche se stava li lì per farlo. Per qualche minuto si era appesa alla cornetta di uno dei telefoni dell’aeroporto di linate, la gente aspettava un suo cenno o una sua parola, ma lei era rimasta ancora ferma, non sapeva cosa fare. Nel suo paese respirava tutta un’altra aria, le persone erano familiari anche se sconosciute e parlare la loro lingua era un sollievo enorme. Alfredo non si era fatto vedere e al posto suo, era arrivata una macchina nera di grossa cilindrata guidata da un certo Capolongo, un uomo distinto e educato.

Per tutto quel tempo che era stata a casa sua, aveva davvero sentito di tutto, giornate intere a parlare con questo e con quel poliziotto, privandosi di ogni suo sentimento profondo. Non era riuscita ad entrare nell’ottica del problema e tutti i tasselli che le sembravano mancare, la facevano uscire matta.

L’indizio predominante era stato valutato un milione di volte, ma solo lei poteva chiarire ciò che non era del tutto scontato.

Andrea si era fatta un’idea logica e supponendo, anzi, essendo certa che suo padre non aveva mali affari o intrighi loschi, si era buttata sulla possibilità di una rapina vera e propria. Aveva cercato in casa tutto quello che poteva mancare e sapendo dov’erano i gioielli di famiglia, aveva fatto un sopraluogo. I loro beni, lo sapevano tutti, avevano un certo valore economico e chiunque avrebbe potuto approfittarne per derubarli. Era uscita matta nello spulciare i vari angoli nascosti, si era scritta addirittura una lista per non confondersi le idee, ma qualcosa mancava.

Nel totale sconcerto, aveva telefonato al signor Giorgio, visto che d'Alfredo non ce n’era l’ombra. Quando lui si era precipitato a casa di lei, aveva chiesto qual’era l’urgenza di cui gli aveva parlato a mezze parole, forse, per non essere intercettata inutilmente.

-E’ lei che gestisce il patrimonio di papà? – aveva chiesto risoluta.

-Certo signorina e ho molta stima di lei e del suo dolore, me lo faccia dire. –

Era un buon lusinghiero e la sua età, ormai, non troppo giovane, lo precludeva da qualsiasi altro suo intento.

-Ha fatto registrare tutti i gioielli di famiglia? –

-Certo, perché? Cos’ha in mente? – si era un po’ preoccupato.

-Mi fa dare un’occhiata alla lista che ha redatto lei? –

-Si, non c’è problema, è tutta roba sua. –

L’aveva letta e riletta cento volte, ma non vedeva ciò che cercava, era, forse, per quello che li avevano uccisi? Per un gioiello di valore?

-Dimmi Giorgio, ti darei del tu, va bene? – aveva chiesto prima di prendersi confidenza.

-Fai bene, io sono tuo amico. – l’aveva rassicurata.

-Quando hanno trovato mamma, aveva per caso uno smeraldo verde addosso? – a quel punto le era girata la testa e aveva compreso che non era ancora del tutto facile parlare dell’accaduto apertamente.

-Chiedilo alla polizia, a me non mi pare. – poi aveva riflettuto e aveva ripreso.

-Ma di quale smeraldo parli? –

-Quello che papà le ha comprato…. – e si era bloccata.

-Dov’è Alfredo? – aveva chiesto fermandosi nelle sue affermazioni che magari potevano portare fuori strada.

-Sua madre non sta bene ed è dovuto partire all’improvviso. –

-Non poteva avvisarmi? Lo sapeva che stavo tornando, gliel’ho scritto nell’ultima lettera. –

-Fatti forza, la giustizia sta facendo il suo corso e il colpevole uscirà fuori, dovessimo aspettare altri dieci anni, faremo appello ancora e ancora senza fermarci. – aveva cercato di consolarla vedendola afflitta a trovare un colpevole.

Lo smeraldo in casa non esisteva e nemmeno nella cassetta di sicurezza in banca, era davvero quello il motivo della loro morte?

Non ci poteva credere e le sembrava assurdo come il destino era stato crudele in tutte le sfaccettature. Alla polizia non aveva annunciato nulla della sua teoria, forse infondata, aveva paura di esporsi inutilmente, magari sbagliando anche.

Per una settimana aveva cercato di riprendere i ritmi di sempre, era tornata bambina pur essendo ormai un’adulta consapevole delle sue azioni. La villa era in perfetto ordine e l'orma del padre era ovunque lei si voltasse. Tutte le foto di famiglia erano poste in fila sul solito mobile antico intagliato a mano, era un cimelio della bisnonna e il suo valore compensava ogni mancanza che il padre aveva avuto dalla nonna. La luminosità che entrava dalle tende bianche ogni mattina, le ricordava più che mai le belle giornate che trascorreva in giardino, tra una pedalata non riuscita e una caduta troppo dolorosa per le sue ginocchia.

Una mattina, quando le idee erano messe completamente in ordine, Andrea aveva cercato tra le cianfrusaglie che si era portata dall’Irlanda e tra una foto e l’altra scattata dai suoi cugini, n’aveva scrutato una con attenzione C’era lei da sola in un momento di totale relax, immersa sicuramente nella musica classica di J.Field, buttata sul divano di pelle nero del salotto. Per sbaglio quella mattina era capitata lì sua zia e in quella foto si ritraeva, mentre cercava un libro sulla scrivania di legno di quercia. Era bellissima davvero e Patrizio, sempre per sbaglio, l’aveva stampata nei suoi movimenti più spontanei. Era a mezza vita perché le gambe erano coperte dal divano e la sua postura era obliqua a quella d'Andrea. Il suo seno prosperoso si notava tutto e anche il suo sguardo infastidito. Pensava a David e al suo coraggio di rinunciare all’amore per un errore di sua madre, che vigliacca, capace d'egoismo e disinteresse. Non aveva mai amato nessuno, ecco perché non sapeva esprimere i sentimenti puri e forti. Parlando con il cugino, aveva capito che il suo non amore dipendeva dalla rinuncia che aveva fatto nella vita, lasciare la figlia del signor Della Noce per attutire i sentimenti fisici della madre che si dibatteva nella lussuria senza nessun ritegno, quante n’aveva passate quel ragazzo, da solo, senza un appoggio reale.

I pensieri suoi, ora, si alternavano tra ciò che aveva lasciato in Irlanda e quello che doveva ancora fare a casa in Italia. Quella mattina stessa, aveva telefonato ad Alfredo e presa un po’ dal panico e dalla confusione che si era creata in testa, l’aveva aggredito con un tono del tutto estraneo per l’uomo che l’ascoltava.

Voleva sapere fino a che punto era arrivata la sua testa, non credeva alle scoperte fatte e voleva la risposta giusta da qualcun altro che non fosse lei stessa.

-Signorina ben tornata. – aveva parlato Alfredo del tutto ironico e comprendendo che il suo stato d’animo non dovesse essere dei migliori.

-Alfredo, Alfredo, perché non sei qui? – chiedeva frenetica.

-Mia madre sta male. –

-Proprio adesso? – l’aveva detto senza pensare veramente e per un attimo si era creato un silenzio abissale

-Dovrei andare adesso. – gli era venuto da dire a lui subito dopo essersi ripreso da quel vuoto predominante nella conversazione.

-Le volevo chiedere, se ha tempo, se si ricorda di uno smeraldo che papà aveva regalato a mamma, non so di preciso quando, ma lei ci doveva tenere davvero, però, adesso non lo trovo e pensavo che, forse, qualcuno li ha uccisi per rubare lo smeraldo, ma vorrei la sua consulenza, non so se mi capisce, cerchi di ricordarsi, insomma, ci provi, ecco. – aveva parlato a raffica per dire tutto quello che aveva da dire in un lasso di tempo brevissimo.

Alfredo aveva fatto ancora silenzio e non era preoccupato per niente.

-Quando torno ne parliamo, va bene? – e aveva chiuso la cornetta non preoccupandosi come faceva solitamente.

Andrea era rimasta sconsolata da quella conversazione insoluta, si aspettava di più da quell’uomo che aveva speso la sua vita a rendere loro un servizio.

Nell’anima aveva sperato di ritrovare parole davvero risolutive e per niente sconsiderate e prive di significato. Cosa gli era successo nella sua assenza?

Dopo una settimana da quell'insulsa conversazione, finalmente si era trovata faccia faccia con lui e il risultato non era stato altrettanto positivo.

Avevano parlato a lungo non tenendo più conto del rispetto che li aveva caratterizzati nelle lunghe lettere che si erano inviati. Il dialogo tra loro, sui fogli bianchi era stato più leggero e con meno formalità, Alfredo era, ora, freddo e poco coinvolto. Andrea accorgendosi del cambiamento, aveva assunto un atteggiamento più diretto e meno contorto, era andata dritta al punto.

-Le avevo parlato dello smeraldo e pensavo sarebbe stato più risolutivo nella risposta, invece. – aveva fatto una pausa di riflessione.

-L’ho ascoltata, ma non era il momento giusto quello. –

-Comprendo, solo che pensavo che anche lei tenesse molto alla soluzione del caso, i miei genitori sono morti, li hanno uccisi, si ricorda? – il suo tono manteneva sempre un timbro come se tutto le fosse dovuto.

-Comprendo anch’io, ma lei deve capire anche me. –

Andrea era rimasta ancora sulle sue e non si capacitava per niente di trovarsi di fronte un uomo che non la comprendeva in pieno.

-Comunque, si ricorda del gioiello di cui gli ho parlato per telefono? –

L’uomo aveva fatto un gesto di riflessione, aveva conserto le braccia e la mano destra, l’aveva portata al mento. Nella sua mente i ricordi erano tanti e per il signor Adamo aveva fatto tante commissioni e molte volte, era stato coinvolto da lui in affari privati che lei non poteva sapere subito.

-Senta signorina, io con suo padre avevo a che fare ogni giorno, lei era piccola e il più delle volte stava giocare con le sue bambole, non so come posso aiutarla su questo gioiello in particolare di cui mi domanda. –

-Ci pensi, è uno smeraldo importante che io stessa ho comprato con papà e ora manca, è sparito. –

Alfredo aveva riflettuto ancora e pensando alle tante occasione che aveva trascorso con Gregorio in modo confidenziale, aveva riportato alla mente un giorno in particolare. Una mattina di buon ora, forse era ancora l’alba, l’uomo l’aveva svegliato di colpo e l’aveva pregato di spedire un pacco d’urgenza.

-Cosa centra? – aveva domandato lei non capendone il nesso.

-Quella mattina mi aveva pregato di fare presto e di fare attenzione a non disturbarvi, voi dormivate ancora e lui era premuroso nei vostri confronti. –

-E’ tipico di papà. – aveva ripreso lei a parlare come se suo padre fosse ancora vivo.

-Io quella mattina ero stanco e malaticcio e non avevo grandi forze per stargli dietro. –

-Cosa centra questo? Voglio sapere del gioiello. – si era irata.

-Mi dia il tempo, ci sto arrivando. – aveva perso la pazienza lui.

-Le dico questo perché suo padre, vedendomi in quel modo poco disponibile, si è alterato e usando un tono più alto, come il suo di adesso, mi ha pregato di fare attenzione perché in quel pacco c’era un gioiello prezioso, ma non so se si trattasse di uno smeraldo. – era finalmente arrivato al punto.

-Come possiamo scoprirlo? Sa almeno dov’era diretto il pacco? –

-Si, certo, mi faccia pensare. – e si era preso ancora un attimo per riflettere.

-Di sicuro in Irlanda, ma non mi chieda dell’indirizzo, quello non lo ricordo e poi, non ci ho fatto per niente attenzione. –

Nell’attesa che i due risolvevano il caso da soli, con un solo indizio insulso e per niente risolutivo, il signor Giorgio Capolongo, aveva assistito alla conversazione e si era fatto meraviglia di non essere ancora stato informato dalla signorina. I due stavano complottando qualcosa d'importante per le indagini e ancora non avevano fatto cenno alla polizia, che stava lavorando con scrupolo e voglia di chiudere per sempre il caso.

-Ostacolate, forse, la giustizia? Cos’è questa storia del gioiello sparito? –

Entrambi erano sussultati nell’udire quella voce rauca e imponente, Andrea era entrata nel panico più totale, era in imbarazzo e non credeva che la sua storia potesse veramente portare a termine un’indagine così complicata.

-Che cosa vuole dire, invece, lei con quel tono da minaccia? Vuole dire che ho ucciso io i miei genitori? – lei si era rivolta a lui di nuovo in modo formale, come l’estranea che, in effetti, era.

Capolongo era rimasto smarrito e non credeva alle sue orecchie, come aveva potuto la ragazza intendere ciò che lui non aveva mai detto?

-Perché li ha uccisi lei? C’è, forse, questa possibilità? –

Erano andati tutti oltre e i loro animi di certo, non potevano reggere a quei ritmi veloci che si erano creati attorno. Andrea arrivando in quella casa, aveva capovolto le parole, rendendole sospettose verso chiunque poteva avere una motivazione valida per uccidere. Non si era lasciata sfuggire nulla e più andava avanti e più diventava diffidente.

-Mi guardi bene, non pensa che ho sofferto abbastanza? –

Il suo aspetto era di una donna straziata dal dolore, non c’era femminilità nell'espressione e il suo corpo stava diventando ogni giorno più esile.

Capolongo, spontaneamente, l’aveva abbracciata e si era scusato per il suo dire provocatorio.

-Sei giovane, non meritavi questo. – e di nuovo aveva riposto la vecchia confidenza ridandogli del tu.

La sera tardi, lei si era presa di coraggio e aveva telefonato a David per sapere qualcosa in più, se il pacco era arrivato in Irlanda, forse, qualcuno n'era al corrente. Il suo cellulare era sempre spento e al numero di casa, aveva risposto la zia Letizia.

Per non darle nessuna preoccupazione, prima aveva fatto i convenevoli chiedendole come stava e come procedevano le cose senza di lei, poi, aveva chiesto se gentilmente potesse passarle David, per chiacchierare un po’.

-David non c’è. – le aveva risposto.

-Quando lo posso trovare? Se mi dai un orario richiamo. –

Letizia era stata franca sentendo la sua insistenza.

-E’ partito e non tornerà più. –

Il silenzio era arrivato di un colpo e si sentiva talmente tanto, che Andrea aveva tossito per occupare i vuoti rimasti. Aveva capito che era inutile chiedere del suo nuovo indirizzo, lo conosceva il cugino, quando spariva non lo trovavano nemmeno i cani da caccia.

-Senti zia, volevo chiederti una cosa, ma non so se tu puoi aiutarmi, tu hai le tue cose e mi dispiace disturbarti. – aveva preso la via lunga perché conosceva anche sua zia e sapeva che lei era sempre rimasta indifferente alla morte dei genitori, quindi si sentiva anche in imbarazzo a parlare con lei.

Letizia, infatti, era rimasta nel suo silenzio di prima e aveva continuato a non parlare per ascoltare ciò che sua nipote voleva dirle.

-Io so che papà un po’ di tempo fa, ha spedito un gioiello in Irlanda e volevo sapere se magari David o tu, magari, sapevate qualcosa su a chi era indirizzato. Lo so, è improbabile, ma non si sa mai. Per esempio, il signor Della Noce, ecco, lui aveva affari con papà. – quando parlava da adulta responsabile, s'incartava sempre in discorsi lunghissimi per arrivare al punto.

-Chi ti ha detto che aveva affari con Della Noce? – aveva usato Letizia un tono professionale.

-Lo so, ti stupisce? – si era fatta finalmente la bella con lei, facendole capire indirettamente che sapeva tutto, proprio tutto.

-Ascolta tesoro mio, tuo padre avrebbe anche potuto mandare lo smeraldo per un’opera di beneficenza o magari, si ecco, per i beni devoluto a favore dei malati di cancro. Lo sai quanta gente soffre e per chi ha tanto denaro è il minimo che può fare. –

-Perché in Irlanda? Qui ci sono altrettante persone da aiutare. – le era venuto il dubbio.

-No, è che la buon'anima di tuo zio Alfonso lo coinvolgeva sempre in queste opere e, poi, tu lo sai che noi siamo i maggiori esponenti dell’associazione “una mano per tutti”, hai vissuto con noi tanto tempo e certe cose dovresti saperle. –

-Magari. – aveva solo detto.

-Gioia mia, tu chiamami per qualsiasi cosa, il tuo futuro mi preme molto, lo sai. –

-Si. –

-Torna se vuoi, noi ti aspettiamo sempre. –

Andrea era rimasta senza tante parole e per lo più, si era convinta che le sue supposizioni erano inutili, come i discorsi che faceva. La sua ipotesi era crollata in un attimo solo, era bastato fare una conversazione telefonica con la peggior interlocutrice, che i suoi sospetti di rapina erano spariti, non l’aveva mai sopportata quella donna e ancor di più quella sera. In quel momento credeva davvero di diventare matta e ridicola nello stesso tempo. Era sempre sconclusionata e il più delle volte diceva buffonate nell'attesa di avere le vere risposte dagli altri.

Non cedendo, però, ai suoi ricatti mentali che si poneva da sola, aveva ridomandato ad Alfredo, dandosi un’altra possibilità. Lui era stanco davvero della sua pigrizia celebrale, non voleva ascoltare o cosa? Dove non era arrivata la polizia, voleva davvero arrivare lei?

Per una questione di rispetto e niente più, Alfredo aveva risposto ancora alle sue domande e per l’ennesima volta gli aveva ripetuto che non si ricordava l’indirizzo.

-Non ti viene in mente se il destinatario era un’associazione benefica? Qualcosa di cui lui, magari, ti parlava sempre? –

-Quale gioiello ha detto che cerca? – aveva ridomandato non capendo il valore dell’oggetto.

-Era uno smeraldo bellissimo, sono andata io con papà a comprarlo, era per la mamma e, forse, è stata lei stessa a volerlo evolvere in beneficenza, no? –

-Bè, certo, se lui ti ha detto che era per la mamma, sarà andata davvero così, ma non so dirti se in quel pacco c’era proprio lo smeraldo, questo non lo so. –

Andrea in ogni modo voleva parlare con David ed era dispiaciuta per quella partenza improvvisa, se lui fosse stato a casa, l’avrebbe sicuramente aiutata, era l’unico che la comprendeva fino in fondo, dentro l’anima intendeva.

Capolongo, che aveva di nuovo ascoltato la loro conversazione, magari come un ladro nascosto dietro la porta, aveva preso la sua decisione una volta per sempre, perché doveva nascondere anche questa possibilità risolutiva per il caso e, forse, per loro stessi? Voleva andare alla polizia e questa volta, l’avrebbe fatto da solo, non rendendo partecipe quella ragazzina, ormai donna. Sarebbe andato di nascosto, esponendo i fatti così com’erano accaduti. Non voleva equivoci o parole travisate, lui avrebbe riportato le possibilità su un piano diverso, perché dover scartare una sola ipotesi?

Andrea in questo era stata grande e al contrario della sua aria goffa che a volte mostrava, era stata di un aiuto immenso. Qual’era la migliore possibilità del fiuto di una figlia?

OTTAVO CAPITOLO

Seduta su quella seggiola dondolante, lei manteneva ancora in mano quel foglio, ormai, stropicciato. Quante parole aveva udito dagli altri, persone indifferenti che si erano rivelate piene d’amore, uomini bastardi che si erano giustificati con l’amore, era stata una rivoluzione totale, la fine del mondo, del suo mondo.

Il fiume scorreva lento con i pensieri offuscati e le sue lacrime avevano smesso di scendere, provocandole un dolore ancora più grande. Si era consumata abbastanza e sentire una parola in più, l’avrebbe portata al manicomio.

Tutti i dialoghi messi insieme, finalmente avevano avuto un senso.

David amava ancora quella ragazza e il suo comportamento dannato e scontroso, dipendeva da uno stato di razionalità che si era imposto da quel giorno.

Avevano vissuto un amore d’altri tempi, regalandosi le emozioni più belle del sentimento che provavano reciprocamente.

Si erano conosciuti, quando il signor Della Noce aveva regalato a sua figlia delle lezioni d’equitazione. David si era presentato per la prima volta in quella casa ignaro del suo futuro e della meraviglia che avrebbe provato. Lei, fidanzatissima e di bellissima presenza, era rimasta sconcertata alla presenza di lui. Dal primo incontro, c’era stata un’alchimia predominante, i loro sguardi si erano fusi in un unico metallo che era l’oro.

-Sei tu il mio istruttore? – aveva chiesto quella signorina perbene per ritornare un attimo in sé.

-Le insegnerò a cavalcare e non solo. – lui l’aveva lasciata nel vuoto con quel “non solo”.

Andrea, ancora li, infreddolita dagli anni, ormai trascorsi nell’inconsapevolezza della verità, come aveva potuto amare incondizionatamente, senza un minimo di razionalità?

Quei due si erano davvero innamorati dal primo istante che si erano visti, tutti lo avevano saputo, possibile che lei non aveva mai colto nelle parole di David un briciolo di quell’amore ostentato?

Ogni racconto che aveva udito negli anni in cui aveva lasciato l’Irlanda, l’aveva riportata alla realtà. Si era vergognata di tanta ingenuità, non aveva mai colto il senso vero delle cose, quando credeva che il bianco era bianco, perché lo vedeva con i suoi occhi, esso diventava improvvisamente nero, come per magia. Era arrivata al punto di non confermare mai ciò che era chiaro e il più delle volte, aveva preferito udire la verità degli altri, che stranamente era assoluta.

I due ragazzi avevano incominciato a celare le apparenze e di nascosto avevano vissuto la loro passione devastante per entrambi. Le lezioni incominciavano a diventare alibi innocenti e l’affetto che incominciava a crescere sempre più, si era trasformato in vero amore. Letizia a quel periodo frequentava molto quella casa, trascorreva intere giornate con il signor Della Noce a chiacchierare e a bere brendy.

All’inizio David non aveva notato quella frequentazione assidua perché era troppo preso dalla sua storia romantica, ma più si legava a quella ragazza e più notava i cambiamenti di sua madre. Era sempre distratta e quando non ce la faceva più di piangere, beveva e fumava con il suo compagno amico.

David aveva chiuso un occhio più di una volta, poi, per il troppo rispetto che provava nei riguardi del padre, si era ribellato senza nessuno scrupolo.

Spesso ritardava all’appuntamento con la sua amata e tralasciando tutti i desideri che lo facevano fremere, origliava dalle porte rimaste mezze aperte, come poteva equivocare quel loro dire chiaro alle orecchie di chiunque?

-Oh se avessi parole a sufficienza per esprimere il mio amore che cresce dentro di me come una pianta rigogliosa. –

Parlava sicura del suo dire tenendo sempre stretta la mano di lui, l’uomo che era padre della sua donna.

-Non c’è nulla, aimè, che ci trattiene da questo sentimento troppo spontaneo e passionale, siamo essere umani e nessuno ci vieta di provare emozioni, anche alla nostra età. – lui la consolava.

La maggior parte dei dialoghi era così, senza un briciolo di dignità. Da quel momento David era diventato più freddo con Angelica e lei per riprendere la situazione in mano, aveva detto a suo padre che voleva sposarlo e che del suo fidanzamento ufficiale con il benestante Frederic, non se ne faceva più nulla.

Il signor Della Noce si era infervorato in maniera eclatante, ma alla fine, per il solo bene della figlia, aveva accettato la proposta e si era tagliato fuori da ogni inconveniente che gli poteva procurare quest’amore folle.

Una sera quando, le cose si erano ormai appianata tra padre e figlia, David si era presentato a casa Della Noce e senza chiedere permesso, aveva fatto una scenata d’altri tempi. Con il suo sorriso sempre ironico e strafottente, aveva lanciato una sfida troppo grande per il suo amore vero che provava per quella ragazza.

Una risata forte aveva annunciato la sua presenza e le intenzioni erano rese chiare dai movimenti irruenti che mostrava.

-Volete azzittirmi con l’amore che provo per vostra figlia? –

-Potete sposarvi, non preoccuparti. – credeva di placare la sua rabbia il signor Della Noce.

-Io non la voglio vostra figlia. – e si era bloccato per ridere ancora e anche ad alta voce.

-comprarmi così, per nascondere i vostri istinti animaleschi, vergognatevi, vergognatevi. –

Angelica era rimasta esterrefatta e non aveva più voluto sentire altro, invece, il padre aveva chiesto spiegazioni e aveva immediatamente avvertito Letizia dell’accaduto.

David per il suo orgoglio da maschio e per la vergogna che provava per sua madre, la donna che l’aveva messo al mondo, aveva lasciato la ragazza che sembrava davvero disegnata per lui.

Tutti i giorni, come un pazzo appena uscito di galera, si era stabilito sotto la loro tenuta per dar fastidio, tirava pietre, insultava ad alta voce e chiedeva di lasciare in pace sua madre.

Una volta, l’aveva aspettato fuori dal barbiere e cogliendolo di sorpresa, l’aveva aggredito in pieno giorno, davanti a clienti che entravano e uscivano per fare la barba.

Quella volta gli aveva spaccato il muso e l’aveva spintonato per terra.

Il ragazzo aveva tirato fuori un’aggressività mai vista prima, teneva a sua madre più di ogni altra cosa al mondo e per proteggerla avrebbe fatto di tutto, anche rinunciare alla passione della sua vita.

Era un’ira sconsiderata la sua, comprendeva i suoi limiti e ne creava aggressività come forma di accettazione, un vagare della mente che lo distoglieva dal suo vero tormento, l’amore per Angelica. La forza che aveva era pari ad un leone inferocito che annusa la preda e vuole mangiarla con fame e brama.

Andrea era ancora lì, titubante nelle sue mille domande, dov’era finita la caparbietà che la distingueva dagli altri?

Sentiva ancora quegli odori predominanti nella sua mente, il desiderio di casa l’aveva accompagnata in tutto il soggiorno che aveva fatto in Irlanda. Quel vagare che aveva fatto per tanti anni in quelle stanze prive d'affetto e familiarità, l’avevano ridotta una persona povera di sentimenti, di quei valori che nell’infanzia avevano caratterizzato la sua vita. Tornare a casa era stato come una manna dal cielo o, forse, un patibolo infernale. Ora ripensava alla conversazione che aveva avuto con sua zia e si rammaricava di quanti particolari aveva tralasciato, la telefonata, la partenza di David, lo scrigno mai aperto.

Tutto era partito da lì e quand’era bambina suo padre, quell’uomo senza macchia, gli aveva insegnato la riflessione più profonda, l’attenzione per l’interlocutore, che donava se stesso nelle sue parole spontanee, cogliere quelle fragilità rendeva chi ascoltava una persona attenta di coglierne ogni significato, anche se appena accennato.

Sua zia aveva detto: “Tuo padre avrebbe anche potuto mandare lo smeraldo per un’opera di beneficenza o magari….”. e la sua domanda era solo stata questa: “Io so che papà un po’ di tempo fa ha spedito un gioiello in Irlanda e volevo sapere se magari…”

Seduta ancora su quella seggiola dondolante, si era soffiata il naso per quel raffreddore che era arrivato improvvisamente. Per un attimo aveva fatto per alzarsi, ma i movimenti erano come quelli di una vecchietta che non ce la fa più a cambiare posizione. Si teneva una mano sulle natiche e il volto diceva qualcosa come “non ce la faccio più”.

-Alfredo, Alfredo. – aveva allora urlato per chiamare il suo unico vero amico.

Lui era corso in fretta, si dispiaceva di vederla in quel modo e si rammaricava di non poter far nulla per aiutarla. Le parole era ormai troppe e il silenzio dava l’idea del vuoto assoluto.

-Vuoi mangiare? – si era rivolto finalmente in modo informale.

-ma che… - le era venuto da dire spontaneamente.

-Ti dispiace andare in camera mia e riprendermi quelle lettere? –

Quando le aveva avute tutte in mano, i ricordi erano tornati alla mente.

Appena era tornata in Italia, dopo quella lunga notte trascorsa al Festival, dove era davvero successo di tutto, lei aveva scoperto la scomparsa del gioiello, il suo unico indizio. Nell’irrazionalità che aveva adottato per capirci qualcosa, aveva buttato fuori ogni sorta di sospetto. Istintivamente, come una forza oscura, aveva riunito i tasselli mancanti, aveva riletto le lettere che il signor Della Noce aveva spedito a suo padre e non si spiegava come un uomo così potente poteva ridursi a chiedere aiuto. Se David era in difficoltà, quale scopo aveva quell’uomo di esporsi con tanto ardore? Possibile che l’amore per Letizia lo offuscava dalla sua vita danarosa? E suo padre, quale potere poteva avere sul nipote più del padre stesso?

Da quel rimuginare esasperante, Andrea aveva preso spunto e si era decisa a tornare in Irlanda, senza dire nulla a nessuno. Voleva parlare con il Signor Della Noce e farla finita con i soliti sospetti che potevano ridurla all’osso. Non si era pronunciata nè con Alfredo, nè con Capolongo, si era pagata il suo biglietto anonimo e aveva volato fino in Irlanda. Con quell’uomo aveva già parlato e in un certo senso l’aveva snobbata, trattandola con troppa indifferenza. Erano un po’ di cose che la facevano riflettere, quella volta che si era recata da lui, era morto suo zio e lui non si era preoccupato di stabilizzare gli animi della famiglia, almeno per amore di Letizia.

Per tutto il viaggio era stata tesa e scrutando le nuvole che sembravano andarle addosso, aveva avuto un mancamento da non sottovalutare. Aveva capito tutto, come un lampo di genio, la verità l’aveva sovrastata.

“Perché coinvolgere suo padre nelle discussioni con l’amante?”

“Perché suo padre doveva tenere a freno David?”

Come avevano potuto immischiare suo padre in affari troppo loschi, l’avevano usato per i loro intrighi, per sviare David dalla verità. In quelle strade apparentemente calme dell’Irlanda, lei camminava come una gran donna, si era vestita di tutto punto e il tacco a spillo sgangherato, le allentava il passo. Stava sfiorando la follia credendo di imitare il fascino della zia per far parlare il signor Della Noce. David era stato capace di farle credere che qualcosa potesse nascere tra loro, perché lei non poteva fare lo stesso?

Era truccata come una di quelle donne di strada e l’abito prorompente che faceva intravedere la sua coscia, la rendeva meschina di fronte la sua vera natura. Sentiva che la verità era vicina, ma non ne trovava il senso e non sapeva su quale teoria appigliarsi. Per alleggerire la tensione, si era fermata in un bar qualunque per bere qualcosa di forte, la paura l’aveva colta di nuovo e l’aveva fatta sentire ridicola e inopportuna. Mostrava le sue debolezze in modo palese, entrando in quel bar, aveva chiesto un martini e nessuno si era prodigato a servirla

-What? –

-Vorrei da bere, qualcosa di forte, molto forte. –

Il barman aveva finalmente capito e gli aveva servito un cocktail da capogiro. Quando era di nuovo uscita, infatti, si era sentita ondeggiare nel passo e oltre ai tacchi sgangherati, aveva contribuito quel leggero brio che aveva nel corpo. Sentiva dentro di dover somigliare a sua zia nel fisico e nello spirito. Tutte le sue armi di seduzione dovevano funzionare anche per lei, aggressiva, prorompente e priva di dignità.

Dopo due ore di passeggiate inutili, si era fatta coraggio e aveva raggiunto la villa. Il Signor Della Noce era stato questa volta disponibile e raccontandole quel poco che sapeva, gli aveva consigliato di andare a trovare sua zia.

Nel momento in cui la ragazza si era accorta dell’equivoco, si era recata immediatamente da Letizia per capire meglio dove lei non era riuscita in nessun modo ad arrivare. Durante il viaggio si era fatta mille idee e un’altra ipotesi poteva essere che suo padre, forse, sapeva tutti i tradimenti di Letizia e che lei per paura di essere smascherata, l’aveva ricattato fino a prendere ingenti somme di denaro.

Andrea quando si era presentata da lei senza nemmeno avvisare, aveva fatto irruzione in modo quasi teatrale. Erano ad un certo punto rimaste faccia a faccia e Letizia non era più la donna che aveva conosciuto. L’età le si notava finalmente e le rughe d’espressione erano talmente marcate, da farla sembrare una vecchia.

Non era il sospetto che si celava tra le righe che la spaventavano, ma la scoperta di una verità troppo assurda per la sua realtà di sempre.

Ritornando ancora a quello che era ora, Andrea aveva provato un leggero brivido che non era più il freddo gelido che si propagava in veranda, ma il protrarsi di eventi che avevano sconvolto la sua vita.

Quando aveva udito da sua zia tutta la storia, si era meravigliata di quanto poteva essere equivoca la vita. Nel periodo in cui la polizia aveva saputo del gioiello mancante, Letizia era stata messa alle strette e da un’altra osservazione acuta di sua nipote, il caso si stava ampliando.

-Non so nulla dello smeraldo…. – le aveva detto una volta in una conversazione telefonica.

Come faceva lei a sapere che si trattava di uno smeraldo se Andrea non n'aveva mai parlato?

NONO CAPITOLO

“Cara mia dolce figlia devota,

mi rendo conto di non essere stato un buon padre per te,

eppure, ti amo più della mia vita. Quanti tormenti nel mio cuore, la disperazione dell’amore profondo che provo, mi ha sconvolto la vita. Non ti scegli mai chi amare e gli eventi ti travolgono nella tua stessa inconsapevolezza.

Chi siamo per rinunciare a questo dono meraviglioso?”

Andrea aveva ripreso a leggere la lettera con la speranza di placare la sua rabbia. Si sentiva presa in giro e non trovava una giustificazione per l’amore provato

“Sono stato un vigliacco tutto questo tempo e non voglio più mentire. Tutto il mio amore è per una donna lontana, una donna capace di riempirmi la vita in tutte le sue sfumature.

Io l’amo di un amore profondo e sincero, lei è dolce e donna nello stesso tempo, è amica e amante, fedele e paziente.

Come posso rinunciare a tutto questo?

Come posso ancora mentire a voi, mie donne fatte come angeli, capaci di darmi amore senza averne in cambio?

Perdonami e se mai non mi troverai più a casa, io saprò che tu avrai compreso ciò che volevo dirti e che nel tuo cuore te ne farai una ragione, perché mi ami come io amo questa donna meravigliosa.”

Ripudiava suo padre con tutta se stessa, chi era quell’uomo che aveva pianto per tanto tempo?

Nella sua casa per la prima volta si sentiva un’estranea, la sua stanza era quella di una bambina vissuta nell’amore della famiglia, che cosa era successo da allora?

Come in un vortice pericoloso, lei era arrivata alla verità, quando questa, era davanti ai suoi occhi da tanto tempo. Se avesse letto prima quella lettera dove sarebbe ora?

Tutti i tasselli mancanti erano arrivati con la conclusione della verità, le persone erano troppo stanche per nascondere il segreto fino alla morte.

Andrea si ricordava di essersi impuntata con quel gioiello mancante, era da sua zia quella sera e si era presentata con prepotenza.

-Sono appena stata da lui, vorrai negare l’evidenza? – le aveva detto usando i suoi soliti tranelli, che con David avevano spesso funzionato.

Letizia era in uno stato non facile da descrivere, aveva un fazzoletto in mano e piangeva a singhiozzi molto forti.

La ragazza non si era accorta di nulla e scorgendo la testa verso un lato della casa, aveva notato che c’era gente.

-Hai ospiti? – così le aveva detto senza mostrare un minimo di cedimento.

Non le faceva più timore, quegli stracci d’abiti che portava addosso, non la rendevano più così importante, mostrava la sua vera età e le rughe sul viso le erano spuntate improvvisamente.

-C’è la polizia. – era solo riuscita a dire.

-La polizia? – aveva ripetuto incredula la ragazza.

-Cercano lo smeraldo e io ce l’ho in mano, per non dimenticare tesoro mio, per non dimenticare. –

Andrea era rimasta senza parole e si era guardata intorno per capire qualcosa.

-Me lo da adesso? – aveva chiesto un’agente che era in borghese.

-Cercano David, ma non lo troveranno. – le aveva detto ancora a sua nipote usando questa volta un tono sottovoce.

Andrea si era persa completamente e sembrava di vedere sua zia in uno stato completamente confusionale. Le dava l’idea di una folle che non riusciva a conciliare gli eventi con il suo stato d’animo. Piangeva e si tirava la gonna dandosi anche dei colpi sulle gambe.

Patrizio parlava con uno degli agenti e dal suo sguardo sembrava ignaro degli eventi.

-Lui va e viene sempre, ecco, c’è mia cugina, lei può confermare. –

I due si erano diretti verso Andrea e il poliziotto l’aveva guardata nell'attesa di una risposta.

-Che volete da noi? Lasciateci in pace. – si era intromessa Letizia gridando come nessuno l’aveva mai vista.

Uno dei tre agenti, l’aveva presa per un braccio e facendola sedere, aveva pregato Patrizio di prendergli un bicchiere d’acqua. Il ragazzo aveva fatto di corsa e invece di fargliela bere, l’acqua gliela aveva versata in faccia.

Lei non si era smossa di un centimetro e non aveva nemmeno fatto caso al gesto del figlio.

-Ma sei impazzito? – aveva invece urlato Andrea.

Patrizio si era sentito inopportuno e come al solito gli avevano dato contro.

-Se la sente ora di parlare? – aveva poi chiesto l’ispettore vedendo la signora accomodata sul divano.

-Ho altra scelta? – aveva risposto lei stanca dal dolore che l’aveva ridotta una larva.

Andrea era ancora sotto l’effetto dell’alcool e tutte le parole le sembravano ampliate all’ennesima potenza. Manteneva uno sguardo riflessivo, i suoi occhi dicevano di lei un'intensa curiosità, di cosa parlava tutta quella bella gente?

-Tutto è cominciato dopo il mio matrimonio con Alfonso, Gregorio me lo aveva detto che era una follia, ma io non potevo accettare di vedere loro felici….dopo quello che c’era stato tra noi. – si era bloccata per riordinare le idee, aveva dei frammenti in testa, ma non sapeva bene collocarli.

Andrea si torceva dondolandosi avanti e indietro, soffocava un pianto straziante e in quel momento somigliava a sua zia.

Letizia si era sistemata la gonna che a furia di strattoni aveva stropicciato fino a farla arrivare al linguine e aveva ricominciato a parlare.

Dopo la nascita di David, Gregorio si era avvicinato a lei in modo più intenso, l’aveva trascurata molto dopo il suo matrimonio, ma qualcosa da lì in poi, era cambiato. La donna parlava di Gregorio come un altro uomo, lo descriveva all’inizio un donnaiolo spudorato e ricco di risorse.

-Prima di avermi, mi ha tampinato in modo esasperante. – aveva detto con gli occhi pieni d’amore.

-La puttanella fa finta d'essere innocente, lo hai ucciso tu vero? Lui amava mia madre e non te ne sei fatta una ragione. – era intervenuta Andrea capendo subito tutto.

L’agente l’aveva strattonata più in là per dar modo alla donna di continuare.

La villa, grande almeno duecento metri quadrati, era tutta sotto sopra, mancava ormai quell’atmosfera di lusso che aveva sempre mostrato, tutte le stanze non rappresentavano più nulla per la ragazza che ci aveva vissuto per tanto tempo.

Letizia aveva subito bloccato l’agente e aveva dato ragione ad Andrea, lei doveva solo ascoltare per capire com’erano andate le cose.

-Quando ero incinta di David, Gregorio mi ha messa sotto tortura, era convinto che il figlio era suo e non ha voluto sentire ragioni. –

Quel periodo lui si era dedicato molto alla famiglia di lei e aveva convinto la cognata a lasciare il marito, quel bimbo, però, non era suo. Per un po’ avevano evitato di vedersi ed era stato proprio Gregorio a riavvicinarsi.

-Ho provato a starti lontana, ma mi sono reso conto che mi manchi come l’aria che respiro, quello che mi dai tu non lo trovo da nessun altra donna. –

La cosa che la stupiva di più a Letizia all’inizio, era che lui non nominasse mai la sua consorte. Marianna era una donna incantevole, premurosa e dedita alla famiglia, allora perché non l’amava?

-Io soffrivo anche per lei e immaginavo che ciò che le faceva, l’avrebbe fatto anche a me. – parlava come se ormai fosse tutto parte del passato, quegli eventi non la riguardavano più.

Da lì, la loro storia si era evoluta e le situazioni si erano succedute inaspettatamente.

Patrizio stava lì, ignaro di tutto e guardava sua madre con volto sbalordito, come aveva fatto a non accorgersi di niente?

-Lui mi voleva e mi tormentava contro la mia volontà, mi diceva che ero una pazza a rinunciare a tutto questo e io non volevo. – si era fermata un attimo per prendere respiro e subito dopo aveva ripreso parlando del suo gran senso di famiglia che aveva.

-Volevo solo crearmi una famiglia e la nascita di David me lo permetteva, ma c’era sempre lui, dietro ogni mia discussione, ogni mia iniziativa, ogni mio pensiero. –

Il ragazzo più giovane a quel punto si era alzato dalla poltrona e si era avviato verso la finestra per rendersi conto che ore si erano fatte. Fuori era buio e il viale alberato si vedeva appena, nessuno aveva acceso i lampioni che lo costeggiavano. Andrea stava ancora lì, rannicchiata vicino alla zia, con un tacco sgangherato buttato sul divano e l’altro appena incalzato nel piede destro.

-Mi sono opposta con tutta me stessa, per i miei figli, ma non ce l’ho fatta. Quando è nato Patrizio, io ero ormai succube di quest’uomo che diceva di amarmi più della sua vita e che pretendeva con tutto se stesso di essere ricambiato. –

Era stata come una violenza psicologica, ma Gregorio, non si spiegava come, era riuscito nel suo intento e aveva ottenuto l’amore totale della cognata.

-David è mio fratello? – aveva chiesto di nuovo Andrea sentendosi del tutto confusa e ricordandosi l’amore profondo che aveva provato per il cugino. Era stata una fortuna che aveva bevuto prima di recarsi in quella casa dei misteri, il suo sentirsi intontita l’allontanava un po’ dalla realtà e le faceva vedere tutto in un’altra ottica. Chi avrebbe sopportato una verità così atroce?

-Mi sono dedicata sempre hai miei figli, ma sapevo in cuor mio che dentro di me si celava un’altra vita, quella che Gregorio e io desideravamo avere insieme, per sempre. –

Le sue uscite giudicate spudorate da tutti, il suo modo eccentrico di mostrarsi, erano dedicate a quell’uomo, che in quegli anni l’aveva sempre voluta vedere bella e provocante. Anche dopo la sua morte, lei aveva continuato ad eccedere per tenere viva la memoria, quando usciva profumata e truccata di tutto punto, si recava in quei posti che Gregorio l’aveva portata, quando l’andava a trovare in Irlanda.

Andrea si era stancata ad un certo punto di sentire quella bella storia d’amore che la faceva vomitare, la polizia era lì per scoprire la verità, non per ascoltare una favola d’altri tempi.

Letizia si era coperta gli occhi con le dita per riposarsi un attimo, dovevano aver pazienza e si dispiaceva di dare quei colpi duri a sua nipote.

-Oh Dio, com’era premuroso quella volta lì, l’unica che io ricordo, come lo ammiravo per quel gesto, era fantastico mio padre, era fantastico. – Andrea aveva ripreso a parlare lei per collegarsi agli eventi che le erano sfuggiti seriamente di mano.

-A cosa si riferisce signorina. – chiedeva l’ispettore.

-Una volta hanno chiamato dall’Irlanda, era di notte se non sbaglio e mio padre è corso subito salutando me e mia madre con un affetto che ricordo ancora adesso, quella volta l’abbiamo rivisto dopo un mese, l’avevi chiamato tu vero? – aveva domandato rivolgendosi alla zia.

-E’ da lì che è iniziata la tragedia, non sai cosa ho passato, non lo potrai mai capire quanta sofferenza ho subito per quell’amore. –

In quel periodo Alfonso si era accorto di qualcosa, il sospetto si era insinuato nella sua mente, ma non aveva mai avuto il coraggio di esporsi per un capriccio. David, invece, che era furioso e istintivo, sentendosi mancare l’affetto di sua madre, aveva indagato. Quel periodo era fidanzato e innamoratissimo della signorina Della Noce e il fatto che Letizia passasse troppo tempo con lui, gli aveva fatto perdere la testa. Lui origliava in continuazione i loro dialoghi, ma la sua ingenuità l’aveva portato fuori strada.

-Credeva avessi una relazione con quell’uomo e più ci vedeva insieme, più faceva congetture. –

Si era imbizzarrito come i suoi cavalli e il pensiero di una madre traditrice lo faceva uscire di cervello. Il signor Della Noce sapeva tutto della storia tra Letizia e Gregorio e per non equivocare la situazione, aveva chiesto alla sua amica di non farsi vedere più in casa sua, altrimenti David avrebbe potuto confondersi.

Il ragazzo che aveva perso completamente il lume della ragione, aveva cominciato ad ossessionare quell’uomo, minacciandolo seriamente di fronte a tutti.

-Perché glielo hai fatto credere? Per farlo uscire seriamente matto? – si era sentita Andrea di difendere il cugino che non era presente.

-Io non gliel’ho fatto credere, è stato lui che ha pensato male e se avesse orecchiato meglio, si sarebbe accorto che parlavo di tuo padre e di nessun altro. – si era sentita di giustificarsi tornando per un solo attimo la donna decisa di sempre.

Il signor Della Noce, subendo continue minacce, si era sentito in dovere di spedire delle lettere a Gregorio per cacciare Letizia da quell’impiccio. Quella notte, quando avevano bussato a casa di Gregorio per recapitargli il biglietto, lui si era precipitato senza dare spiegazioni e il fatto che Alfonso avesse telefonato per riferire della sua febbre, era stato solo una copertura.

-Alfonso non immaginava nemmeno, era convinto che mi divertissi con Della Noce e vedere lì Gregorio, suo fratello, per lui era stata solo una consolazione. –

Andrea aveva fatto una risata ironica e persuasiva, si sentiva preda di un complotto riuscito troppo bene, come avevano potuto nascondere delle realtà così profonde e importanti per tutti? Le era venuto inevitabilmente in mente il dialogo che aveva avuto con David riguardo quelle lettere, con quanto ardore aveva elogiato suo padre, un uomo senza macchia.

“Mio padre ha cercato di aiutarvi risolvendo la situazione tra tua madre e il signor Della Noce, lui non ci ha mai fatto capire nulla per non umiliarvi e con i suoi affari ha risanato i tuoi problemi finanziari e quelli della donnaccia.”

Queste erano state le testuali parole e ora in cuor suo, sentiva una specie di rimorso, “donnaccia” era stato un termine un po’ pesante rispetto a quello che aveva fatto Gregorio. Voleva chiedere scusa in quel momento, ma il raggiro che aveva subito era più grande d'ogni sua volontà.

“Quell’uomo che voi non avete pianto, è mio padre e io sono sangue del suo sangue”aveva anche detto a suo cugino.

Piangevano tutti in quel momento ed era come un ripercorrere una vita mai vissuta, tutto sembrava surreale, anche quella casa che l’aveva ospitata per tanto tempo.

-Come avete potuto mentirmi così, ogni uno di voi sapeva e nessuno si è preoccupato dei miei sentimenti, delle mie paure, che stavano lì, pronte ad esplodere. Ora siete salvi, però lui è morto e il giudizio non arriverà mai. Non avete più pene da scontare, siete salvi e assolti dai vostri peccati. –

Patrizio l’ascoltava smarrito e sembrava quasi il bambino che aveva conosciuto tanti anni addietro. Letizia continuava a strattonarsi sulle ginocchia ormai consumate e la sua pelle aveva preso un colore quasi rossastro.

-Come hai potuto ospitarmi in questa casa, sazia dell’amore di un uomo che credevo un padre amorevole e dedito alla famiglia, ridevi di me? Del mio pianto ostentato e timoroso di essere scoperto? – aveva ripreso a raffica, singhiozzando a gran voce.

-No, non è così piccola mia, io ti amavo come una figlia, ma non potevo più andare avanti, non potevo più. – il suo fiato si era come interrotto da un’emozione fortissima, non era semplice andare avanti, la vita era stata troppo crudele per lei e questo nessuno lo vedeva.

-Oh quante volte avrei voluto abbracciarti, tu che eri la copia perfetta di tuo padre, buona, generosa e piena d’amore. – si era alzata verso la nipote e nella disperazione di quel gesto tanto sofferto, le aveva dato per la prima volta una carezza, l’unica sincera da quando l’aveva presa in affido.

-Non parlare così di lui, vigliacco, vigliacco, perché mi hai fatto questo, vigliacco. – parlava e piangeva nello stesso tempo dandosi anche lei dei colpi sulla faccia.

Quando era arrivata Andrea in Irlanda, Letizia aveva dovuto affrontare la tragedia più grande, in quella situazione aveva messo alla prova il suo intelletto e la forza di volontà che le rimaneva. Da quel momento in casa sua le carte in tavola erano state tutte scoperte, David si era accorto dell’equivoco, quando era arrivato lo smeraldo dall’Italia, una mattina, mentre Letizia era fuori, lui aveva preso la consegna che risultava anonima e aprendo la confezione si era meravigliato di trovare quel bel gioiello. Era stato come un segno del destino per i due cugini, entrambi erano stati illuminati dalla stessa cosa, un prezioso che parlava senza essere animato.

Al ritorno della madre, i due avevano discusso di santa ragione e comunicando a lei la sua separazione da Angelica, l’aveva pregata d'essere sincera. Letizia in quel momento si era chiusa in un mutismo esagerato e si era rifiutata di dare spiegazioni a quel moccioso che l’esasperava fino alla follia.

-Lo uccido, lo uccido. – le gridava per spronarla a parlare, ma le sue parole erano state intenzionali.

Quando Gregorio era stato in Irlanda da solo, aveva dovuto assistere anche lui ad una scenata violenta verso il Signor Della Noce, David aveva fatto irruzione nella villa e senza tener più conto dell’amore viscerale che provava per la figlia, aveva tentato di strangolare l’uomo.

La situazione era diventata aberrante, la voce querula di Letizia voleva sgominare ogni sospetto, ma neanche l’arrivo di Gregorio aveva chiarito l’equivoco.

-La pagherai, la pagherai. – urlava David senza più nessun ritegno.

L’uomo aveva pensato che Letizia esagerasse descrivendo una situazione del tutto sconvolgente, invece, alla vista della lite che era avvenuta in casa del signor Della Noce, si era dovuto ricredere. La forte emozione gli aveva scatenato poi, una febbre da cavallo, per giorni e giorni non aveva saputo come alzarsi dal letto e Gregorio quella volta era tornato a casa dopo un mese.

-Oh quello smeraldo. – aveva detto Andrea sospirando.

-Era una giornata bellissima, quando siamo andati a comprarlo, lui mi teneva per mano e io gli parlavo di tutte le cose belle che avevo nel cuore. – si era emozionata a quel ricordo troppo intenso e ormai sfumato dalla verità.

-Siamo entrati in quella gioielleria e lui ha chiesto al commesso di fargli vedere la roba più bella che aveva. –

Guardava fissa un punto per visualizzare meglio quella scena, era come se fosse tornata per magia indietro, non c’era immagine o parola che non ricordava.

-Io guardavo le vetrine e nella mia mente giocavo a fare la commessa, proprio come l’uomo che serviva mio padre. – lì, si era davvero commossa, ma non lo voleva dare a vedere.

-Quando mi ha chiesto se mi piaceva il gioiello che teneva in mano, io sono rimasta folgorata, era lucente come i suoi occhi e l’intensità del colore verde, mi aveva lasciato senza parole. –

Letizia si era commossa pensando al gesto che era rivolto a lei, lo immaginava in quel negozio tutto eccitato dal regalo che le stava per fare.

-E’ perfetto per lei, gli ho detto, ma non pensavo…. – e si era fermata per non dare adito ad altri assurdi pettegolezzi.

-Oh, povero David, che cosa avrà provato vedendo quel gioiello recapitato a casa sua? – le era poi venuto di dire.

-Non giustificarlo sai? – era invece esplosa la zia in un momento, quando i ricordi erano stati belli da rivivere.

-Non credere di sapere tutto, nessuno può ritrarsi dalle proprie responsabilità, io ho ammesso il peggio di me, ma l’amore non mi deve far perdere il senso dell’obbiettività. – le aveva detto alla nipote tra i denti per non far sentire agli altri.

Andrea si era sentita disorientata e si era alzata per andare in bagno a darsi una rinfrescata. La donna l’aveva seguita furtivamente e passando per caso dal bagno di servizio, aveva incontrato lo sguardo della nipote. Si erano appartate destreggiandosi tra pareti divisorie e occhiate indiscrete e curiose.

-Dov’è David? Ho bisogno di parlare con lui. –

-Non tornerà più, stavolta è partito per sempre. –

-Dimmi dov’è, la sua sincerità mi manca, parlare con lui era come parlare con me stessa, solo lui mi capiva. –

Letizia si era morsa il labbro e l’aveva pregata di abbassare la voce. Andrea si lavava il viso e aspettava una risposta entro i limiti consentiti, voleva sapere dov’era suo cugino e voleva tutti i particolari sulla storia del signor Della Noce.

-Tu lo amavi, lo so. – aveva ripreso Letizia ormai rassegnata a quella verità che era uscita del tutto fuori.

La ragazza era diventata rossa e le era parso di vedere sua zia con una vecchia luce che l’aveva repressa per tanto tempo. Solo i suoi abiti non la facevano apparire più imponente e il viso privo di colore, la rendeva vecchia e disgraziata.

-E’ peccato? – l’aveva detto in modo ironico riferendosi alle sue vicende sentimentali con il padre.

-Tra tanti ragazzi, proprio lui. – aveva sospirato Letizia e per la prima volta si erano trovate nella stessa barca.

La donna aveva esitato un attimo prima di parlare ancora, poi, guardandola fissa negli occhi le aveva detto: -Si può forse reprimere i sentimenti che si provano contro la nostra volontà? – Aveva colto nel segno.

Più parlavano e più il dolore si attutiva, era come se le loro coscienze si fossero scaricate dal senso di colpa, si erano quasi abituate alla situazione che si era creata e le parole che fin’ora erano sembrate strane e inaccettabili, ora, potevano pronunciarle tranquillamente.

-Hai fatto finta di niente? Tu vedevi tutto e non parlavi, mi hai lasciata li, nell’assurdità dei miei errori troppo profondi. –

-Amavi, non odiavi. – le aveva spiegato con rassegnazione la zia.

-Ma odiavo te, con tutta me stessa. – si era liberata del groppo che aveva in gola da tanto tempo.

Quelle due donne, senza rendersene conto, erano uguali nello spirito e negli eventi che l’avevano segnate, avevano amato in silenzio e senza un futuro reale.

-Dimmi dov’è, per carità di Dio. – l’aveva implorata ancora con una voce rauca e piena di dolore.

Letizia l’aveva bloccata, quando Andrea stava per tornare nella sala con gli altri e con un gesto consolatore, l’aveva abbracciata con tutte le sue forze, fino a non farla respirare.

-La verità ci ha resi infelici tutti. – le aveva sussurrato in un orecchio e chiudendo ancora gli occhi per trattenere il pianto, l’aveva trascinata nella sala, stavolta per ascoltare quanto aveva da dire.

-L’hai fatto soffrire troppo, per questo lui se n’è andato. – invece l’aveva fermata ancora Andrea.

Letizia aveva sorriso guardandola fissa negli occhi, i suoi capelli erano sconvolti e le pupille apparivano piccole piccole dal pianto ininterrotto che aveva fatto.

-Era matto, per questo lo amavi, ma era matto davvero, per colpa mia. – si era iniziata a confessare come dal prete.

-Partiva, tornava, ripartiva, per non starti vicina, una madre come te, non posso immaginarmela, povero ragazzo. – era stata crudele nell’esprimersi, non aveva avuto peli sulla lingua, ma ormai.

Letizia invece di arrabbiarsi per la sua franchezza, si era di nuovo avvicinata a lei per abbracciarla, ma stavolta non erano solo le braccia che l’afferravano, lei si era sporta con tutta se stessa, con il cuore e l’anima, era un abbraccio superiore a quello di una madre.

-E’ stato lui, è stato lui. – si era levata il tormento dal cuore, avrebbe potuto evitarlo, ma la polizia era lì per indagare e mancavano pochi tasselli.

Andrea era rimasta ferma nel silenzio più assoluto, lei la tratteneva ancora nell’abbraccio perché doveva finire di parlare, non le aveva dato neanche la possibilità di aprir bocca.

-Ora io andrò lì, parlerò e tu acconsentirai, perché l’hai detto tu, l’amore che provi per lui è più forte d'ogni cosa, più forte dell’odio che senti per tuo padre, che ti ha mentito senza nessuno scrupolo, hai capito? Fai solo un cenno se hai capito. –

Andrea aveva mosso la testa e aveva preso la mano della donna nella sua, fino a torcerla. Erano rimaste ferme per un attimo intenso, quante cose si erano dette senza parlare, quando poi Letizia aveva allentato la presa, Andrea aveva fatto cadere le braccia verso sotto, senza nessuna reazione. La zia si era mossa a differenza sua, mostrando una forza che neanche un leone poteva far trasparire e agendo discretamente, si era avviata nella sala.

La ragazza si era posta in un angolo e con gli occhi ancora sbarrati, aveva udito ciò che lei stava per dire, con rassegnazione.

-Bè, finiamola questa farsa, mettetemi le manette, no? – da un momento all’altro era tornata la donnaccia di sempre, si atteggiava come una puttanella che non ha paura di nulla, neanche del carcere.

Andrea l’aveva scrutata da quel posticino nascosto e quando aveva finalmente incontrato gli occhi di lei aveva capito.

Quella donna, abbietta agli occhi di tutti, le aveva dato la lezione più importante della sua vita, donava se stessa per i suoi figli e per l’amor proprio che l’aveva caratterizzata negli anni migliori.

Ora si, seduta su quella seggiola dondolante di casa sua, tutto appariva come doveva essere, la coperta che le aveva riscaldato le gambe, le era caduta e finalmente, era riuscita ad alzarsi.

-Alfredo, Alfredo. – aveva gridato per farsi sentire.

Lui era corso e vedendola in piedi le aveva chiesto: -Faccio preparare la cena? –

Il panorama era bellissimo di sera e la luna che si specchiava sul lago, le aveva donato la serenità giusta.

-A patto che mangi con me. – e così dicendo era entrata nella sua casa piena di tanti ricordi belli.